INCONTRI: Federico Sirianni porta Tom Waits a L’Officina della Musica

26 aprile 2019 | 20:15
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INCONTRI: Federico Sirianni porta Tom Waits a L’Officina della Musica

Nel 1993 premiato come miglior esordiente al Premio Tenco, nel 1994 vincitore del Premio Regionale Ligure per la Musica e nel 2004 del Premio della Critica al Festival Musicultura, scrittore di spettacoli del teatro canzone insieme a Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, Federico Sirianni è un cantautore genovese con al suo attivo cinque album. Del 2002 il primo, “Onde Clandestine”, registrato con la Molotov Orchestra dopo un lungo viaggio nella Bulgaria post sovietica seguito, nel 2006 da “Dal basso dei cieli” con cui vinse, grazie al brano “Perché la vita”, il premio Umberto Bindi.  A seguire ci sono “Nella prossima vita” e “Vinile di Natale – Dio dei Baraccati”, album stampato in vinile, quest’ultimo, in sole 100 copie numerate, per arrivare infine a “Il Santo”, 2016, presentato proprio all’Officina della Musica di Como il 14 dicembre scorso.

Federico Sirianni si esibisce nei club e teatri di tutta Italia proponendo, oltre ai suoi pezzi, tributi a grandi cantautori del calibro di Fabrizio De André, Giorgio Gaber, Tom Waits. Ed è proprio a quest’ultimo che sarà dedicata la serata di domenica 28 aprile all’Officina della Musica di Como, via Giulini 14, insieme alla chitarrista Eleonora Strino e allo storico contrabbassista di Tom Waits Greg Cohen. Il titolo dello spettacolo è “Waitin’ for Waits”, spettacolo che Federico Sirianni definisce “emozionante, indescrivibile e oggettivamente importante”.

Anche noi aspettiamo Tom Waits e, nell’attesa, ecco qualche anticipazione dallo stesso Sirianni.

Federico, dedicare un tributo a Tom Waits, cantautore statunitense considerato dalla critica uno dei massimi autori del novecento vuol dire portare al pubblico un pezzo di storia. Da dove è nata l’idea di questo tributo e come è organizzato l’evento?

La serata nasce da un omaggio che faccio a Tom Waits ogni anno a Torino, beh in realtà anche in altre città ma prevalentemente a Torino, nel periodo del suo compleanno, il 7 dicembre. Tutte le volte propongo qualcosa di diverso e per questa ho immaginato un Tom Waits al femminile, interpretato da artiste, e ce ne sono tante e bravissime che sanno raccontare questo grande autore con originalità estrema. Fra loro ho conosciuto Eleonora Strino, una chitarrista napoletana che suona saltuariamente con Greg Cohen; l’ho chiamata per proporle una collaborazione e la cosa divertente è che solo allora ho scoperto del suo legame artistico con lo storico contrabbassista di Waits. La seconda cosa che ho scoperto, poi, è stata che Greg Cohen in questo periodo si trova in Italia; come non mettermi in gioco, a quel punto, e proporre una collaborazione anche con lui.

Il concerto si sviluppa in due parti: la prima più strumentale, virata sul jazz, con Eleonora e Greg, poi un secondo set dove entro anch’io a suonare. Quando ha sentito i miei pezzi Greg ha voluto inserirli nello spettacolo, quindi ci saranno “Il Santo”, “Ascoltami o Signore” e “L’ultimo blues dell’umanità”.

La qualità molto elevata della produzione di Tom Waits, la sua reputazione musicale fondata su un’etica professionale indiscutibile, la sua controcultura rispetto all’American way of life, la sua predilezione per i reietti, i vinti, una poetica rivolta alla battaglia contro l’uniformazione dell’individuo: quali sono gli aspetti che più ti hanno colpito di questo autore?

La prima volta che ho sentito Tom Waits è stato in radio. Avevo 18 anni e ascoltavo spesso i programmi musicali. Quel giorno accendo e sento un programma in cui trasmettono il Premio Tenco, concerto di Tom Waits con, al contrabbasso, Greg Cohen. Bastano le prime note, gli accordi dissonanti di “Tango Till They’re Sore”, e rimango folgorato, affascinato da questa voce che, non potendolo vedere, penso appartenga a un artista di colore che spazia senza difficoltà dal blues alla musica contemporanea. È proprio questa caratteristica di ampiezza, nella voce e nella musica, che mi ha colpito all’inizio, che mi è entrata nell’anima, che mi ha mostrato una strada che, artisticamente, ho desiderato percorrere. Tom Waits mi aveva fatto capire, quel giorno, che esistevano modalità narrative inespresse che lui sapeva cogliere e proporre in modo coraggioso e originale, mai banale o scontato; aveva saputo indicarmi una via. Poi la strada l’ho percorsa a modo mio, con la mia narrazione, il mio modo di sentire e di esprimermi, ma quella prima visione mi è arrivata da lui.

