Il futuro per Simone Guazzetti è una “Modern Tales”. In mostra a Brunate

Dal 10 Dicembre al 12 Gennaio 2018, presso le eleganti sale stile liberty di Villa Giuliani a Brunate, avrà luogo la mostra “Modern Tales” , prima personale di Simone Guazzetti in territorio Comasco.
Artista lariano, di Pognana Lario, Guazzetti esplora svariate forme di linguaggio: dalla fotografia al disegno alla scultura. I suoi quadri traggono ispirazione dalle favole più famose, dai miti intramontabili della classicità, dalle leggende più svariate, spesso trasportate in un futuro non ben definito.
L’intento dell’artista è quello, non sempre facile, di trasmettere emozioni, dialogando direttamente con ciò che lui ama chiamare ‘l’infanzia senza tempo’, ovvero i bambini: sia quelli che lo sono per diritto d’anagrafe, sia quelli che fortunatamente sopravvivono, talvolta ben celati e protetti, dentro ogni adulto. Il risultato sono opere dall’apparenza molto semplici, ma in realtà velate di poesia, e dolcezza, volte a sussurrare un messaggio di speranza.
Con “Modern Tales”, saranno esposti i nuovi lavori dell’artista e la produzione di Robots e sculture ispirate dai racconti e dalla science-fiction anni 40/50: giochi/non giochi dal significato a volte ironico a volte nostalgico, sempre in diretto dialogo col mondo visionario dei suoi quadri.
Domenica 10 Dicembre, dalle ore 16:00, Guazzetti accoglierà i primi visitatori ed alla presenza delle autorità locali e con il contributo musicale del Papis, Di Fonzo, Gatti Jazz Trio (Roberto Papis alla tromba, Stefano Di Fonzo alla chitarra e Stefano Gatti al contrabbasso) si terrà il rinfresco di benvenuto.
Modern Tales
Brunate Villa Giuliani
10 dicembre – 12 gennaio
Orari: aperto tutti i giorni tranne lunedì, ore 10-12 e 14-18
Simone Guazzetti: la creatività che suscita emozione.
L’artista Simone Guazzetti nasce a Como nel 1975; vissuto e cresciuto a Pognana Lario, piccolo paesino di provincia, nel 1994 termina gli studi presso l’Istituto per l’Edilizia di Como.
Una vita tranquilla e un’adolescenza affiancata costantemente da una vena creativa, che prende definitivamente vita all’età di 25 anni attraverso un fervido studio di artisti quali: Bosch, Piranesi, Sironi, Dürer, Böcklin, dai quali l’artista sarà influenzato per i suoi paesaggi visionari e surreali.
Dall’anno 2000 quindi, fino al 2012 Guazzetti sperimenta da autodidatta diverse tecniche artistiche privilegiando disegni a matita, acrilici e collage.
Il 2012 sarà per l’artista l’anno della scoperta da parte del grande pubblico, grazie al primo vernissage presso il Level di Desio, dal 27 Aprile di quell’anno per Guazzetti inizierà una svolta creativa e conoscitiva da parte di diverse realtà artistiche lombarde.
Dopo lo studio delle incisioni di Piranesi, Dürer e Goya, Guazzetti cerca di riportare la tecnica dell’incisione ad acquaforte con il tratto a matita; l’effetto del chiaroscuro rende i suoi paesaggi visionari ricchi di poesia, un ambiente nostalgico con una luce di speranza, quella speranza di amore e benessere che resterà costante in tutte le sue opere.
Il pittore attraverso il suo “fare arte” cerca di trasmettere un’emozione, quella stessa emozione che lui stesso ha provato di fronte a opere come L’isola dei morti di Arnold Böckin (1827-1901) e La Torre di Babele di Pieter Brueghel il Vecchio, soggetti d’importanza primordiale e fonte d’ispirazione per i primi lavori.
Per l’artista è importante “dare un’emozione”, tutta la sua poetica creativa verte su questo, sul riuscire a emozionare il fruitore, su quella capacità intrinseca che l’arte dovrebbe possedere.
Questo desiderio di “trasmettere emozioni” sarà una costante nelle sue opere, lavori in cui personaggi senza volto e fisionomia riconoscibile cercheranno di incontrarsi, sfiorarsi, cercarsi…, un barlume d’amore in un paesaggio vuoto e desolato.
I paesaggi rappresentati dal pittore sono spesso città in disfacimento, paesaggi bui e desolati; un mondo visionario creato dall’artista e che rappresenta le nostre città in disfacimento; nel degrado però c’è sempre una speranza: un contatto, un colore, una foglia vitale, la speranza in un mondo diverso, dove non ci sarà il costante bisogno di protezione che si avverte nei personaggi di Guazzetti.
Nell’opera Il Gioco (2011) l’artista rappresenta un Robot, un semplice gioco che in realtà presenta un barlume d’amore, un cuore che cerca di riprendere con malinconica cura.
Un silenzio inimmaginabile in paesaggi desolati e ambigui; da quel silenzio spesso nasce una vita, una piccola speranza in uno spazio grigio; in una società devastata dalla solitudine, nel desiderio di essere omologati resta sempre l’istinto innato della sopravvivenza d’amore; una costante positiva che accompagna quindi tutte le opere del pittore.
Se l’arte ha una valenza terapeutica anche i lavori dell’artista sono andati via via presentando cambiamenti sostanziali.
In alcune opere, i primi personaggi che comparivano senza volto, hanno cominciato (parzialmente ed in taluni casi del tutto) a liberarsi di quella spessa muta che la società imponeva loro di indossare. Così piccoli “pezzi di pelle” hanno cominciato ad intravedersi: una nuova speranza di accettazione per ciò che si è realmente e non per ciò che gli altri vorrebbero che fossimo.
Da quel primo vernissage Simone Guazzetti ha continuato a maturare, vivendo la sua opera come “sperimentazione continua ed evoluzione di sé”,acquisendo padronanza nell’utilizzo di ulteriori forme comunicative, quali la scultura.
Prediligendo la terracotta, il legno e oggetti di recupero reinventati con fantasia singolare ed
ispirandosi alla science fiction anni ’40/’50, sono nati i suoi robot-giocattolo e le città-giocattolo: giochi/non giochi dal significato a volte ironico, a volte nostalgico, volti a dialogare direttamente con ciò che lui ama chiamare ‘l’infanzia senza tempo’, ovvero i bambini: sia quelli che lo sono per diritto d’anagrafe, sia quelli che fortunatamente sopravvivono, talvolta ben celati e protetti, dentro ogni adulto.
Il risultato sono opere per nulla ermetiche e all’apparenza molto semplici, ma in realtà velate di profonda poesia e dolcezza, pronte a sussurrare a quel bambino nascosto il loro messaggio:
un messaggio sicuramente positivo.
Robot dall’apparenza massiccia ed indistruttibile animati dal sogno di poter provare un emozione.
Razzi interplanetari a molla pronti al decollo, in fuga da mondi messi a dura prova da eventi catastrofici, diretti verso pianeti dove è possibile continuare a sperare.
Agglomerati di palazzi dall’aspetto pseudo-umano che sembrano tentare, benché cementati nelle loro forme plastiche, le più basilari azioni d’affetto o di dialogo reciproche.
Un mondo visionario in continua evoluzione che l’artista coltiva costantemente, alimentandolo con sempre nuovi spunti poetici