Alla corte di Haydn

10 novembre 2019 | 12:11
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«Qualche mese fa ho provato una delle emozioni più belle della mia carriera quando, alla fine di un concerto, una signora è venuta da me ringraziandomi tanto; si era emozionata e commossa – aveva pianto per tutto il concerto – e io quella sera ero molto felice perché ho pensato “Dai, per una sera ho suonato bene!”. In realtà non era neanche così, ma questa signora dopo pochi giorni ha scoperto che era incinta di una bambina, e ha deciso di chiamarla Clara in onore di Clara Schumann e delle emozioni che aveva provato. Ora sono passati un po’ di mesi e Clara arriverà fra qualche giorno e potete capire la mia gioia nell’augurarle che il mondo possa essere un posto meraviglioso per lei e che la passione, l’amore e la forza che furono così presenti nella vita di Clara possano esserlo anche nella sua».

alla corte di haydn

Così racconta la brava pianista Noemi Serrano a metà del concerto sinfonico “Alla corte di Haydn” di sabato 9 novembre 2019; Ouverture da “L’isola disabitata”, Concerto per pianoforte e Orchestra in re maggiore e Sinfonia n. 45 in fa diesis minore (“Sinfonia degli addii”).

Padre della sinfonia e del quartetto d’archi, Franz Joseph Haydn, figlio di un carradore che nel tempo libero suonava l’arpa e cantava, del padre segue la passione per la musica e, già a sei anni, comincia a suonare clavicembalo e violino. Una tradizione, questa, che vede un inizio precoce in molti grandi della musica, tradizione alla quale non si sottraggono nemmeno la pianista Noemi Serraneo, che ha cominciato la sua formazione musicale all’età di cinque anni, e il direttore d’orchestra Stefano Nigro, che ha cominciato all’età di sette.

Una bella carriera per entrambi, a partire dagli studi in conservatorio, la Serraneo a Siviglia e Madrid mentre Stefano Nigro al Giuseppe Verdi di Como, e proseguita con molteplici attività nel panorama musicale nazionale e internazionale attraverso masterclass e concerti. Noemi Serraneo, oltre agli impegni artistici, ha affiancato negli ultimi anni un’intensa attività didattica a Como e, dal 2018, ha fondato il festival “Settembre Classico”, che si svolge con scadenza annuale dallo scorso settembre 2019 a Villa Imbonati (San Fermo della Battaglia), e che ha il pregio di ospitare molti artisti rinomati; festival a cui collabora anche il direttore Stefano Nigro che, nei primi mesi del 2020 presenterà, sempre insieme a Noemi, il programma “Mozart a Salisburgo”.

Due giovani protagonisti del panorama musicale contemporaneo brillanti e promettenti ieri hanno dato prova del loro entusiasmo attraverso l’esecuzione di un concerto impegnativo che ha visto l’orchestra al centro della sala, un pubblico attento e partecipe, la passione per un’opera che – con il suo alternarsi di momenti epici a sinfonie delicate – permette quel gioco di contrasti di cui la musica, come la letteratura, si nutre.

Una sinfonia, quella degli “Addii” di Haydn, così sorprendente e dall’impatto particolare – tonalità in fa diesis minore – non passò inosservata in quel 1772 alla corte del Principe Nikolaus Esterhàzy a Fertod, in Ungheria.

Nacque come musica che voleva trasmettere un disagio, quello dei musicisti lontani dalle loro famiglie perché, in quella corte, non c’era posto per loro. E, a detta dei critici, lo fece benissimo, attraverso l’intonazione poco sicura del minuetto in fa diesis, i violini che a tratti singhiozzano a tratti suonano pezzi più distesi, insieme alla bassa melodia del fagotto.

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Ma il vero colpo di scena è il finale che, ieri nella Sala Bianca del Teatro Sociale di Como, è stato riproposto così come era stato pensato dal suo compositore: dopo un momento intenso e veloce comincia un “Adagio” in cui i musicisti, uno a uno a partire dai fiati, spengono la candela accesa di fianco allo spartito e si congedano uscendo dalla sala, svuotando pian piano lo spazio e la musica; alla fine restano solo i due violini, quasi al buio; è il primo violino che si assume l’incarico di portare fuori dalla sala anche il direttore Stefano Nigro: un momento divertente che, per la legge dei contrasti che ha governato l’opera, viene subito seguito da un momento intenso ed emozionante. Il suono delle ultime note, lo spegnersi dell’ultima candela, il buio nella sala e un’ultima parola non pronunciata ma ben udibile da tutti: “Addio”.

Un concerto che ha proposto Haydn attraverso una forma spontanea, immediata, di quelle che arrivano al cuore.

Sabrina Sigon