Festival Como Città della Musica: tutto il mondo nel ritmo di Trilok Gurtu

Il Festival Como Città della Musica si avvia alla conclusione confidando nel meteo favorevole che ha sin’ora accompagnato le serate nell’Arena del Teatro Sociale di Como che mercoledì13 luglioalle ore 21.30 risuonerà della musica di TRILOK GURTU, percussionista di livello internazionale.
Il suo stile, profondamente radicato nella tradizione indiana combinata, con elementi jazz e rock, ne hanno fatto un maestro affermato della World Music. Le tradizioni musicali del mondo occidentale e orientale sono sempre state strettamente collegate fra di loro, attraverso l’improvvisazione di Gurtu. Sulla scena musicale post-bop jazz la sua padronanza dello strumento non è mai passata inosservata.
Trilok Gurtu è stato cinque volte vincitore del Downbeat Critics Poll come migliore percussionista, e candidato al Best Artist Asia/Pacific per i BBC World Music Awards. È nato a Bombay da una famiglia di musicisti e ha iniziato a suonare all’età di 6 anni. Gurtu lascia definitivamente l’India nel 1976 per seguire il trombettista Don Cherry in un memorabile tour europeo. Stabilita la sua residenza ad Amburgo da metà anni ’80 con sue formazioni o, più spesso, collaborando con jazzisti come John McLaughlin, Joe Zawinul, Jan Garbarek, Don Cherry, Pat Metheny, Phoroah Sanders, Dave Holland e con molti musicisti da India, Africa e altre paesi, partecipa a numerosi festival in tutto il mondo. Alle soglie dei suoi 60 anni, Gurtu ha all’attivo undici album e innumerevoli apparizioni in tutto il mondo.
In Europa, Jazz Magazine e Straight No Chaser hanno affermato che «la sua musica ha una qualità trascendentale e rimuove gli ostacoli che si trovano tra musica occidentale e orientale».
ARENA DEL TEATRO SOCIALE DI COMO
mercoledì, 13 luglio – ore 21.30
TRILOK GURTU BAND
in Spellbound – World of Trumpets
Percussioni, voce
Trilok Gurtu
Basso
Jonathan Ihlenfeld Cuniado
Pianoforte, tastiere
Tulug Tirpan
Tromba
Freferik Köster
Produzione Kino Music
in collaborazione conProvo Culture
Info
Biglietti da 15€ a 20€ + prev. presso la biglietteria del teatro oppure www.teatrosocialecomo.it

Un percussionista ai vertici del mondo, alle soglie dei 60 anni.
Le tradizioni musicali del mondo occidentale e orientale sono sempre state strettamente collegate fra di loro, attraverso l’improvvisazione del percussionista Trilok Gurtu. Sin dall’avvento della scena musicale post-bop jazz, la padronanza dello strumento di Gurtu non è mai passata inosservata. Negli States, i critici musicali della rivista Downbeat lo hanno nominato “miglior percussionista” per ben tre volte, proclamando che “il mondo è il suo palcoscenico”. In Europa, Jazz Magazine e Straight No Chaser hanno valutato una prospettiva molto simile, affermando che “la sua musica ha una qualità trascendentale e rimuove gli ostacoli che si trovano tra musica occidentale e orientale”. Questo approccio eclettico è la chiave di volta per capire le sue innumerevoli collaborazioni con alcuni dei più grandi musicisti del mondo.
Membro della band del trombettista Don Cherry’s dal ‘76 al ‘78, Gurtu ha collaborato con musicisti influenti come chitarristi di area jazz come Philip Catherine, John McLaughlin, Ralph Towner, Pat Metheny e Larry Coryell, di area rock come David Gilmore, sassofonisti come Jan Garbarek e Bill Evans, il percussionista Nana Vasconcelos, il leggendario pianista Joe Zawinul e le celebri sorelle pianiste di musica classica Katia e Marielle Labeque. Trilok Gurtu è stato inoltre una delle colonne portanti della band jazz-fusion Oregon, dall ‘84 all ‘88.
