Parolario a Villa Bernasconi: Carlo Pozzoni presenta “Bando alle guerre”, i 20 mesi di prigionia di Antonio Fermini

Ultimi incontri di Parolario a Villa Bernasconi di Cernobbio, luogo di fascino che ha affiancato il 19° festival di letteratura lariano. Oggi alle 18.30 la Carlo Pozzoni Editore, propone la presentazione di un libro che ci porta indietro al secondo conflitto mondiale, non è un racconto di trincea, ma parte da dopo la firma dell’armistizio nel settembre del ’43. Bando alle guerre – Diario della prigionia di Antonio Fermini” , con l’introduzione di Giorgio Cosmacini, e Giorgio Cavalleri, resoconta di due anni del soldato comasco Antonio Fermini deportato. Alla presentazione, oltre ai due curatori, interverrà Parizia Bruggi,

Il libro raccoglie la testimonianza trascritta su diario di Antonio Fermini, nativo di Ramponio che, di stanza a Patrasso (Grecia), all’indomani dell’8 settembre 1943, insieme ai suoi commilitoni, viene deportato in vari campi di prigionia in Germania, fino a riuscire a rientrare nel paese natio – con fatica e correndo molti pericoli – il 23 aprile 1945.
Rispetto alla letteratura di genere, le memorie di Antonio Fermini colpiscono per la capacità di restituire il quotidiano di quei quasi 20 mesi, come se il lettore stesse assistendo a una proiezione cinematografica.
Ogni giorno è descritta la fatica per reperire il cibo, drammatico e quotidiano assillo di tutti i prigionieri dei campi di prigionia: dal barattare i propri indumenti, pezze, sigarette, orologi, scarpe e tanto altro, al procacciare – davvero, “la necessità aguzza l’ingegno” – qualsiasi oggetto possa essere scambiato; dalla ricerca frenetica tra le macerie dei bombardamenti di un avanzo di cibo ancora non troppo rancido, al mendicare tozzi di pane secco ai prigionieri più fortunati o persino agli stessi tedeschi.
Ed è proprio la quotidianità, la ripetizione della ricerca senza soluzione di continuità, a trasportare il lettore nell’ansia di quei giorni, quasi la vivesse in prima persona: la preoccupazione per la salute dei parenti, la gioia dei rari pacchi che arrivano da casa con pochi, ma preziosi generi di conforto, le lettere del fratello dalla Francia, il timore a ogni cambio di campo di prigionia e la speranza, a ogni nuovo lavoro, che il rancio possa essere più sostanzioso. Il giovane Antonio riporta fedelmente, con uno stile genuino e immediato, senza retorica o traccia di autocommiserazione, i fatti di una quotidianità tanto lontana dall’ordinario. Il linguaggio semplice, a volte mutuato dal gergo dialettale, riesce a restituire al lettore la dimensione della tragedia vissuta da Antonio e dai suoi compagni di prigionia e il patimento quotidiano vissuto sperando nella fine della guerra e nel ritorno a casa.
Il testo è introdotto da due prefazioni, una a cura di Giorgio Cavalleri e l’altra di Giorgio Cosmacini.