Il “Nabucco” è l’ultima opera del 2014 al Teatro Sociale (PRESENTAZIONE)

3 dicembre 2014 | 10:32
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Il “Nabucco” è l’ultima opera del 2014 al Teatro Sociale (PRESENTAZIONE)

Si chiude l’anno all’insegna di Giuseppe Verdi al Teatro Sociale di Como dove fino al 5 dicembre è allestita la mostra PrimeDonne. Le eroine di Verdi: amanti, vittime e traviate, realizzata dall’Accademia Teatro alla Scala e promossa da Fondazione Bracco che è giunta a Como grazie a Comoexport e Italian Texstyle.

Oggi e venerdì 5, sempre alle 20.30, le due rappresentazioni del “Nabucco”. dramma Lirico in quattro parti musicato da Verdi su libretto di Temistocle Solera, dal dramma Nabuchodonosor di Auguste Anicet-Bourgeois e Francis Cornue e dal ballo Nabuccodonosor di Antonio Cortesi. La prima rappresentazione fu a  Milano, Teatro alla Scala, il 9 marzo 1842. A Como arrivò l’anno successivo, in seguito fu rappresentata altre quattro volte, l’ultima nel 2005.

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La direzione del Nabucco presentato in cartellone al Teatro Sociale è di Marcello Mottadelli per la regia è di Andrea Cigni. Le scene sono di Emanuele Sinisi e i costumi di Simona Morresi. Sul palco il baritono Paolo Gavanelli è Nabucodonosor, il tenore Gabriele Mangione è Ismaele e il soprano Tiziana Caruso interpreta Abigaille, inoltre Enrico Iori nei panni di Zaccaria e Raffaella Lupinacci in quelli di Fenena. Ad accompagnare i cantanti saranno l’ Orchestra I Pomeriggi Musicali e il Coro del Circuito Lirico Lombardo.

Nabucco è per storia e genesi l’opera più risorgimentale del Maestro Verdi, profondamente legata ad un importante periodo storico del nostro paese, ed ad un difficile momento della vita del Maestro, che prima di scrivere Nabucco perse la moglie Margherita Barezzi ed i figli Virginia ed Icilio. Il direttore Mottadelli invita il pubblico a guardare quest’opera da un’altra angolazione. “Ad ascoltare il respiro di silenzio che precede il Va pensiero… a sentire questo coro come un lungo respiro dalla prima all’ultima nota, a scorgerne i diversi respiri interni fatti di speranza, di pace e di sofferenza…Il flauto solo nell’introduzione ne è una forte testimonianza e lo ritroviamo anche nell’ultima aria di Abigaille insieme al violoncello solo e corno inglese, sul testo Ah tu dicesti o popolo: solleva Iddio l’afflitto…Infine, un respiro è ciò che apre e chiude il sipario della nostra vita…”

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Il regista Andrea Cigni presenta così l’ opera di Verdi

