INCONTRI: Michele Caccamo “Con le mani cariche di rose”

Visitò Cina, Europa e Stati Uniti, passò un intero inverno in Egitto, protagonista dell’ambiente bohémien parigino Renée Vivien, al secolo Pauline Tam, fu una delle poetesse più raffinate e trasgressive tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. Visse nel lusso di un ambiente che l’ammirava per la qualità della poetica ma pagò per la sua omosessualità, della quale non fece mai mistero, con la messa al bando da parte della società borghese del tempo. Morì sommersa dai debiti a soli 32 anni – dopo essere sopravvissuta a un tentativo di suicidio per aver ingerito una dose eccessiva di laudano soltanto l’anno precedente – a causa di una pleurite trascurata e aggravata dai numerosi digiuni ai quali si sottoponeva.
Oggi la voce di questa donna eccentrica e formidabile torna a farsi sentire, e lo fa attraverso la penna dello scrittore Michele Caccamo che, con il libro: “Con le mani cariche di rose”, ci restituisce non soltanto la poetessa di grande fama ma la donna, in un diario intimo e sofferto.
Editore, poeta e scrittore, non è nuovo a questi temi: con “Il segno clinico di Alda”, (spettacolo teatrale con Luisella Pescatori e canzoni di Edoardo de Angelis), tratto dal libro “Dalla sua bocca – riscritture da undici appunti inediti di Alda Merini (coautrice Maria Grazia Calandrone) e la sua “Lettera tardiva a Mia Martini”, Michele Caccamo ha saputo parlare di grandi donne con la sensibilità e l’attenzione di un animo profondamente poetico.
Riconosciuto nel mondo della cultura araba come “Poeta della Fratellanza”, le sue opere sono state inoltre pubblicate in Egitto, Yemen, Indonesia, Siria, Palestina, Sud Asia, Russia, Cile, Argentina, Messico. I suoi sono libri di denuncia sociale; lo scrittore si fa portavoce del valore dell’integrazione e per questo, lo scorso 5 luglio a Gela, ha ricevuto il premio “La Gorgone d’Oro”.

Michele, le tue opere sono caratterizzate da una scrittura in prosa poetica; quali sono le qualità che più ti appartengono di questo genere letterario e da dove nasce il desiderio di utilizzarlo nei tuoi romanzi?
Io non mi riconosco in altra forma di scrittura o forse altra forma di scrittura non si riconosce in me. Quello che mi affascina della prosa poetica è questo continuo fluire di immagini e di pensiero. Il pensiero sceglie delle immagini e diventa corpo parola. È un lavoro fortemente creativo: deve fluire spontaneo, come la poesia, è un incontro tra l’universalità del linguaggio e una cifra melodica.
Oltre a essere Direttore della collana “Emersioni” (Gruppo Lit – Castelvecchi) di cui Pietro D’Amore è Editore, sei anche il fondatore de “Il Seme Bianco”, con lo stesso D’Amore e Luisella Pescatori. La vostra è una casa editrice non a pagamento per esordienti, attività che ti rende protagonista della scena editoriale moderna. Qual è il progetto di questa casa editrice e quale l’apporto che vuole dare al mondo dell’editoria?
Il progetto nasce dalla condivisione di un valore assoluto: mettere sul mercato libri con una precisa dignità letteraria. La difficoltà è quella di cercare eccellenze tra gli sconosciuti. Noi facciamo scouting e tutoring nella scrittura senza chiedere alcun contributo. Ciò che chiediamo ai nostri autori è la consapevolezza. Prima di tutto quella di mettersi in gioco, in discussione, chiediamo loro di capire quali sono i margini di miglioramento del loro testo e li supportiamo nel lavoro di editing, fornendo gli strumenti per ottimizzare la propria visione della scrittura creativa. E poi chiediamo rispetto verso il nostro lavoro che ripeto è a titolo gratuito, offrendo un’ampia e lucida visione del mercato editoriale.
Nell’ultimo libro “Con le mani cariche di rose” (Lit Edizioni, marzo 2019) racconti la vita della famosa poetessa Renée Vivien attraverso le sue emozioni e i suoi pensieri più intimi, quelli della donna, Pauline Tam, nei momenti significativi della sua vita: cosa ti ha colpito di questa storia e perché hai deciso di raccontarla?
Mi ha colpito la modernità del suo pensiero. Io sono un curioso, uno studioso del genere umano e sono sempre alla ricerca di personaggi passati, della storia, della letteratura, che abbiano in qualche modo affrontato con coraggio temi che ancora oggi ci dividono e che non sappiamo abilmente affrontare. Eppure, proprio dal passato ci giungono le risposte. È curioso che l’uomo non lo capisca o faccia finta di non capirlo.
Il libro è suddiviso in 37 capitoli brevi anticipati da altrettanti “Preludi”, piccole introduzioni che inquadrano il momento della storia, dove ti rivolgi direttamente alla protagonista con domande e considerazioni personali: qual è il loro ruolo nell’opera?
I Preludi sono una voce fondamentale dell’opera. Sono la legatura tra lo scorrere della storia e il procedere del pensiero. È un superpartes che alla fine si rivelerà essere un personaggio reale. Il più autentico e reale fra tutti.

Come gli atti introduttivi di una composizione musicale, poco alla volta i preludi svelano l’intera sinfonia, che si compie non con una morte ma con una esortazione alla vita: “Pauline, amabile essere, sei viva… Dormirai nella dolcezza delle viole, ma quel lungo sonno non avrà inizio stanotte. Ti amo, Pauline, o forse ti bramo. Ma non è questo l’atto finale”. (Preludio 37).
Una letteratura, quella di Michele Caccamo, che rende universale una storia personale e permette a tutti – ognuno a suo modo – di esserne toccati.
Michele Caccamo
“Con le mani cariche di rose”
Presentazione a cura del giornalista Alessio Brunialti
Sabato 13 luglio ore 18
Libreria Ubik Como
Piazza San Fedele, 32