Townes Van Zandt International Festival, ancora una volta Figino Serenza “caput music”

Il 22 aprile a Figino Serenza torna la maratona musicale dedicata a uno dei più grandi sonwgriter di sempre, il leggendario Townes Van Zandt. Questo piccolo paese del canturino da qualche anno è diventando uno dei punti di riferimento in Italia per la grande musica con due eventi di risonanza internazionale: il Light of Day, concerto benefico ideato da Bruce Sprinsgteen e Michael J Fox per raccogliere fondi a favore della ricerca contro il morbo di Parkinson con artisti come Vinicio Capossela, Francesco Baccini, Bobo Rondelli che si sono alternati negli anni, e il Townes Van Zandt International Festival nato a Figino earrivato alla sua XIV edizione. In questi anni il Festival ha attirato pubblico da diversi paesi europei e statunitensi e il quotidiano americano Statesman ha pubblicato un ampio reportage sull’evento e sul paese di Figino Serenza.
Townes Van Zandt è il cantautore dei cantautori e ha ispirato con le sue ballate un’intera generazione di musicisti e la critica specializzata lo pone sullo stesso piano di Bob Dylan e Leonard Cohen. Townes Van Zandt se ne è andato la notte di capodanno del 1997 e le sue canzoni sono state rivisitate da artisti del calibro di Norah Jones, Robert Plant, Sonic Youth, Devendra Banhart, Willie Nelson e dallo stesso Bob Dylan.

Domenica il concerto si svolgerà al Teatro Sacro Cuore (Viale Rimembranze) a partire dalle ore 17 (apertura porte ore 16. Biglietto d’entrata 10 euro).
Anche quest’anno il cast sarà di altissimo livello e dagli USA arriveranno The Rad Trads, pulsante band di Brooklyn scoperta da Paolo Fresu che spazia dal jazz di New Orleans al rock’n’roll, Session Americana, cult band di Boston, tra le più interessanti della nuova scena americana, Radoslav Lorkovic, pianista e fisarmonicista di Jimmy LaFave, Greg Brown e Richard Shindell, solo per citarne alcuni. Sempre dagli USA arriveranno le cantautrici Jennifer Kimball e Lucia Comnes, rispettivamente da Boston e San Francisco e c’è molta attesa per il leggendario chitarrista texano Bill Kirchen che sarà accompagnato da Peter Bonta.
Ci saranno musicisti anche dalla Norvegia (Paul Henricksen), dalla Svezia (Richard Lindgren) e dalla Francia (Eddy Ray Cooper).
L’edizione di quest’anno lancerà anche un parallelo tra Townes Van Zandt e il cantautore abruzzese, Ivan Graziani. Entrambi ci hanno lasciato lo stesso 1 gennaio del 1997 entrmbi non hanno goduto del successo che meritavano. Filippo Graziani, figlio di Ivan, sarà uno degli ospiti più attesi di questa edizione del festival e interpreterà una canzone di Townes e una di suo padre. Oltre a Filippo Graziani ci sarà un altro bel nome della musica italiana, il livornese Bobo Rondelli.
Completano il cast Andrea Paordi, Miki Martina, Marco Corrao, Luca Rovini, Tullamores, Tom The Cat, Stroszek, Stefano Barotti, Chiara Giacobbe, Thomas Guiducci, Riccardo Maccabruni, The Lonesome Picking Pines, Michele Dal Lago & Giusi Pesenti. Sul palco anche tanti amici musicisti come Max Malavasi alle percussioni, Paolo Ercoli al dobro e Alex Valle, chitarrista di Francesco De Gregori.
Lo spettacolo sarà presentato da Pauline Fazzioli.
Dopo il concerto ci sarà la possibilità di cenare con gli artisti. Per questo che è diventato un appuntamento cult e che vede coinvolta l’intera comunità del paese di Figino Serenza, dai giovani della Pro Loco all’Associazione dei Pensionati della III età, occorre prenotarsi scrivendo una mail all’indirizzo pomodorimusic@gmail.com . E per chi avesse voglia di festeggiare fino a tardi la festa continuerà presso il Pub Tisaneria Amandla di Cermenate, dove chitarre e strumenti acustici si incroceranno di nuovo per un finale incandescente.

Un’altra novità di quest’anno sarà la presentazione di “When The Wind Blows – The Songs of Townes Van Zandt”, un incredibile doppio cd contenente 32 canzoni di Townes Van Zandt interpretate da personaggi del calibro di Joe Ely, Chris Jagger, Sam Baker, Terry Allen, Thom Chacon, The Orphan Brigade, Jono Manson, Bocephus King, Slaid Cleaves e moltissimi altri. Tutte le informazioni su www.townesvanzandtfestival.com
Anche quest’anno saranno in molti a riunisrsi a Figino Serenza per ricordare uno dei più grandi cantautori di sempre, forse il più grande, come sostiene Steve Earle: “un giorno andrò a trovare Bob Dylan nel suo ufficio. Appoggerò i miei stivali da cowboy sulla sua scrivania. Lo guarderò in faccia e gli dirò che Townes Van Zandt è il più grande cantautore di tutti i tempi”.
PREVENDITA
I biglietti del concerto saranno acquistabili presso la Ferramenta Bisit di Figino Serenza (Viale Rimembranze 5 – Tel 031 780026) e presso il Pub All’una&35circa di Cantù (Viale Papa Giovanni XXIII 7)
Cena con gli artisti solo su prenotazione: pomodorimusic@gmail.com

OLTRE AL FESTIVAL altri tre appuntamenti:
Sabato dalle ore 15 RECORD STORE DAY presso CARU’ DISCHI in Piazza Garibaldi a Gallarate
Sabato alle 22 concerto di BOBO RONDELLI e RADOSLAV LORKOVIC
per la prima volta insieme All’una&35circa di Cantù (prenotazione consigliata +39 345 7972809)
Lunedì alle 21 concerto SESSION AMERICANA + THE RAD TRADS per chiudere col botto, sempre All’una&35. Anche in questo caso si raccomanda di prenotarsi per tempo.