C’è un aspetto in Nabucco che mi ha colpito più della sua tradizionale caratteristica di opera di ‘apparato’ e per certi aspetti ‘monumentale’. È il senso drammatico, teatrale ed intimo che in realtà questa storia conserva. Questo percorso sicuramente più affascinante passa attraverso i protagonisti della vicenda e sicuramente in modo molto forte nel legame che esiste tra Abigaille e Nabucco e tra Abigaille e l’Amore. E la psicologia di questi personaggi è un aspetto che nel mio lavoro vorrei sottolineare e portare all’attenzione dello spettatore. Il conflitto non è semplicemente religioso, non è culturale, non è tra i popoli. Il conflitto è ben più profondo, non è esterno, è ‘dentro’. Tra un dovere, un dover essere e un voler essere. Come se la storia fungesse da pretesto per ‘attaccare’ delle etichette, attraverso i personaggi, ad alcune ‘persone’ e che queste persone fossero nascoste ‘dentro’ ai ruoli imposti. Il re, la regina, il guerriero, il sacerdote… Il padre, la figlia illegittima, l’amante, il saggio… Preferisco vedere così i personaggi di quest’opera, come persone. Per il messaggio teatrale che ci offrono e che portano e non per l’apparato che si pensa possano rappresentare. E allora come nelle stanze della memoria, come in un agone drammatico, si muovono questi personaggi dentro a quattro pareti. Pareti che ci narrano di una cultura oppressa e prevaricata e messa in pericolo, ma che servono, annullandosi, al luogo teatrale necessario alla narrazione del dramma, dei drammi. Innanzitutto non c’è mai la garanzia che lo spazio, pur essendo fisso, sia sempre quello, ma che riveli, nasconda, si modifichi, nel corso della musica e delle azioni; che dentro a questo spazio la luce racconti le sensazioni dei personaggi e descriva i luoghi evocandone il valore e non descrivendone in modo didascalico la presenza. C’è una inquietudine in Nabucco, che si traduce sicuramente nella pagina più famosa del suo coro nel terzo atto e questa inquietudine deve essere narrata e deve essere mostrata. Pochi simbolici elementi caratterizzano e suggeriscono gli ambienti. Sono elementi funzionali, cioè che funzionano e che fungono al racconto teatrale, oggetti che acquistano un valore e che vedono negato questo valore all’interno della vicenda stessa. Il cavallo superstite di Nabucco (cimelio di chissà quale cultura devastata) diventa il dio da venerare grazie ad alcuni elementi che lo trasformano. Elementi che verranno distrutti al finale dell’opera. Il trono blu, che è la città di Babilonia, sulla quale Abigaille vuole imporre il proprio potere per vendicarsi di un amore non corrisposto e del senso di vuoto. Il vuoto che si fa oggetto significante per dirci che spesso è la solitudine di questi personaggi che Verdi voleva rappresentare. Specie dei due protagonisti principali, accomunati da una follia neanche troppo celata. Non m’interessa in questo lavoro riproporre forme e referenti filologici documentari, piuttosto mi interessa raccontare le storie che si intrecciano in quest’opera, seguendo uno sviluppo multipolare; e nel raccontare ho bisogno di far sì che anche lo spettatore venga chiamato in causa, attraverso un esercizio di conferimento di senso ad un lavoro di evocazione, suggestione e interpretazione

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All’interno del tempio di Salomone, Ebrei e Leviti invitano le vergini ebree a pregare per la salvezza di Israele, poiché Nabucco, re d’Assiria, ha attaccato gli Ebrei. Il pontefice Zaccaria annuncia che Dio ha tratto in suo potere Fenena, figlia di Nabucco, che forse potrà far ritornare la pace; invita perciò gli Ebrei a confidare nel loro Dio. Improvvisamente si sentono grida: Ismaele, nipote di Sedecia re di Gerusalemme, annuncia che Nabucco si sta avvicinando furibondo. Zaccaria gli affida Fenena, predicendo rovina al Dio di Belo. Solo con Fenena e di lei innamorato, Ismaele ricorda quando, nelle vesti di ambasciatore di Giuda, andò in Babilonia e, imprigionato, fu salvato da Fenena dalla prigione e dall’amore furente Abigaille, sorella di Fenena. A Fenena, che gli rammenta la sua attuale condizione di schiava, Ismaele giura di liberarla ed aiutarla nella fuga. Ma sopraggiunge Abigaille, schiava creduta figlia primogenita di Nabucco, con al seguito alcuni guerrieri babilonesi travestiti da Ebrei. Sorpresi i due amanti, ella accusa Ismaele di tradire la patria per una donna babilonese e grida vendetta, confessando di averlo amato. Sentendosi schernita, ha mutato il suo amore in odio, ma ora si dichiara pronta a salvarlo se cambierà partito. Gli Ebrei sono in preghiera nel tempio, quando giunge la notizia che Nabucco avanza a cavallo. Abigaille si avvicina, inneggiando a Nabucco, dopo aver aperto il passo ai guerrieri babilonesi, che ora irrompono nel tempio. Nabucco viene affrontato da Zaccaria, che minaccia di uccidere Fenena, se Nabucco osasse profanare il tempio. Mentre Zaccaria sta per vibrare il colpo su Fenena, Ismaele ferma il pugnale; la fanciulla si getta nelle braccia di Nabucco, che annuncia tremenda vendetta.

