Agente del Bassone senza censura, ma solo perchè già in pensione:”Che delusione…”




Andrea Turolla chiude la vicenda che lon ha visto protagonista per quattro rondelle della pistola di ordinanza. Le sue parole al Sottosegretario del Ministero
“Anche se non ho mai ricevuto nessun segno di riscontro da parte vostra, in qualche modo ne sono uscito. Rimane l’amarezza per tutti quei colleghi, che continueranno ad essere giudicati e puniti, con logiche assurde che non tengono conto della carriera del dipendente. Schifato da questa Amministrazione e profondamente deluso da questa Lega e i suoi rappresentanti, che non hanno trovato un minuto per scrivermi due righe! ?”
Grazie per l’attenzione”
Il messaggio è stato spedito da Andrea Turolla, agente della polizia penitenziaria di Como in pensione da qualche mese al sottosegretario del Ministero della giustizia Jacopo Morrone. E mette in evidenza tutta l’amarezza dell’agente comasco – che abita a Bizzarone – ora fuori dal mondo del lavoro. Ma una uscita di scena che ha catturato l’attenzione di tutti i media nazionali perchè ad Andrea, una carriera senza alcuna macchia, era stata avviata una azione disciplinare per avere riconsegnato l’arma in dotazione senza alcune piccole rondelle che si trovano all’interno del calcio della stessa. Ora la sentenza che pone fine ad una vicenda sconcertante: dal Ministero arriva la sentenza di nullità di quel provvedimento, nulla la censura e quella macchia sul foglio matricolare va cancellata. “Ma solo perchè sono già in pensione – protesta Andrea -. Quello che mi preme fare capire è l’ottusità dell’Amministrazione nel sancire la “ragion d’essere” del procedimento disciplinare, nel caso fossi stato in servizio.Questa sorta di obbligatorietà dell’azione disciplinare, senza tenere conto del vissuto lavorativo del dipendente, la trovo inaccettabile e disumanizza l’ambiente, già di per se difficile“.
Il 24 marzo scorso il provveditore Luigi Pagano ha firmato il provvedimento che chiude la vicenda sollevando l’ex assistente capo Andrea Turolla da quell’addebito che, dopo 34 anni di onorato servizio, costituiva una “macchia inaccettabile” alla propria onorabilità. “L’incolpato” – come è definito nel disciplinare – aveva fatto ricorso e l’istruttoria è terminata con l’annullamento della sanzione. La motivazione lascia però allibiti almeno quanto il rilievo che l’ha originata: il testo trasmesso dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria della Lombardia alla Casa circondariale neppure cita il motivo della sanzione, in undici righe si limita a constatare che “l’azione disciplinare è stata avviata dopo il pensionamento del dipendente” verso il quale “è decaduto ogni rapporto di subordinazione gerarchica e funzionale tra lo stesso e l’Autorità Direttiva ed è venuto meno l’interesse del dato ad avviare una procedura sanzionatoria, che diversamente, qualora avviata in pendenza di servizio avrebbe avuto ragion d’essere”. Dunque il provvedimento è nullo, ma per vizio di forma. La sostanza non conta.
Per l’agente in pensione Turolla è una vittoria del retrogusto amaro: “Io ho sostanzialmente ottenuto quello che volevo, ripulendo il mio foglio matricolare, il problema è delle migliaia di ragazzi della Polizia Penitenziaria, che continueranno ad essere giudicati in caso di errore, con modalità prive di senso logico e di umanità. Ho fatto questa battaglia non tanto e solo per me, ma per far emergere gli effetti del corporativismo che spinge a una sorta di obbligatorietà dell’azione disciplinare che oltre il buon senso e la misura. E’ un atteggiamento non degno di un moderno corpo di Polizia. Questa è la battaglia che avrei voluto vincere“