INCONTRI: Alessio Brunialti racconta (e non solo): De Andrè – 1°parte

di Sabrina Sigon
Incontro Alessio Brunialti Griffani, giornalista e critico del quotidiano La Provincia di Como, all’Officina della Musica di via Giulini 14, il locale che, ogni secondo mercoledì del mese, gli ha chiesto di organizzare una serata di musica e racconti su Fabrizio De André.
Da questa proposta sono nati undici appuntamenti nei quali seguire le tracce di un percorso di quarant’anni di attività artistica – quattordici album incisi in studio, molti singoli raccolti poi in antologie – durante i quali questo cantautore ha contribuito a rinnovare profondamente la musica italiana.
Ed è proprio partendo dalla mappa con cui ha organizzato gli incontri, che Alessio Brunialti comincia a raccontarmi: «In realtà non so se ci staremo, negli undici incontri; potrebbero avanzare tre o quattro album e, nel caso, li faremo nella stagione successiva» dice e poi aggiunge, a proposito della mappa: «Ti faccio una premessa: molti anni fa Marco Belcastro e Vittorio Liberti, due musicisti comaschi molto bravi, fecero un integrale di Fabrizio De André tutto di fila, che dalla prima all’ultima canzone durava più o meno otto/dieci ore senza interruzioni. Il periodo era quello precedente al disco Anime Salve. Forse ingenuamente, informarono De André della cosa, mandandogli una richiesta per sapere se era d’accordo. Al che De André rispose con un telegramma o un fax, non ricordo – ma che loro hanno conservato – in cui li ringraziava e diceva che erano dei pazzi. Questo tipo di serata, per il decennale della morte di De André, l’avevamo poi riproposta, sempre insieme a loro, per Parolario, e l’avevo chiamata: De André dalla N alla A (la prima canzone è Nuvole Barocche e l’ultimo è Smisurata preghierA); eravamo in Piazza Cavour, tutti pronti col sacco a pelo per fare nottata quando, a un certo punto, forse chiamata da qualche appartamento perché disturbavamo, arriva un’auto della polizia e ci fa smettere subito. La cosa divertente fu una signora, avrà avuto ottant’anni, che si arrabbiò moltissimo con i poliziotti accusandoli di aver rovinato “l’ultima cazzata che voleva fare in vita sua”. A quel punto ci trasferimmo tutti al Gloria e riprendemmo il concerto esattamente dal punto cui ci avevano interrotto; non dal brano, proprio dal punto della canzone. È stato molto divertente!»
Da dove è partita l’idea di questi incontri su De André?
Quest’anno è il ventennale della morte e il prossimo saranno gli ottant’anni della nascita. Se noti, in questo periodo stanno uscendo libri su De André a ciclo continuo; eravamo arrivati al centinaio ma lo abbiamo oltrepassato da un bel pezzo. Poi ogni anno, a gennaio, si fa un tributo a De André al cinema Gloria dove intervengono molte band; la riflessione che ho fatto è che su questo artista o si suona oppure si racconta ma, spesso, le due cose non si incontrano mai. Perché allora non fare tutto, dalla prima all’ultima canzone, raccontata e suonata. Cercando magari di dire cose non molto conosciute.
In effetti dare risalto a ciò che si conosce poco, di un artista, è proprio la caratteristica dei tuoi incontri.
Sai cos’è, di libri su di lui ne ho letti veramente tanti, mettendo tutto quanto insieme vengono fuori anche le cose particolari. Poi a me interessano molto, della musica, gli aspetti industriali; De André, come molti altri cantautori, era visto come un poeta, come se fosse una persona completamente slegata da quella che invece è l’industria produttiva. Lui ha iniziato con questa piccolissima casa discografica genovese, i suoi dischi hanno cominciato a circolare e, a un certo punto, circolavano talmente tanto che suo padre, che all’inizio avversava questa attività del figlio – a quel tempo quello del cantautore non era nemmeno considerato un mestiere – quando si è accorto che i dischi vendevano tanto e non gli stavano rendicontavano i diritti, ha fatto causa e si è preso un pezzo di casa discografica. Per molto tempo questa cosa non si è saputa, anche perché De André si è voluto costruire un’immagine di poeta maledetto. In realtà era il rampollo di una famiglia molto ricca – se De André non avesse lavorato di certo non sarebbe morto di fame – e lui stesso accennava appena al fatto che faceva qualche lavoro nella scuola di suo padre. Poi diverse persone hanno fatto delle ricerche per la sua biografia e hanno scoperto che lui dirigeva questi istituti e si prendeva uno stipendio per quel lavoro.
