Il vescovo Oscar ricorda don Renzo dopo 20 anni:”Lui un pastore generoso”




Celebrazione conclusiva delle manifestazioni per ricordare il parroco ucciso da un immigrato. Le parole di Cantoni stasera.
Una santa messa con chiesa gremita. Tanti parrocchiani, tanta gente che ha conosciuto in via Don Renzo Beretta, il parroco di Ponte Chiasso ucciso esattamente 20 anni fa da un immigrato fuori dalla sua chiesa. Le cerimonie di chiusura nel pomeriggio proprio in quella chiesa dove lui ha predicato affetto e vicinanza per anni. A celebrare la messa è arrivato il vescovo di Como Oscar Cantoni”Cosa ha voluto dirci il Signore donando alla nostra Chiesa di Como don Beretta, zelante e generoso pastore, come lo definì san Giovanni Paolo II, quotidianamente impegnato in un servizio attento ai bisogni spirituali e materiali del prossimo? Siamo un dono gli uni per gli altri, un dono che lo Spirito Santo ha elargito a ciascuno perché possa rifluire su tutti. Anche don Beretta non si è “fatto da solo”, né immediatamente, sia come uomo che come cristiano e pastore. Ha ricevuto, ha condiviso, ha trasmesso. Non è stato un uomo isolato, ancorato testardamente nelle gabbie delle sue sicurezze, come spesso capita. È cresciuto, si è confrontato, si è arricchito nel tempo, formandosi, a poco a poco, alla scuola del Vangelo, letto e interpretato nella Chiesa, alla luce dei segni del tempo.
Penso, allora, alla nostra amata santa Chiesa di Como quale madre feconda, che lungo il tempo ha generato figli e figlie che hanno vissuto e testimoniato il Vangelo, esponendosi in tante modalità, fino al dono supremo della vita, come nel caso di don Renzo. Penso al nostro presbiterio, dentro il quale don Renzo ha vissuto in piena unità, stima e benevolenza con il vescovo e i sacerdoti, dove “a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune. Una schiera di preti che hanno servito con passione, dedizione e delicatezza il popolo di Dio, senza sentirsi ne’ superiori agli altri, né migliori, né padroni. Uomini di Dio, ciascuno con una propria personalità, tra essi complementari e forti amici. Come non ricordare tra gli altri, con il vescovo Ferraroni, prima, e monsignor Maggiolini, poi, alcuni preti dalla statura alta, a cui dobbiamo molto, come don Titino Levi, don Piercarlo Contini, don Giovanni Valassina che hanno condiviso con don Renzo le gioie e le fatiche del ministero? Non posso dimenticare in questo momento un altro testimone dell’amore verso i poveri, don Renzo Scapolo. Tutte persone che si sono lasciate entusiasmare dalle intuizioni del Concilio Vaticano II quale via indispensabile per rigenerare la comunità cristiana, così da essere all’altezza di parlare, di dialogare, di servire il mondo di oggi. Preti al servizio del popolo di Dio, che hanno creduto alla dignità e quindi alla valorizzazione dei laici, uomini e donne, alla loro presenza indispensabile e fruttuosa nella Chiesa e li hanno saputo coinvolgere attivamente e responsabilmente.
Le grandi scelte non si improvvisano e dal momento che si muore come si è vissuto, don Renzo, nel dono di sè, offerto in sacrificio, ci ha sintetizzato lo scopo della sua vita: essere sacerdote e vittima, come Gesù, pane spezzato per la vita del mondo, di cui facciamo memoria ogni volta che celebriamo l’Eucaristia. Quale immagine viva di Cristo, buon pastore che dà la vita per i suoi fratelli, don Renzo ha sviluppato una viva sensibilità verso i poveri, i diseredati, gli esuli, i profughi, di qualunque provenienza e religione, persone che Dio ci ha donato perché noi ci esercitassimo nelle virtù cristiane dell’accoglienza, della solidarietà, dell’amicizia universale, in piena gratuità. La casa di don Renzo, come la chiesa parrocchiale di Ponte Chiasso, era sempre aperta all’accoglienza, in modo tale che papa Francesco avrebbe potuto già definirla un “ospedale da campo”, in cui tutti possono sentirsi accolti e amati quali figli di Dio e fratelli nostri”.
(Foto da “Il settimanale online”)