Il Piccolo Principe violato nelle foto di Gastel in mostra a Como

7 ottobre 2019 | 09:20
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Il Piccolo Principe violato nelle foto di Gastel in mostra a Como
Il Piccolo Principe violato nelle foto di Gastel in mostra a Como
Il Piccolo Principe violato nelle foto di Gastel in mostra a Como
Il Piccolo Principe violato nelle foto di Gastel in mostra a Como
Il Piccolo Principe violato nelle foto di Gastel in mostra a Como

di Sabina Sigon

“La mostra di Giovanni Gastel rappresenta tutte le comunità sparse per il territorio italiano, una mostra per far emergere ciò che tanti vorrebbero tenere celato e sepolto, per dare la possibilità di una voce a chi una voce non ha; i bambini spesso non possono parlare, e noi abbiamo il diritto e il dovere di supportarli e di essere solidali con loro”; comincia con le toccanti ma decise parole di Maria Cristina Brandini la conferenza stampa di sabato 5 ottobre al Broletto per il vernissage della mostra ‘Giovanni Gastel per il Piccolo Principe’ in cui erano presenti, oltre alla curatrice e al fotografo, il sindaco Mario Landriscina, l’assessore alla cultura Carola Gentilini, la fondatrice del Piccolo Principe Società Cooperativa Sociale Onlus Patrizia Corbo e il presidente dell’Associazione Casa Vincenziana Onlus Cosimo Andrea Vestuti.

“Un piacere per la città ospitare questo grande artista e la sua squadra”, dice il sindaco, “e se anche quest’anno Giovanni Gastel voleva andare a toccare le corde del cuore, c’è riuscito; su un tema che mi è molto caro per questioni personali, che mi ha visto coinvolto nella mia vita di medico, un tema che va trattato con grandissima attenzione, cautela, prudenza e grande amore”.

“Grazie alla dottoressa Brandini”, aggiunge l’assessore Carola Gentilini, “che con la sua vulcanica forza è riuscita anche questa volta a portare a compimento l’inaugurazione di questa importante mostra per la città, una mostra-denuncia che il comune ha voluto accogliere all’interno di questo bellissimo spazio espositivo, che coniuga l’arte di Giovanni Gastel a messaggi molto forti, messaggi importanti che toccano tutti noi”.

“La prima cosa che ho incontrato del Piccolo Principe è stato il meraviglioso sorriso di questa signora”, dice Giovanni Gastel; “mentre tutti si aspettano angoscia e dolore, il suo sorriso mi ha dato il senso di quella che era la sua operazione, che è restituire gioia, e non farsi intimorire da queste storie terribili, ma insieme ai ragazzi svilupparle perché generino nuova forza, equilibrio nuovo”. E, a proposito delle famiglie in difficoltà, Patrizia Corbo dice che si tratta spesso delle persone normali che affrontano la loro vita con tante difficoltà; quindi l’importante, per le comunità, è accogliere anche la storia delle famiglie, che non sempre hanno la responsabilità di tutto ciò che fanno; qualche volta dipende dai fatti della vita. Purtroppo in mezzo ci sono quei bambini meravigliosi che, in un dato momento, vengono allontanati dalla loro casa; noi li aiutiamo e li accompagniamo, in un secondo tempo, a riprendere la propria strada. Spesso ci riescono, qualche volta no.

giovanni gastel piccolo principe

Storie talmente terribili che non potevano essere scritte così per come venivano raccontate dai bambini ma che, grazie a Patrizia Corbo, sono state trasformate in linguaggio poetico. Una mostra che intercetta e racconta, attraverso una simbiosi di immagini e parole, le realtà di un’infanzia negata, capace di cogliere i fantasmi che passano attraverso le vite di tutti quei bambini che, nati con le carte in regola per un’esistenza felice, realtà drammatiche e degradate hanno costretto in prigioni di sofferenza e affetti negati. Una mostra nata, oltre che per parlare di loro, anche per dare testimonianza di come le comunità siano luoghi che si adoperano per cercare di restituire a questi nostri figli quello che era stato loro negato, comunità che hanno bisogno di persone che vogliano “sporcarsi le mani” entrando per aiutare, dice Patrizia Corbo con il tono di chi, nel proprio lavoro, mette un’enorme passione. Tutti, di fronte a queste fotografie, dovremmo sentirci coinvolti e parte in causa perché, se riusciamo ad andare oltre il nostro orticello, ci rendiamo conto che è dei nostri figli che stiamo parlando, e ne siamo tutti responsabili, aggiunge Cristina Brandini. Perché i bambini non dovrebbero mai provare cose come queste.

“Sono Lupo, ho otto anni. Mi aggiro guardingo e silenzioso per la casa. Comunico attraverso lo sguardo fiero e il silenzio eloquente. Sono un bambino restituito, non sono riuscito a realizzare il sogno della mia famiglia affidataria, che mi ha riportato in comunità. Del mio sogno si sono perse le tracce, nessuno lo cerca più. Forse in me c’è qualcosa che non va… o forse sono solo un lupo solitario”.

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