Lavoro di cui, in effetti si occupava.
Con il criterio di uno che poi, la sera, va in giro a suonare e torna all’alba ubriaco.
Ma quando è stata la svolta che lo ha portato a smettere con la scuola per dedicarsi completamente alla musica?
Quando Mina ha inciso La canzone di Marinella e, per un caso fortuito, il pezzo è finito su un 45 giri perché, all’ultimo momento, avevano dovuto sostituire un brano. Essendo un disco di Mina è andato primo in classifica. Per cui in un attimo l’assegno della Siae che gli dava quattro soldi è diventato quello che gli ha permesso di mollare il lavoro e dedicarsi alla musica.
Ne parlerai nel prossimo incontro?
Nel prossimo incontro, che è dedicato a Fabrizio De André volume 1 – un album di inediti che ha inciso nel ‘67, il primo disco pensato come tale e non soltanto una raccolta di brani – parlerò quindi del momento in cui la sua carriera artistica ha avuto la svolta determinante. Dal disco successivo, Tutti morimmo a stento, si inizia poi a definire maggiormente questa caratteristica di Concept Album – lui li chiamava Romanzi –. Disco seguito da La Buona Novella, Non al denaro non all’amore né al cielo e Storia di un impiegato.
Ci vuoi dare un anticipo anche di questi?
Si tratta di album completamente diversi fra loro. Il primo prende spunto da tutta una serie di poeti, François Villon innanzitutto, e la sua Ballata degli impiccati; e da Riccardo Mannerini, un poeta genovese diventato cieco perché, mentre lavorava sulle navi, gli era esplosa una caldaia in pieno volto; De André si era innamorato delle sue poesie, e le aveva in parte riversate dentro Tutti morimmo a stento, e in parte in un disco dei New Trolls dal titolo Senza orario e senza bandiera. Perché poi ci sono anche questi aspetti di De André che, inserito nel mondo discografico, venne chiamato dai New Trolls, che sono genovesi, a fare i testi del loro nuovo disco.
LaBuona Novella è un progetto che, se ci si pensa oggi, per l’epoca era pazzesco: prendere dei Vangeli Apocrifi e costruire questa storia alternativa di Maria, soprattutto, e poi di Gesù, non fu senz’altro una cosa semplice; ricordiamoci che erano i tempi di ‘Forza venite gente’ e di ‘Aggiungi un posto a tavola’.
Non al denaro non all’amore né al cielo è tratto dall’Antologia di Spoon River, dramma di Edgar Lee Master, poeta americano scoperto da Fernanda Pivano durante la guerra e tradotto su impulso di Cesare Pavese, nella quale ogni poesia racconta, in forma di epitaffio, la vita dei residenti di Spoon River sepolti nel cimitero locale. La Pivano rimase estasiata nel conoscere un cantautore che invece di cantare: “Io ti amo, tu mi ami” – cose che si facevano all’epoca – non solo scriveva dei bei testi ma andò a prendersi questa antologia composta da epigrammi di morti, per i suoi pezzi. Cantare cose di gente che, per esempio, ti dice. “Sì, io ero, poi sono andato”.
Storia di un impiegato è l’album dedicato al ’68 realizzato nel ’74; un’analisi di quel periodo compiuta a posteriori, forse il disco più autobiografico di De André che, a un certo punto, dice: “…e io contavo i denti ai francobolli” (La bomba in testa); infatti mentre nel ’68 gli altri facevano i rivoluzionari, lui aveva già ventotto anni ed era impiegato nella scuola di suo padre, per cui non era parte di questa rivoluzione. Era, inoltre, un anarchico e non si riconosceva nelle istanze né della desta, né della sinistra.
«Insomma, mi sembrava interessante e divertente raccontare un po’ tutte queste spigolature che ci sono a margine nella storia di De André», dice Alessio con cui, in occasione del prossimo incontro, approfondiremo la parte che riguarda le innovazioni che questo artista ha apportato nella musica italiana di quegli anni.

Intanto l’appuntamento “Alessio Brunialti racconta (e non solo): De André” – take 2 – è per domani, mercoledì 9 ottobre ore 21.00.
A L’Officina della Musica di Como, via Giulini, 14.
Ingresso:
euro 10 (soci).
euro 14 (non soci).
possibilità di cenare con servizio al tavolo
dalle 19.30 alle 21.00.
Servizio bar sempre disponibile.
Info e prenotazioni:
3492803945