Trilok Gurtu nasce a Bombay nel ‘51 in una famiglia molto vicina alle arti musicali. Il nonno era un musicista di sitar molto rispettato e sua madre Shoba Gurtu (morta nel 2004) è stata tra le più celebri cantanti che l’India abbia mai avuto. In un ambiente così Trilok non poteva non avere una carriera musicale di tutto rispetto, e la strada verso il successo era comunque già da tempo indirizzata verso l’uso degli strumenti a percussione. Oggi, Gurtu ricorda come “la mia intera famiglia suonava strumenti armonici, praticava la danza ed il canto. Io e mio fratello Ravi eravamo gli unici percussionisti, anche se non eravamo molto sicuri di quello che stavamo facendo. Mia madre mi raccontava che, quando avevo tre o quattro anni, aveva un percussionista che era sempre in ritardo, o che non veniva del tutto. Mio padre un giorno mi dice: Trilok batti il tamburo sul tavolo per tutto il tempo. E così dovevo accompagnare mia madre, con quel modo ovviamente così infantile di suonare. Avevo già scelto il mio strumento – o lo strumento aveva scelto me. Ho imparato così molte canzoni di mia madre, con l’uso delle sole percussioni.”
Si stava già formando un talento artistico, espresso al massimo solo più avanti nel tempo.
Decide quindi di estendere il suo armamentario di tabla, congas, bongos e tamburi e forma quindi una band di sole percussioni con il fratello. Nel frattempo incontra il sound di John Coltrane e Jimi Hendrix e rimane folgorato. Nei ’70, dopo aver girato in lungo e largo Europa ed America con la cantante indiana Asha Bhosle, dopo aver suonato anche con Charlie Mariano e Embryo, si unisce alla band di Don Cherry in Svezia, incontro che ancora oggi resta per lui fondamentale, riconoscendo in Don Cherry la sua più forte ispirazione musicale. A partire dal ‘77, si unisce alla Family of Percussion con i quali registra tre dischi, l’ultimo dei quali, “Here Comes The Family” insieme ad Archie Shepp, ed inizia a lavorare con innumerevoli musicisti jazz.
Nella metà degli ’80, entra a far parte degli Oregon, pionieri dell’Etno-Jazz, seguendo le orme di Collin Walcott, che aveva avuto un incidente mortale. Nell’88 Trilok si presenta con la sua band, da leader, e pubblica il suo debutto discografico: “Usfret”. Alcuni giovani musicisti asiatici, come Talvin Singh, Asian Dub Foundation e Nitin Sawhney, celebrano ancora quel lavoro come principale influenza musicale e vedono in Trilok il principale mentore artistico.
Insieme a Ralph Towner, Don Cherry, Shankar e sua madre Shoba scardina la definizione di world music, come era intesa sino ad allora, grazie ad un intreccio armonico e ritmico molto complesso. E profondamente innovativo.
Nello stesso anno incontra la Mahavishnu Orchestra ed il suo leader, JohnMcLaughlin, diventando, per quattro anni, parte integrante del John McLaughlin Trio.
Nel ‘93, Trilok porta in tour una formazione in trio, con Joe Zawinul e Pat Metheny, per supportare l’uscita di “The Crazy Saints”, disco bellissimo con una line up già allora leggendaria: oltre i già citati musicisti, troviamo Louis Sclavis, Daniel Goyone e Shobha Gurtu. Il risultato è soprendente, una delle fusioni più riuscite tra i ritmi ed i canti indiani da una parte con elementi di modern jazz rock dall’altra. L’accoglienza del pubblico è così grande che la musica di Trilok Gurtu solista sbarca negli States per un lungo tour coast-to-coast e per più di quaranta date in Europa.
Le esibizioni live continuano di anno in anno, confermando la presenza di Trilok Gurtu nelle più importanti città europee ed americane. La sua band, The Glimpse, costituita nel ’96 e cresciuta all’interno della tradizione musicale indiana, è ormai arrivata ad una musica atemporale e cosmopolita. Globale.