A Townes Van Zandt è toccata la sorte riservata da sempre ai più grandi autori, e cioè quella di tracciare un percorso capace di arrivare fino alle nuove generazioni. E’ per questo che la poetica lunare ed esistenziale del texano è giunta oggi ad influenzare musicisti di provenienze disparate quali Davanda Banhart, Sonic Youth, Cowboy Junkies, Tindersticks Norah Jones, Robert Plant e molti altri che hanno mandato a memoria i chiaroscuri e le lacerazioni di “Waitin’ around to die” così come l’intimismo ed il romanticismo di “If I needed you”. Townes Van Zandt ribadiva sempre ad ogni occasione che i poli attorno ai quali ruotava la sua musica erano essenzialmente tre: Hank Williams, Lightin’ Hopkins e Bob Dylan. E se i primi due gli avevano fornito una voce per l’anima, da Dylan il texano ricavò una voce per la mente. E’ tragicamente curioso accomunare poi il destino del padre della country music Hank Williams con quello di Van Zandt: entrambi scomparsi in silenzio in una fredda notte di capodanno, l’uno a 45 anni di distanza dall’altro, entrambi perduti nel loro eterno peregrinare tra le strade secondarie d’America. Townes che, di fatto, portò ancora più avanti quei limiti che Williams aveva già rimosso e segnato nel suo breve decorso terreno. I dolori sentimentali e familiari della country music diventarono in Hank Williams lo specchio del fallimento di un uomo, molto più di quello che Nashville riusciva a sostenere tra i lustrini e le balle di fieno del Grand Ole Opry. Ma in Townes queste stesse sconfitte si mutarono in qualcosa d’altro, in voragini dell’anima e buchi neri da cui la luce non fuoriusciva mai. “Nothin’”, appunto: un Niente in cui l’uomo era nudo di fronte al mistero della propria anima e del proprio Dio perduto, “Alone and forsaken” come cantava Hank. Partito dai folk clubs a dalle coffee houses di Houston, respirando solo lontanamente il vento del cambiamento che spirava dal Greenwich, Townes completò nel tempo la propria maturazione da folksinger a poeta folk-hippy come lo ha definito Guy Clark. Mentre in California la legge dei fiori imperversava, Townes incontrò al Jester Lounge altri tre scapestrati imbevuti tanto di good vibrations quanto di Mezcal e di musica Mariachi: Jerry Jeff Walzer, Guy Clark e Mickey Newbury. Furono proprio loro ad unire il mondo alcolico del blues e di Hank Williams e le storie tragiche del country con le visioni surreali e i personaggi improbabili ricavati dalla cultura hippie e dal milionesimo ascolto di “Desolation Row”. Townes iniziò allora quel life-style che creò il suo tragico Mito: una vita spesa tra l’abuso di alcool e droghe e la scrittura di indimenticabili capolavori che però avevano tutte le caratteristiche e lo spirito di moderne folk-songs. La scena della nuova canzone d’autore texana era praticamente già nata e mentre intorno a questi sporadici segnali cominciavano già a riunirsi pensieri, idee e personaggi quali Richard Dobson, Steve Young, i Flatlanders, Rodney Crowell ed un imberbe Steve Earle, Townes aveva già consegnato alla Storia sei album e una valanga di capolavori assoluti della canzone d’autore americana: “Tecumseh valley”, “Kathleen”, “For the sake of the song”, “Lungs”, “If i needed you”, “Pancho and Lefty” e molti altri ancora. Sei album che furono di fatto invenduti, che portarono al fallimento la Tomato di Kevin Eggers non superando mai i confini del Lone Star State, ma che contribuirono a creare la leggenda locale di Townes Van Zandt, la cui vita e le cui vicende erano avvolte dal mistero ed affascinavano giovani ragazzi di strada come Joe Ely e Jimmie Dale Gilmore. Un canzoniere assolutamente nuovo era ora agli occhi e alle orecchie di un’intera nuova generazioni di artisti, un straordinaria collezione di storie che vedeva Hank Williams sposarsi con le strutture del blues; il rigore poetico del primo Dylan accompagnarsi ad una poetica stralunata ed esistenziale di chi, ogni tanto, gettava uno sguardo troppo profondo sul lato oscuro dell’esistenza. Un giovanissimo Steve Earle batteva tutti i bar del Texas in cerca di un qualsiasi segno del passaggio del suo idolo, ma Townes si era oramai già perduto, iniziando una seconda fase della sua carriera che lo vedrà riemergere solo di tanto in tanto dai suoi “buchi” alcolici per consegnare un manciata di splendide canzoni, vere e proprie cartoline dall’inferno vergate su carta prima di indossare nuovamente le “scarpe volanti” e sparire di nuovo. Negli anni a venire arriverà anche il grande successo di massa per bocca di Willie Nelson, Merle Haggard e Emmylou Harris, ma questo rimase solo un dato utile alle classifiche di Bilboard. Townes aveva già oltrepassato il confine, quella soglia dove vita ed arte non si distinguono più, dove sei tu stesso ad alimentare la leggenda che ti circonda prima ancora che siano gli altri, ed il tempo con essi, a farlo.