Lario e dintorni, cinque leggende da conoscere

10 luglio 2020 | 09:56
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Lario e dintorni, cinque leggende da conoscere

Dai fantasmi illustri al Santo Graal, cinque misteriose leggende nate sulle sponde del Lario da conoscere, recuperare e tramandare

Il Lario, luogo incantato, ricco di fascino e storia, cultura e paesaggi indimenticabili. Tra i racconti legati al passato del nostro territorio si rincorrono leggende antiche, trasmesse da una ricca e preziosa tradizione orale che si perde nella notte dei tempi, miti curiosi e interessanti che, ancora oggi, diffondono un alone di verità e mistero. CiaoComo ve ne presenta cinque, scelte tra le narrazioni di altre epoche che hanno lasciato una traccia nella memoria collettiva e nella fantasia di grandi e piccini.

Moltrasio

La bellaGhita scampata alla morte

Un giorno Ghita, una bella ragazza di Moltrasio, fece tardi dopo essere andata in visita da alcuni suoi parenti a Cernobbio. Sulla via del ritorno si imbattè in un contrabbandiere svizzero “con un ghigno da demonio”, che iniziò ad importunarla, con l’intenzione di rapirla. Ghita, lesta più di lui, spiccò un salto nel burrone e il malintenzionato, prima di poterla afferrare, cadde giù con lei. Ghita si salvò perché i suoi vestiti si impigliarono tra i rovi e la trattennero, mentre il cattivo precipitò. Da quella sera, quando il tempo è burrascoso, si vede un fuoco nel punto esatto in cui cadde il contrabbandiere: che sia il suo spirito ad ardere, oppure è il demonio condannato qui a far penitenza?

Valsassina

I fratelli eremiti della Valsassina

Questo suggestivo mito risale all’Alto Medioevo e racconta la storia di otto fratelli, molto legati fra loro, che vivevano in Valsassina. Quando uno di loro morì tragicamente per un atto di derisione e poca fede in Dio, gli altri sette fratelli, colpiti dalla tragedia, decisero di diventare eremiti, e scelsero la loro dimora in luoghi solitari sui monti circostanti. I tempietti costruiti in questi luoghi presero il nome dell’eremita che vi si era stabilito: San Sfirio, il più anziano dei sette fratelli, scelse la vetta del Legnoncino a quota 1714 metri, San Calimero andò sopra Pasturo, Sant’Ulderico sulle pendici settentrionali del monte Muggio a quota 1392 metri, San Grato in Val Muggisca, San Fedele in un bosco poco lontano da Casargo e San Defendente nella zona fra Esino Lario e Perledo. Solamente l’unica sorella, Santa Margherita, si fermò in un luogo pianeggiante della valle, per recarsi a visitare ciascuno dei fratelli nelle rispettive località. Dai singoli eremi i santi erano in grado di comunicare accendendo dei falò: tutte le notti bruciavano arbusti per proteggere gli abitanti delle valli e per salutarsi tra loro, come forma di preghiera e buon auspicio e per chiedere grazia e perdono.

Generico giugno 2020

I misteri raccapriccianti di Fiumelatte

La leggenda narra che una bellissima fanciulla dagli occhi azzurri e dai capelli biondi, non potendo scegliere tra tre pretendenti che la chiedevano in moglie, annunciò che avrebbe sposato colui che avesse rivelato l’origine del Fiumelatte. I tre giovani, seppur con riluttanza, entrarono nella grotta buia e umida, dove rimasero per  diversi giorni. Quando ne uscirono, sembrarono invecchiati di mille e mille anni: gli occhi spiritati, i capelli bianchi e radi, la bocca contorta in una smorfia di terrore, sembrava avessero guardato negli occhi il diavolo. I primi due raccontarono di meravigliose avventure tra sfarzi, scenari incantevoli, splendide fanciulle e dolci melodie che cessarono di colpo lasciandoli soli e vecchi a vagare nelle anguste cavità della grotta. Il terzo, più volte interrogato, rimase sempre muto, forse paralizzato da qualche particolare visione. Nessuno poté sapere cosa fosse successo veramente all’interno della grotta della sorgente poiché i tre giovani, trascorsi tre giorni dal loro ritorno, morirono senza riacquistare la ragione. Da allora, nessuno ha più avuto il coraggio di entrare nella grotta.

villa pliniana lago di como

I lamenti del Fantasma del Farnese 

Pierluigi Farnese, Duca di Piacenza, fu assassinato il 10 settembre 1547 nella sala del suo palazzo, subito dopo pranzo, per mano di un gruppo di congiurati, guidato dall’aristocratico piacentino Giovanni Anguissola. Negli anni successivi, sentendosi perseguitato a causa dell’assassinio, Anguissola giunse a Como, dove divenne governatore e, nel 1573, edificò una villa – fortezza fuori città,Villa Pliniana a Torno. Qui, però, non riuscì mai a liberarsi del fantasma del Farnese, che durante la notte si presentava al portoncino a lago lanciando lo stesso urlo emesso mentre i congiurati lo trafiggevano con i pugnali. L’incubo perseguitò il conte a lungo, finché una notte, non appena il fantasma si presentò, l’Anguissola tentò di catturarlo, ma scivolò nell’abisso delle acque, dalle quali pare non sia mai più risalito.

isola comacina

Che fine ha fatto il Santo Graal?

Anticamente, l’Isola Comacina si chiamava Cristopoli, la città di Cristo. La leggenda racconta che il Santo Graal, la coppa con la quale Gesù celebrò l’Ultima Cena e nella quale Giuseppe d’Arimatea raccolse il sangue di Cristo dopo la sua crocifissione, abbia trovato un temporaneo rifugio proprio sull’isola, dal 589 al 603 d. C., adorato in una cappella appositamente eretta per la reliquia. In seguito, a causa dell’invasione del comasco di truppe straniere, il priore dell’abbazia dell’Isola Comacina decise di trasportare il Santo Graal allontanandolo da questi luoghi e fece vela, con tutta probabilità, verso Varenna. Da qui, poi, decise di salire fino a raggiungere la Val Codera, dove il Santo Graal fu nascosto nei pressi del Sas Caralsc’, uno dei luoghi più suggestivi e panoramici della valle. Quando i frati, su ordine del Papa, tornarono per recuperarlo, trovarono al suo posto una distesa di massi. Una frana aveva reso irriconoscibile il paesaggio e introvabile il Santo Graal. Pare che la preziosa coppa sia ancora dispersa in quella zona.

Alessia Roversi