Le canzoni di Leonard Cohen sul palco dell’UnaeTrentacinqueCirca

Uno a uno,gli ospiti arrivano
Gli ospiti stanno arrivando
Tanti con il cuore aperto
Pochi con il cuore spezzato
E nessuno sa’ come andrà la notte
E nessuno sa’ perché il vino sta scorrendo
Gli ospiti, “The guests” , i versi di una canzone di Leonard Cohen invitano al concerto di domani sera, venerdì 21 settembre, al live club All’UnaeTrentacinqueCirca. A dedicare un affettuoso, quanto rispettoso, omaggio al cantautore canadese saranno Alberto Visconti, Alessio Brunialti, Marco Belcastro e Gianbattista Galli, masucisti di diverse estrazioni e provenienze, compattati dall’amore per le struggenti “Songs of Leonard Cohen”. Un modo per festeggiare il compleanno di Leonard Cohen cantado le sue canzoni, leggendo le sue poesie e anche qualcosa che il poeta ha ispirato scrive Alessio Brunialti.
La musica sul palco canturino inizierà alle ore 22 e, dicono, ci sarà una più che gradita sorpresa nel corso della serata.. direttamente dal Canada,la terra di Leonard, arrivano dei musicisti a condividere con Alberto, Alessio, Marco e Gianba, le emozioni forti che si preannunciano.
Per info e prenotazioni posti con whatsapp al 3457972809!

Molti hanno conosciuto Cohen per quell’Hallelujah usato senza ritegno da popstar di ogni latitudine per far bella mostra delle prorie sensibilità vocali e divenuto un cavallo di battaglia nei talent (solo Jeff Buckey è escluso dalla lista dei deturpatori). Salvo questa conoscenza didascalica e l’imamgine di un signore dall’aspetto serio e un elegante cappello di Leonard Cohen, in generale, gli italiani sanno poco.
Era nato il 21 settembre 1934 a Westmount, Quebec, una città di lingua inglese sull’isola di Montreal, in una famiglia ebrea di classe borghese. Sua madre, Masha, era la figlia di uno studioso del Talmud. Era la famiglia di suo padre Nathan, però, a essere stata importante per la comunità ebrea di Montreal. Il nonno di Leonard aveva fondato delle istituzioni che avevano aiutato gli ebrei russi. La sensibilità cattolica di Montreal avrebbe caratterizzato il lavoro di Cohen con la stessa forza delle sue origini ebree.
Ecco un ritratto del cantante, poeta e scrittore di Montreal tracciato da Mikal Gilmore sulla rivista Rolling Stones all’indomani della scomparsa di Cohen il 7 novembre 2016.
… è stato il poeta della distruzione. Lo è stato fin dalla prima canzone che ha attirato l’attenzione su di lui, Suzanne: “E Gesù era un marinaio quando camminò sull’acqua / e restò per molto tempo a guardare giù dalla sua torre solitaria… / E ancor prima che il cielo si aprisse, lui era distrutto / abbandonato, quasi umano, sprofondò come una pietra in fondo al vostro giudizio”. La distruzione è sempre stata lì. Si è dimostrata fondamentale per lui, in musica, poesia e letteratura (nessun altro ha saputo maneggiare le tre discipline insieme, come lui), e ha segnato Hallelujah, la sua più famosa visione della trascendenza: “Non è un pianto che ascolti di notte / non è qualcuno che ha visto la luce / è un Alleluia freddo e distrutto”. Ha seguito Cohen fino in un monastero Zen, dove anni di contemplazione e preghiera hanno saputo essere strazianti quanto l’orrore che lo spinse a rifugiarsi lassù. È apparsa persino nelle ultime strofe dell’ultima canzone del suo ultimo disco, uscito alcune settimane prima della sua morte. “È finita, l’acqua e il vino / allora eravamo distrutti, ma adesso siamo al limite”.
Ma Cohen – che è morto a 82 anni – non si è mai arreso all’oscurità. «La depressione è stata lo sfondo generale della mia vita quotidiana», mi disse una volta. «Credo di poter dire che tutto quello che ho fatto è nato nonostante la depressione, non a causa sua. Non è stata il motore del mio lavoro… ma il mare in cui nuotavo». Il suo lavoro non è stato soltanto oscurità. Il suo umorismo pungente si faceva strada durante la conversazione nello stesso modo in cui una musica maliziosa accompagnava la sua voce da oltretomba. (da Rolling Stones)