Materia oscura e colore, la mostra di Claudio Granaroli da The Art Company
Ancora pochi giorni per visitare le due mostre contemporanee in corso allo spazio espositivo The Art Company Como in via Borgovico 163 (cortile interno) a Como. “Convergenze” di Silvia Cavalli Felci a cura di Roberto Borghi e “Materia oscura 2019” di Claudio Granaroli a cura di Vincenzo Guarracino. Le mostre sono aperte dal lunedì al venerdì dalle ore 15 alle ore 18.30 fino al 18 ottobre.
Abbiamo incontrato Claudio Granaroli, pittore dalla cromia accesa che si dipana in un articolato susseguirsi di segni frutto di una gestualità ampia e tuttavia molto controllata, è artista che ama i grandi formati. Le tele di grandi dimensioni sono il territorio della sua creatività ,ampi scenari in cui il dialogo tra colore e struttura compositiva trova equilibrio in un armonico disegno ed è a questa visione che si allineano le opere in mostra.
20 settembre – 18 ottobre
Materia oscura 2019 di Claudio Granaroli
a cura di Vincenzo Guarracino
The Art Company
via Borgovico 163 (cortile interno) – Como
Orari: dal lunedì al venerdì dalle ore 15 alle ore 18.30. Sabato su appuntamento
Ma chi è Claudio Granaroli? Nato a Milano nel 1939, vive a Bergamo. Si è diplomato in pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera, a Milano, presso la scuola di Pompeo Borra e Domenico Manfredi. Dipinge soprattutto opere informali su grande scala, praticando una pittura che ha un forte aspetto febbrile: prepara i telai e le cornici; dipinge su tela e su carta, che poi incolla su tela; va alla ricerca di carta preziosa: per lungo tempo ha utilizzato una carta prodotta a Pescia e destinata alla stampa all’acquaforte, poi una carta di cotone martellata, prodotta dalla Fabriano; e nell’ultimo decennio carta orientale di difficile reperimento. Girando con i suoi vecchi furgoni ha esposto in tutta Europa.
Al suo attivo oltre cinquanta mostre personali e più di centoventi collettive, soprattutto in Italia, Finlandia, Belgio, Norvegia e Francia. Negli anni ha collaborato con più di 500 tra artisti e poeti. Nel 1979 ha fondato la casa editrice “El Bagatt Bergamo” che ha diretto fino al 1996, pubblicando oltre centoventi titoli di poeti e artisti italiani e stranieri, Attualmente dirige per le “Edizioni d’arte Signum” una collana di plaquettes di poesia e arte. Si diceva prima che le sue sono storie di segni, “capricci” di linee e sintagmi cromatici governati da una furiosa ricerca della luce, dall’ansia della salvezza di un varco, imprigionati e costretti come sono nei muri spessi del labirinto di un’opprimente condizione esistenziale, lasciando solo a tratti affiorare lacerti e fantasmi di presenze, oggettuali o umane: è questo che nelle sue opere grafiche e pittoriche di un’ormai più che quarantennale attività creativa sembra aver scritto e continuato a scrivere per anni, da sempre, con consapevole determinazione e rigore, in campiture di colore di volta in volta calmo o inquieto, tempestoso ed espressionisticamente claustrofobico o rasserenante e liricamente composto.
Storie e fonemi di pittura, dunque, che parlano soltanto di se stesse, perfettamente autoreferenziali e incuranti per lo più di qualsivoglia obbligo realistico e mimetico, come dimostra anche l’estrema parsimonia di altre indicazioni che non siano quelle puramente tecniche (acrilici, acquarelli, oli): nei confronti di una realtà sempre più sfuggente e irrapresentabile, aggiungono piuttosto che svelare o spiegare, appagate dalla loro ascetica dedizione alla pratica del “fare”, a un’esperienza cioè dell’essere attraverso il gesto e la materica visibilità della traccia cromatica, nell’investimento della maestrìa del “mestiere” in una realtà nuova e imprevista. Microcosmi strutturali di un’assoluta necessità di espressione, vivono, opere siffatte, nel tempo della loro scrittura, come gesti e alfabeti (titolo, tra l’altro, di una recente serie molto suggestiva) interferiti da continue distrazioni e insorgenze emozionali, che impongono al segno sulla minima scena del quadro continue contrazioni o dilatazioni, in un movimento di diastole-sistole del pensiero (viene in mente un aforisma di Paul Valéry, “Pensare è perdere il filo”), provocando e non di rado esasperando il colore, quasi a voler riprodurre attraverso la studiata casualità delle loro dinamiche compositive l’evento di una nascita e l’affermarsi ed evolversi della stessa esistenza.
Ecco, a ben vedere, è proprio questo l’elemento dominante e unificante delle opere granaroliane, pur nel necessario cambiamento di situazioni e intenzioni, l’attenzione cioè al processo dell’apparire ed affermarsi dell’”immagine”, al lucreziano clinamen del suo nascere e accamparsi sulla superficie del supporto (tela, carta, legno), facendo sì che un’idea attraverso la tecnica diventi manifestazione sensibile di un’essenziale verità e cifra di una demiurgica accettazione delle intrinseche leggi della materia. È un dato, questo, che mi sembra particolarmente evidente soprattutto nelle opere degli anni più recenti, diciamo a partire dalla metà degli anni Novanta, nelle quali alla forza espressiva dell’opera contribuisce una regia sapiente di effetti, di linee-colori che ambiziosamente si intrecciano e completano in una sorta di de rerum natura (come sembrano suggerire gli acrilici della serie “pianeti”), col risultato di dar vita ad una dialettica tra finito e infinito di grande intensità e suggestione.
Vincenzo Guarracino