Noi veniamo sempre da qualcosa che c’è prima di noi, è una cosa che va detta, questa, che va citata senza timore, è un diritto dell’artista prendere, elaborare, trasformare e restituire.

Da un punto di vista puramente musicale quali sono le peculiarità di questo artista e cosa ti hanno trasmesso?

Come ti accennavo, quello che mi affascina di Tom Waits è il suo coraggio. Ha avuto un grande successo quando ha proposto jazz e blues degli anni 50, avrebbe potuto continuare a cavalcare l’onda invece, in maniera inaspettata, ha deciso di troncare e avvicinarsi a un tipo di musica più psichedelica, rumoristica, quasi musica classica contemporanea. Se tu ascolti un album come Heartattack and Vine e poi Swordfishtrombones, capisci come in un anno e mezzo quest’uomo abbia avuto un’incredibile metamorfosi, ti chiedi come sia possibile, come sia anche solo concepibile il correre un rischio di questa portata per un artista; è questo il coraggio di Tom Waits, quello che più ammiro in lui. Ha saputo creare, in quel momento, un genere di rottura estremo, incurante delle conseguenze interpretando, forse, quel desiderio di cambiare rotta che spesso anima le nostre vite. Da un punto di vista razionale faccio fatica a spiegarlo, è qualcosa che ti piglia fegato e cuore.

Molti tuoi eventi sono dedicati a Fabrizio De André e Giorgio Gaber. Anzi, è notizia di pochi giorni che il tuo spettacolo su Gaber sia piaciuto così tanto da aver ricevuto il patrocinio dalla Fondazione Gaber, e che da questa estate ne riproporrai una nuova edizione con i musicisti e gli arrangiamenti musicali originali, con la consulenza artistica di Arturo Brachetti. Qual è la tua visione di questi due cantautori e con quale chiave di lettura preferisci presentarli al pubblico?

Si tratta di due spettacoli completamente diversi. Quello di De André lo affronto da persona che lo ha conosciuto; porto Fabrizio nel mio mondo di ricordi e questo fa sì che insieme a lui io riesca a far venire fuori anche molto di me. Non si tratta, infatti, di ripetere i suoi brani, di raccontare una vita che non ho conosciuto: qui dentro ci sono anch’io e lascio che la mia parte esca. Le mie storie che riguardano De André non sono frutto della letteratura massificata e conosciuta che c’è in giro, ma sono cose forse più piccole, aspetti meno eclatanti e perlopiù inediti; le persone che vengono ad ascoltarmi sono interessate e la loro partecipazione ha decretato il successo di questi spettacoli

Quello di Gaber, invece, è un concerto fedelissimo a Gaber, io entro in lui e ne divento fedele interprete; anche questo è piaciuto, al punto che la Fondazione Gaber ha deciso di patrocinare i prossimi concerti con la partecipazione dei musicisti originali del suo teatro canzone.

Cantautorato classico con influenze americane, utilizzo di archi e slide guitar come nelle migliori tradizioni di Nashville fanno del tuo “Il Santo” un album bellissimo. Tredici pezzi che vanno da “Il Santo”, brano che dà il titolo all’album, e che comprendono “Il campo dei miracoli”, “Santa Maria dei mesi”, “Ascoltami o Signore”, fino ad arrivare al divertente “Mia madre sta su Facebook”.  I temi di ispirazione religiosa sono temi delicati da trattare, che tipo di santità racconti con la tua musica? 

Si tratta di una santità, una religiosità laica, non c’è nulla di cattolico in queste canzoni però c’è un senso di appartenenza a qualcosa di grande, metafisico,, mistico. Pensa solo a quello che c’è di magico e mistico nella scrittura di una buona canzone, è già tutto lì. A un certo punto vengo investito da qualcosa e trovo una canzone su un foglio. Quello è il momento in cui divento un tramite, c’è qualcosa che entra ed esce da me. Già questo lo considero un miracolo.

