Teatro “sulla miseria del genere umano” al San Teodoro “De Revolutionibus”



Sabato 19 novembre alle ore 21.00 il Teatro Comunale San Teodoro di Cantù ospita il meraviglioso spettacolo vincitore Teatri del Sacro 2015 della compagnia siciliana Carullo- Minasi “DE REVOLUTIONIBUS”, titolo che rimanda a Niccolò Copernico, ma qui la rivoluzione non è quella solare, ma ruota “sulla miseria del genere umano” rifacendosi al Leopardi che nelle Operette Morali ricostruisce l’ordine dell’universo, ben drammatizzando intorno allo sbriciolamento dell’orgoglio umano.
I due autori, anche interpreti dello spettacolo, superano ogni aspettativa con uno lavoro di grande semplicità formale nonostante un testo arcaico, straniero al teatro, come le Operette Morali di Leopardi. In scena con il carretto di legno come due vecchi comici col Carro di Tespi, giocando con un fondale di pezza, inscenano con tecniche da cantastorie, in una partitura raffinata di gesti e parole, i personaggi di due Operette, amare e ironiche riflessioni sulla natura dell’uomo: “Il Copernico”, dove il Sole lascia l’uomo al suo misero destino cui fa da contrappunto “Galantuomo e Mondo” dove lo strafottente Mondo travolge il Galantuomo, mostrando che per essere felici conta la prepotenza e l’ipocrisia.
venerdì 19 novembre ore 21
Teatro San Teodoro – via Corbetta, 7 CANTU’
DE REVOLUTIONIBUS
SULLA MISERIA DEL GENERE UMANO
Diretto e interpretato da Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi
Disegno Luci Roberto Bonaventura
Scene e Costumi Cinzia Muscolino
Scenotecnica Pierino Botto
Asistente alla regiaVeronica Zito
Produzione Carullo-Minasi e Federget
COSTO DEL BIGLIETTO
INTERO | 15 €
RIDOTTO (under 25, over 65, Soci Coop/ Arci / Parolario/ Coop AttivaMente/ Musicisti di Como/Arte&Arte) | 13 €
RIDOTTO 50% (under 14, portatori di handicap)| 7.50 €
PRENOTAZIONI E ACQUISTO BIGLIETTI
Biglietteria: lun/giov dalle 17 alle 20; merc/ven dalle 10 alle 13)
Sito: www.teatrosanteodoro.it

Lo spettacolo è il trionfo del gioco teatrale povero, quello del saltimbanco il cui fine è sempre la “meraviglia”; ma spenti i lumini e staccata la musica, emerge l’assassinio ormai universalmente compiuto della dignità umana, teatrino per i giochi di una natura “mondana”. Giocano con i mezzi del teatro e con lo spettatore, al quale si rivolgono apertamente. Qualsivoglia pretesa illusionistica è abolita: gli attori interagiscono con il pubblico e dialogano con le musiche. Il loro teatro è infatti un artigianale teatro in azione. Un Leopardi che corrisponde alle convenzioni sociali di oggi, di quella “società” che uccide il poeta ma che corre verso il domani glorioso. La parodia dell’uomo, dunque, marionetta del grande teatrino umano sollazzo del burattinaio di turno.
Il Copernico: operetta infelice e per questo morale
Con la sua “Operetta”, nelle insolite vesti di Drammaturgo-Demiurgo, Leopardi ricostruisce l’Ordine dell’Universo, ben drammatizzando intorno allo sbriciolamento dell’orgoglio umano, ormai da ritenersi infondato dinnanzi a Sua Eccellenza Sole, stufa di girare intorno “ad un granellino di sabbia” per far luce a “quattro animaluzzi”. Il genere umano, così, scacciato dal centro dell’universo e spostato con la sua piccola sfera alla periferia del sistema solare assiste, cosciente, alla propria “Apocalisse”. A voce d’un inerme Copernico, si profetizzano e stigmatizzano le miserie d’un re spodestato: l’uomo. Operetta infelice e, per questo, morale intorno alla possibile rivoluzione del nuovo mirare dell’uomo nella profondità della propria miseria. Così dalla minuscola e misera Terra si precipita verso il baratro delle non conosciute Luminose Meraviglie, nell’infinito buio dipinto di stelle, nella profondità e nell’abisso di ciò che rimane una speranza, l’esser parte di un’ Infinita Meraviglia: il Creato.
Galantuomo e Mondo: operetta immorale e per questo felice
Con la moderna e sfrenata “civilizzazione”, cioè con il sopravvento del raziocinio sul sentimento e della tecnica sullo spirito, il Mondo è divenuto nemico d’ogni virtù. Nel dialogo leopardiano il “Mondo” spiega all’ingenuo Galantuomo, il quale ha sempre coltivato la virtù e frequentato la bottega della Natura e della Poesia, come ci si deve comportare se si vuole servirlo con successo. In tempi di progresso, lì dove il Mondo “non può far altro che camminare a ritroso”, l’ Uomo deve appigliarsi a “tutto il contrario di ciò che gli parrebbe naturale, compiendo ogni rovescio” e divenendo così “penitente di ogni virtù”. Il Mondo, travestito da Signorina Civiltà tutta vizi e capricci, definisce gli estremi d’ un freddo quadro di miseria, dove “tutti gli uomini sono come tante uova”, dove è proibito ogni segno di vera vita. In uno scherzo d’impazienza e rassegnazione, Leopardi “conscio che gli uomini non si contenteranno di tenersi per quello che sono, andando sempre raziocinando a rovescio” presenta la loro Operetta immorale e, per questo, miseramente “felice”.