Si accorge del suo talento anche il nostro Ivano Fossati, che lo coinvolge nelle registrazioni di “Lindbergh: Lettere da sopra la pioggia” (nel ’92) e successivamente in “Macramè” (nel ’96), dando il suo originalissimo contributo a due tra le più belle pagine musicali della nostra canzone d’autore.
Alla fine dei ’90 Trilok Gurtu calca i palcoscenici più prestigiosi, i festival dove si esibiscono le grandi rockstar, come Bob Dylan, Eric Clapton e REM, così come i suoi “colleghi” della world music come Youssou N’Dour, Baaba Maal, Cesaria Evora e Salif Keita.
“Kathak” ed “African Fantasy” arrivano tra il ‘98 ed il 2000, come summa artistica di tutte le esperienze live. A poco a poco la sua world music muta forma, si modella in un nuovo sound, forgia sempre più un’arte musicale all’interno della quale la percussione rimane la guida fondamentale, ma pone il fianco alla forma canzone, perdendo sempre di più il valore di musica tradizionale legata ad un particolare paese, di world music in senso classico. Per questi lavori coinvolge cantanti come Neneh Cherry, Salif Keita, Angelique Kidjo e Oumou Sangaré.
Nel 2001 arriva “The Beat Of Love”, prodotto tra New York e Londra da Wally Badarou. Anche qui impressionante è la schiera di musicisti che prendono parte alle registrazioni: John McLaughlin, Pharoah Sanders, Nitin Sawhney, Lalo Schifrin, Gilberto Gil, Bill Laswell ed Annie Lennox.
L’uscita di “Remembrance” del 2002 segna una tappa fondamentale per Trilok. Gli ospiti Shankar Mahadevan, Zakir Hussain, Ronu Majumdar e Shobha Gurtu esprimono al massimo il loro rispettivo talento. Recensioni entusiasmanti a Londra per il Times, Daily Express, Guardian, Q, Songlines e FRoots. “Remembrance” segna con il fuoco il suo marchio di fabbrica. E’ il punto di non ritorno. I numerosi concerti in tutta Europa e in particolare in Scandinavia, portano questo disco alla nomination per il BBC World Music Awards e per un Emma Award. Tra gli spettacoli più importanti di quell’anno spiccano quelli dell’Hyde Park di Londra per la Regina e a Bombay nel concerto con Youssou N’Dour e Baaba Maal per i 70 anni dei Bbc World Services.
Il 2003 vede Trilok Gurtu esibirsi in quartetto, trio e come solo-artist. Ma si spinge ancora più in là, verso l’orchestra. La sua prima collaborazione in questa nuova veste arriva nell’ottobre di quell’anno, a Colonia, con la prima mondiale di “Chalan” scritta in in esclusiva per lui da Maurizio Sotelo. Altre presenze di Trilok Gurtu degne di nota sono quelle con Dave Holland, in Sardegna, e Shankar Mahadevan alla Citè de la Musique a Parigi. Ma l’evento più spettacolare di quell’anno è di scena a Copenaghen per “The Images of Asia Festival”, dove orchestra un concerto della propria band con Samul Nori (percussionista coreano) e Huun Huur Tu (cantanti della Mongolia). Tutto questo su un palco galleggiante nel porto di Copenaghen, e al tramonto.
Il 2004 è l’anno di “Broken Rhythms”, seguito da un tour di dieci date in Norvegia e più del doppio in Francia. Come in tutti i dischi di Trilok , l’accento è sul senso del ritmo e sul drumming. Spiccano qui le collaborazioni con Huun Huur Tu, il leggendario Gary Moore e gli italiani dell’Arkè String Quartet, guidati da Carlo Cantini, che produrrà anche il nuovo album “Massical”, pubblicato nel maggio 2009 con tanti ospiti di rilievo come Jan Garbarek e Sabine Kabongo delle Zap Mama.
Durante gli ultimi anni ha avuto numerose collaborazioni di progetti live con Paolo Fresu e Omar Sosa nonché con il gruppo di Jan Garbarek e ha registrato album con diversi artisti di calibro internazionale.
Trilok Gurtu – Intensità ritmica, improvvisazione e virtuosismo ai massimi livelli, per una musica senza confini e senza etichette.