Lunedì del Cinema: Alejandro Jodorowsky “La danza della realtà”

28 settembre 2015 | 10:54
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Lunedì del Cinema: Alejandro Jodorowsky “La danza della realtà”

Terzo appuntamento de I Lunedì del Cinema allo Spazio Gloria di via Varesina. Questa sera alle 21 lo sconvolgente film di Alejandro Jodorowsky “LA DANZA DELLA REALTÀ”, una co-produzione Cile, Francia del 2013. Tratto dal libro autobiografico con lo stesso titolo, il film è il racconto una vita sorprendente, quella dello stesso Jodorowsky, Figlio di emigranti ebrei ucraini esiliati in Cile, Jodorowsky reimmagina la propria infanzia a Tocopilla dove il film è stato girato,conservando la verità dei personaggi ma trasponendo gli eventi in un universo poetico. “Essendomi separato dal mio io illusorio, ho cercato disperatamente un sentiero e un senso per la vita”. Questa frase definisce perfettamente il progetto biografico di Alejandro Jodorowsky. Lo scrittore e regista de “La montagna sacra”  e “Santa sangre” parla così di questo film, di cui è anche interprete, arrivato 23 anni dopo la sua ultima regia  “Per me è come una bomba atomica mentale. Ho scritto libri e inventato una terapia che si chiama “psicomagia”, che consiste nel guarire con degli atti dei problemi psicologici dell’infanzia legati alla famiglia. “La danza della realtà” non è solamente un film, ma anche una forma di guarigione familiare, poiché tre dei miei figli ci recitano dentro. Torno alla sorgente della mia infanzia, nel luogo stesso dove sono cresciuto, per reinventarmi”.

lunedi cinema la danza della realtaC’è veramente tanto di tutto in questo racconto: ci sono l’Odissea di Omero, l’Amarcord di Fellini, il Vangelo (la parabola di Jaime lo vedrà prima storpio poi falegname poi martire), ci sono estratti dai libri dell’autore stesso e c’è la psicomagia da lui teorizzata (anche se qui mai nominata), affidata alla figura della madre, che guarisce il marito dalla peste e dall’infermità e il figlio dalla paura dell’oscurità. Il racconto è lungo, dunque, ma straordinariamente coerente nella resa visiva, nonostante le continue invenzioni sceniche e l’avvicendarsi di costumi fantasiosi e situazioni spettacolari (come la mostra canina o la morìa di pesci sulla battigia).
Il ritorno del regista dopo ventitrè anni di lontananza dal cinema avviene dunque nel nome del suo spirito migliore e più apprezzato, quello surrealista o, in questo caso, soprattutto simbolista, e ha tutta l’aria di un gesto psicomagico esso stesso, dall’impatto emotivo comprovato. Si ride e ci si commuove, in un film in cui la madre crede che suo figlio sia una reincarnazione di suo padre e intanto Jodorowsky stesso adopera il talento istrionico di suo figlio Brontis per fargli interpretare suo padre, a dimostrazione di una complementarietà senza contraddizioni tra esperienza artistica e esperienza di vita (come del resto ribadisce la presenza in scena del regista demiurgo, presenza comunque discreta).
Non mancano, evidentemente, le esagerazioni e gli eccessi, specie nel capitolo cristologico, o nell’evocazione del circo ma fanno parte del pacchetto e sono onorevolmente bilanciati dalla presenza di sequenze di rara bellezza (il bambino nero di lucido da scarpe) e intensità narrativa (il piccolo lucidascarpe che annega a causa della suola nuova e liscia). Jodoroswky si conferma dunque un regista che crede ancora, potentemente, nell’immagine e nella costruzione dell’inquadratura, senza però rinunciare ad una narrazione altrettanto ricca ed evocativa.