Ecco OTELLO: l’11° Festival Como Città della Musica si apre con Verdi e i 200.com

27 giugno 2018 | 08:20
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Ecco OTELLO: l’11° Festival Como Città della Musica si apre con Verdi e i 200.com
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Ecco OTELLO: l’11° Festival Como Città della Musica si apre con Verdi e i 200.com

Meno 1 all’undicesima edizione del Festival Como Città della Musica che quest’anno parlerà della donna. Il titolo “Per amor di donna”, benché tratto da un frase di Jago, lo  spregevole consigliere di Otello, vuole essere in realtà una dedica alla figura femminile, vuole far riflettere e porre attenzione su coloro che spesso diventano vittime della società

silvia paoli regista

Ad aprire il festival sarà proprio Otello, opera partecipata dai cittadini di 200.Com Un progetto per la città, giunto quest’anno alla sesta edizione e grazie al quale il Festival ha ormai assunto un’identità vera e propria. A mettere in scena l’opera di Verdi all’Arena del Sociale il 28, 30 giugno e 3 luglio, sarà la regista Silvia Paoli, che ha da poco terminato la produzione di I Capuleti e Montecchi dell’Opera de Tenerife con Teatro Comunale di Bologna e che ha firmato la regia della fortunata Turandot principessa falena: dopo aver riscosso altrettanto successo alla Royal Opera House di Muscat lo scorso dicembre. Insieme a lei, il Maestro Jacopo Rivani, direttore molto amato dal coro dei 200, che lavorerà con loro per il terzo anno consecutivo, dopo l’Elisir della Cucchi e il Nabucco di Spirej.

L’opera si preannuncia grandiosa, visto il titolo, ma anche grazie alla partecipazione di due famosi nomi del mondo del belcanto: Francesco Anile, già protagonista nella nostra Arena nel 2015 nell’acclamato Pagliacci di Michal Znaniecki, è reduce dalla produzione di Otello al The Metropolitan Opera di New York e a Verona, e Angelo Veccia, che abbiamo appena visto nei panni di Rigoletto nella produzione di OperaLombardia di questa stagione.

La recita del 3 luglio avrà una valenza molto importante: sarà dedicata ad ActionAid e parte del ricavato verrà donato al progetto “Donne:identità al lavoro – Indipendenza economica contro la violenza domestica”. Il progetto  offre strumenti e pratiche per promuovere l’indipendenza economica e dare l’opportunità a donne che hanno subito violenza di entrare nel mondo del lavoro attraverso percorsi di empowerment, di orientamento e corsi di formazione. L’inserimento lavorativo mediante tirocinio sarà la sfida finale del percorso, nonché un nuovo punto di partenza per la vita delle donne. 

Otello

ARENA TEATRO SOCIALE DI COMO

28 e 30 giugno, 3 luglio 2018 – ore 21.30

200.Com Un progetto per la città

OTELLO

Dramma lirico in quattro atti. Musica di Giuseppe Verdi. Libretto di Arrigo Boito, da William

Shakespeare. Prima rappresentazione: Milano, Teatro alla Scala, 5 febbraio 1887

Otello Francesco Anile

Jago Angelo Veccia

Cassio Oreste Cosimo

Roderigo Nico Franchini

Lodovico Shi Zong

Montano/Un araldo Massimiliano Mandozzi

Desdemona Sarah Tisba

Emilia Caterina Piva

Direttore

Jacopo Rivani

Regia

Silvia Paoli

Scene

Federico Biancalani

Costumi

Giulia Giannino

Light designer

Alessandro Carletti

Maestri del coro Giuseppe Califano, Alberto Maggiolo, Giorgio Martano, Mariagrazia Mercaldo