Quella di cui scrivo è una santità che vedo nei senzatetto a Natale, nei villaggi Rom, sai ci sono stati anni in cui mi sono avvicinato molto alle comunità Rom, ho avuto modo di conoscerle e capirle, ecco parlo anche di loro, insieme alle molte persone che affrontano gli incubi quotidiani della loro esistenza. Questo album, oltre che il racconto di un artista, è il racconto di un uomo. Inoltre, e sono molto contento di questa collaborazione, nell’album c’è la presenza di una bravissima musicista torinese, Cecilia. L’arpa che senti nel pezzo “L’iguana sulle scale” è la sua, insieme alla voce.

Le parole, nei testi, possono conferire un ritmo che va oltre quello espresso in musica. Il sapiente uso della rima baciata è arte di pochi, come nasce un tuo pezzo e come lo sviluppi?

C’è qualcosa che mi colpisce e nel giro di dieci minuti la canzone è pronta, poi ci lavoro, certo, ma la struttura arriva in maniera quasi immediata. La rima mi viene in modo naturale, trovo l’uso della metrica e della rima molto musicale, mi viene spontaneo, ce lo insegnano i grandi songwriters da Bob Dylan in avanti. Veicolare contenuti in forma poetica mi stimola molto, anche se non sempre utilizzo questa forma espressiva; mi piace provare anche formule alternative, l’importante è che abbiano un senso e, specialmente, che mi permettano di attribuire il giusto significato, il giusto peso a ciò che voglio dire.

Per due anni al corso di Songwriting della scuola Holden di Torino hai tenuto lezioni su Dylan, Cohen e Waits; com’è stata l’esperienza dell’insegnamento?  

È un’esperienza che mi ha divertito e arricchito, l’ho fatta per mettermi alla prova e confrontarmi rispetto a presone che non maneggiavano questa materia. Un’altra cosa che amo fare è andare a raccontare i grandi cantautori nelle scuole e nei licei, un’attività che mi riempie di gioia, trovo i ragazzi di oggi pieni di bellezza e curiosità. Loro mi fanno sentire il futuro, mi danno speranza. Gaber diceva: “La mia generazione ha perso”; lo penso anche della nostra mentre la loro, quella dei ragazzi di oggi, forse pareggia.  Sarebbe già una gran cosa, il pareggio.

La letteratura, tua grande passione e la scrittura, che maneggi così bene nei tuoi testi; hai tanti fan che chiedono a gran voce di leggerti oltre che ascoltarti: pensi mai di scrivere un libro?

Una prima esperienza l’ho già fatta, dopo l’album “Vinile di Natale” ho realizzato una piccola pubblicazione dal titolo “L’uomo equilibrista”, una raccolta disordinata e non cronologica dei miei vent’anni di musica, della Genova degli anni novanta, del mio arrivo a Torino, le esperienze con gli zingari… Ho un rispetto per la letteratura pazzesco, in futuro vorrei scrivere qualcosa che mi piacerebbe leggere ma siccome ho aspettative molto alte faccio fatica a mettermi in gioco. Ci vuole coraggio, per scrivere, e disciplina. E una buona storia da raccontare. Ne ho decine nel mio computer, sono tantissime, è difficile pensare a quella giusta.

Domenica, all’Officina della Musica, ascolteremo il tuo racconto su Tom Waits. Com’è questa, di storia?

Questa è la storia di un cerchio che si chiude, sono in un’età anagrafica e artistica in cui si stanno chiudendo cerchi che ho aperto quando ho iniziato a fare questo mestiere; ho cominciato con Tom Waits, l’ho ascoltato la prima volta suonare con Greg Cohen, la storia di domenica sera parlerà della realizzazione del mio desiderio di avvicinarmi a lui attraverso la musica, la mia e la sua.

Saluto e ringrazio per questa intervista Federico Sirianni, il cantautore che con la sua musica, sia che si tratti di tributi sia che si tratti dei suoi pezzi – così originali e pieni di contenuti -, è capace di raccontare, con la sensibilità e il talento di pochi, l’uomo.   

Cohen, Strino e Sirianni: Waitin’ for Waits

domenica 28 aprile ore 21 

L’officina della Musica via Giulini, 14 – COMO

ingresso soci 15 euro

ingresso + cena 30 euro ( posti limitati) ore 19:30

E’ consigliata la prenotazione

per info : Tel 3492803945

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