La riflessione del presidente di Opi Como, a seguito del convegno “Como In Salute”

In una comunicazione a tutti i media, Dario Cremonesi, presidente di Opi Como (Ordine delle Professioni Infrmieristiche), annota le sue riflessioni a seguito del convegno di ieri “Como In Salute” organizzato dalla Cisl dei Laghi.
Nei prossimi dieci anni, su scala nazionale, 8 milioni di anziani soffriranno di almeno una patologia cronica grave. Nel 2030, potrebbero arrivare a 4 milioni e mezzo gli ultra 65enni che vivranno da soli, e di questi, 1 milione e 200 mila avrà più di 85 anni.
Il potenziamento dell’assistenza domiciliare e della residenzialità fondata sulla rete territoriale di presidi sociosanitari e socio-assistenziali, oggi ancora privilegio per pochi con forti disomogeneità a livello regionale, non è più procrastinabile anche in funzione di equilibri sociali destinati a scomparire, con la progressiva riduzione di persone giovani all’interno dei nuclei familiari.
Se oggi ci sono 35 anziani ogni 100 persone in età lavorativa, nel 2050 ce ne saranno quasi il doppio: 63. Il territorio è contemporaneamente il maggiore e migliore ambiente di sviluppo dell’assistenza infermieristica, non solo per il fatto che gli infermieri, che da tempo stanno orientando la propria mission professionale ai servizi di prossimità, comunità e domicilio, ma anche della
stessa Regione, che in tal senso è divenuta il commitment privilegiato per l’attivazione di tavoli tecnici ad hoc, in cui gli OPI sono stati chiamati a misurarsi con gli obiettivi strategici di attuazione della Legge Regionale 23/2015, partendo proprio dall’analisi sistematica di fattori e criticità contingenti.
E’ quindi chiaro che chiunque sia in possesso di una facoltà individuale o collettiva abbia il dovere di supportare il territorio affinché assieme alle strutture o su mandato regionale, si formulino ipotesi concrete e realizzabili, per garantire la sostenibilità del sistema salute a livello locale e, contemporaneamente, offrire al cittadino quella decodifica necessaria al proprio bisogno di salute.
La conferma di questo impegno è stata ben descritta nell’Undicesima Conferenza Nazionale sulle Politiche della Professione Infermieristica svoltasi da poco a Firenze, dove sono state proprio le Regioni a confermare che lo sviluppo dell’assistenza è sul territorio, attraverso nuovi modelli sia manageriali sia operativi, che spaziano dalle cure di transizione, riclassificate e qualificate in funzione di standard qualitativi peculiari e innovativi, ma anche mediante l’implementazione di figure contemperate dalla Legge 23 stessa, quale l’infermiere di famiglia e di comunità e/o prossimità.
Non deve in alcun modo questa figura essere percepita dai non addetti alla professione infermieristica come target professionale. Gli infermieri sono una risorsa matura, da impegnare nell’ammodernamento del sistema, mai in modo isolato ed ancor meno autoreferenziale, ma solo ed esclusivamente in una logica di network, attraverso prove di efficacia o con evidenze
scientifiche alla mano.
Le affermazioni dei Direttori e degli Assessori alla Sanità intervenuti in Conferenza hanno confermato pienamente ciò che la Federazione degli OPI, e per riflesso gli Ordini Provinciali, sostengono da tempo:
• l’infermiere di famiglia e di comunità è indubbiamente una sfida imponente, ma rappresenta un passo necessario nonostante i problemi e i vincoli di spesa, per dare ai cittadini quel livello di servizio che può trovare compimento e realizzazione con la crescita delle professioni sanitarie;
• la collaborazione tra professionisti – l’infermiere di famiglia in team con il medico di medicina generale – è innovazione organizzativa, e laddove adottato, questo modello (e non il singolo professionista) ha avuto come effetto una riduzione effetti/eventi avversi e la prevenzione delle missed care o cure mancate, dimostrando che la messa in campo e a sistema di nuove competenze e in nuove aree da esplorare ed esperire, mediante l’indirizzo a servizi territoriali orientati al Chronic Care Model, portino al miglioramento della condizione dei pazienti cronici grazie a un approccio ‘proattivo’ tra personale san itario e medicina di iniziativa.
• ancora, la presa in carico del paziente fragile e la continuità assistenziale sono obiettivi che possono essere realizzati solo con un’organizzazione multidisciplinare e inter- professionale, e la professione infermieristica ha dimostrato di aver maturato competenze, mediante una formazione universitario e percorsi specialistici post base, per affrontare concretamente l’idea di prendersi cura della persona all’interno di un una logica processuale.
Se pensiamo ai modelli in ampio vigore nei contesti di urgenza emergenza, nonostante il comprensibile scetticismo iniziale, possiamo affermare che la Lombardia, e ancor prima Como, siano stati apripista per modelli virtuosi di condivisione delle responsabilità tra medico e infermiere, proprio sul territorio. Oggi questo modello è stato esportato in altre Regioni a dimostrazione del fatto che una semplice affermazione come “insieme si può fare” sia quanto mai vera e realizzabile, nel rispetto della professionalità di ciascun attore coinvolto.
Il messaggio quindi è chiaro: i percorsi vanno disegnati congiuntamente. Bisogna edificare processi, modelli, percorsi sfidanti, che rispondano alle esigenze urgenti di decongestionamento delle strutture, con un rilancio territoriale che intercetti precocemente e
costantemente le istanze di salute del cittadino – utente. E’ una responsabilità che richiama tutti a non essere disgiunti affinché il percorso sia aderente al panorama epidemiologico e di salute in cui oggi, e nei prossimi anni, ci troviamo e ci troveremo.
L’obiettivo è mantenere, e migliorare nel tempo, l’equilibrio e lo stato di salute delle famiglie, con qualsiasi declinazione possibile, e della comunità, attraverso il sostegno a prevenire, evitare o gestire le minacce alla salute. Oggetto dell’interesse dei professionisti, tutti, di chi orienta e organizza il loro agire quotidiano, di chi li rappresenta e li tutela, è dare vita a reti di significato dei servizi sanitari e sociosanitari, tanto in un’ottica curativa, quanto in quella educativa e preventiva in maniera reattiva e/o proattiva.
In conclusione i nuovi setting delle cure di transizione, su cui gli OPI hanno prodotto documenti di posizionamento e di realizzazione su mandato regionale, e la figura dell’IF e di Comunità rientrano nella funzione di garanzia che questa professione desidera esercitare, esprimendo la valorizzazione e lo sviluppo delle competenze professionali esperte e specialistiche, tenendo conto dei livelli della formazione acquisita, in coerenza con quanto previsto nei Contratti collettivi nazionali di settore.

Dott. Dario Cremonesi
Presidente Ordine delle Professioni Infermieristiche
Provincia di Como