Maestro collaboratore Alfredo Salvatore Stillo

Maestro del coro voci bianche Lidia Basterrechea

Coro 200.Com

Coro voci bianche del Teatro Sociale di Como

Orchestra 1813

Produzione Teatro Sociale di Como AsLiCo

Nuovo allestimento

Progetto 200.Com – VI edizione

Charity Partner ActionAid

CONTATTI

Infoline: dal martedì al venerdì ore 14.30 – 16.30

+39.327.3117975, +39.031.270170 biglietteria@teatrosocialecomo.it

www.comofestival.org

otello festival como città della musica

NOTE DI REGIA di Silvia Paoli

La tragedia di Otello non è il dramma della gelosia. È piuttosto il dramma dell’intelligenza, della volontà, del sentimento, dove il prevalere dell’uno o l’altro elemento può portare alla cecità, all’annullamento. Guidati da una filosofia di non esistenza “io non sono quello che sono” del regista Iago, i personaggi si muovono sempre in preda ad una tempesta, quella iniziale, che non schiarisce mai, non si calma, nemmeno alla fine. Il responsabile, mosso da volontà e non da sentimento, alla fine sembra scomparire. Egli vive con la morte alle spalle che, seguendo il suo ragionamento, è semplicemente il nulla. Il movimento del mare coincide con il movimento di tutta l’opera, un continuo oscillare, cadere, rialzarsi per cadere di nuovo. Si cammina legati da fili invisibili che Iago sposta a suo piacimento, si dorme sospesi, i simboli del potere vengono presto ribaltati e il leone finisce sotto i tacchi dell’Alfiere. L’opera ha le tinte dell’incubo. Quello di Desdemona è il calco degli innumerevoli episodi di violenza sulle donne che purtroppo imbrattano il nostro quotidiano.

Le modalità sono le stesse, follia omicida, senso di colpa, suicidio come atto estremo di “amore”. Chi uccide non ama, questo è certo. Otello non ama Desdemona, almeno non come donna. L’ama per la sua pietà, per il riflesso di sé che vede nei suoi occhi. Iago non fa altro che spostare degli equilibri già fragilissimi; Desdemona e Otello si parlano da tempo seduti su due altalene, non c’è terreno stabile sotto i loro piedi ma aria dipinta dei colori della fiaba, dove Desdemona è una Santa bambina e Otello un eroe da cui farsi salvare.

La dimensione terrena appartiene alla coppia Iago ed Emilia. Iago è malvagio, Emilia lo sa e lo subisce non senza fastidio: Sono la tua sposa, non la tua schiava. Non c’è traccia d’amore, ma un gioco di ruoli, l’unico in cui Iago rimane incastrato avendo sottovalutato la forza di Emilia. Emilia è ribellione, verità, alza la testa dove Desdemona soccombe e, a differenza della tragedia di Shakespeare, Iago non la uccide. Emilia vive per denunciare Otello, per denunciare Iago, per stare dritta davanti agli uomini, senza paura. Ci aspetteremmo una morale ma Iago sparisce e non c’è nessuna consolazione. Sparisce probabilmente per tornare, in altre forme, con gli stessi intenti, come un mostro grottesco sulla pancia di qualcun altro… Credo che Otello sia una grande tragedia umana che parla in primo luogo dell’impossibilità di amare ed accettare se stessi. Nessuno nell’opera ha la forza di guardarsi per quello che è. Nel corso di tutta l’opera c’è come una denuncia costante della fragilità umana, si comincia con una faticosissima vittoria in un mare burrascoso, ma questo passa immediatamente in secondo piano quando con poche, abili mosse viene incrinata la dimensione privata. Il consumato attore Iago passa dalla prova generale con Cassio e Roderigo (dove saggia la propria bravura e la debolezza altrui) per trionfare nel grande spettacolo di Otello. E fa tutto questo usando la donna, che sia Emilia, Desdemona, Bianca. Questa donna-fazzoletto che del fazzoletto ha la trama intricata, la bellezza, il candore; ma non certo la leggerezza.

Sono le donne che trionfano veramente nella tragedia di Otello: l’amore di Desdemona per il Moro non conosce incertezze, nemmeno dopo la morte, Emilia è l’unica che si ribella alla volontà di Iago. Gli uomini appaiono creature fragili, giganti dai piedi d’argilla, e si scontrano con qualcosa che non ha niente a che fare con la forza fisica; si scontrano con il sentimento, con la fedeltà, quella profonda che non ha niente a che fare con i fazzoletti ma con un patto d’amore sigillato da baci eterni. È vero, Iago scompare, ma nella mia testa di spettatrice rimarrà sempre, più forte, la paura di Desdemona nella sua camera da letto. Desdemona non fugge, Desdemona rimane.