Atto II  L’empio

Abigaille ha nelle mani un documento che attesta la sua nascita servile, sottratto a Nabucco, che per questo motivo ha destinato il trono alla figlia minore, Fenena. La condizione di schiavitù rende furente Abigaille contro tutti, al punto da minacciare di morte Fenena, Nabucco e il regno. Il gran sacerdote di Belo avverte Abigaille che Fenena sta liberando gli Ebrei, per cui il popolo assiro acclama regina Abigaille.

Nella reggia, Ismaele incontra i Leviti che lo maledicono e gli intimano di fuggire perché ha tradito il suo popolo. Sopraggiunge Anna, che prova pietà per Ismaele, perché ha salvato un’ebrea, Fenena, ora convertita al Dio di Israele. Abdallo annuncia la morte di Nabucco e l’acclamazione di Abigaille regina. Abigaille intima a Fenena di renderle la corona, ma entra Nabucco e le strappa la corona dalle mani. Nabucco, dopo aver ripudiato il Dio di Babilonia, che ha reso i babilonesi traditori, e quello degli Ebrei, che li ha posti in suo potere, dichiara se stesso dio. A questa affermazione scoppia un fulmine: sul volto di Nabucco compaiono le tracce della follia. Nabucco sconvolto cade, invocando l’aiuto di Fenena, mentre Abigaille raccoglie la corona.

Atto III  La profezia

La scena si apre negli orti pensili di Babilonia. Abigaille è sul trono; il sacerdote di Belo invoca la morte per tutti gli Ebrei e per Fenena per prima. Abigaille ordina di rinchiudere Nabucco, che entra in scena con vesti lacere e barba incolta, nelle sue stanze, perché ha perso il senno. Ma Nabucco rivendica il suo trono e affronta Abigaille, che sostiene di aver occupato il trono per il bene di Belo ed invoca quindi lo sterminio degli Ebrei. Nabucco è perplesso, ma accusato di essere un vile firma l’ordine, rendendosi conto solo dopo che ha condannato così anche Fenena. Abigaille gli impedisce di ritirare l’ordine; furibondo, Nabucco la appella schiava e cerca il foglio che attesta la sua nascita servile, ma è Abigaille a trarlo dal seno e a farlo in pezzi, facendo condurre Nabucco in prigione. Intanto, sulle sponde dell’Eufrate, gli Ebrei incatenati e costretti al lavoro pensano con nostalgia alla loro patria; arriva Zaccaria, che profetizza la futura liberazione del suo popolo.

Atto IV  L’idolo infranto

Negli appartamenti della reggia, Nabucco si risveglia ansante al suono di guerra, convinto che Belo sia caduta in mano agli Ebrei: si affaccia alla finestra e vede Fenena tratta a morte in catene. Cerca di uscire, ma si rende conto di essere rinchiuso e, disperato, chiede perdono al Dio degli Ebrei. Sentendosi ormai guarito e rinvigorito, prende la spada di Abdallo e corre a salvare Fenena. Intanto negli orti pensili il sacerdote di Belo attende Fenena preparata al martirio. Irrompe Nabucco, con Abdallo e i guerrieri; cade l’idolo, e Nabucco narra di come il Dio di Giuda lo rese demente, facendo anche impazzire Abigaille che nel frattempo ha bevuto il veleno. Tutti si inginocchiano e rendono grazie a Dio. Abigaille, in fin di vita, entra sorretta da due guerrieri, chiedendo perdono a Fenena e benedicendo il suo amore con Ismaele. Muore implorando la pietà di Dio, mentre Zaccaria saluta Nabucco re dei re.

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