Lario e dintorni, cinque amori proibiti nelle ville del lago

Quanti amori nati sul lago di Como, ne raccontiamo cinque e le cinque ville che li hanno ospitati
Il lago di Como nei secoli scorsi ha visto nascere molte storie d’amore, anche amori clandestini che hanno alimentato il pettegolezzo della società dell’epoca. Teatro di queste tresche amorose, le ville patrizie spesso frequentate da personaggi illustri. Con l’aiuto di Rita Annunziata, Presidente di Mondo Turistico – Associazione di Guide del Lago di Como (339 4163108 www.guidelagodicomo.it), ne raccontiamo cinque che vi faranno venire la voglia di visitare, ove è possibile, i luoghi dove queste storie si sono consumate.

I successi di Vincenzo Bellini, grande compositore di inizio 800, cominciarono quando, ancora molto giovane, venne in una Milano che nel 1827 lo accolse con stima e ammirazione nei suoi salotti mondani. Qui la sua musica, un singolare connubio fra classicità e romanticismo, ebbe successo e permise all’artista di entrare in contatto con molte persone in vista del periodo. Fra queste conobbe Ferdinando Turina, marito di Giuditta Cantù, donna con la quale intrecciò una passionale storia d’amore che proseguì sul lago di Como, nella suggestiva Villa Passalacqua di Moltrasio. Un imponente e sobrio edificio a tre piani preceduto da un ampio parco con terrazze degradanti verso la riva; nella vicina villa Salterio, dimora affittata da Ferdinando Turina e dalla moglie Giuditta – luogo nel quale quest’ultima soggiornò spesso, in quegli anni, per portare avanti lontano da occhi indiscreti la sua relazione con Bellini – c’è all’esterno un’epigrafe che ricorda la presenza del Maestro in quei luoghi: Nella quiete ospitale / Di questo ameno soggiorno / Vincenzo Bellini / Venne ad ispirarsi. – Qui scrisse / La “Straniera” / E da qui trasse le estasianti melodie / Della “Sonnambula” / Perché ai posteri sia memoria del fatto. Un’altra Giuditta vi era comunque ad attenderlo, sull’altra sponda del lago, dalla parte di Blevio: Giuditta Pasta. Grazie al sodalizio con questa interprete Bellini compose le arie più celebri de La Sonnambula, opera seria in due atti, che racconta dell’amore frainteso, e di quella fedeltà che spesso viene messa in discussione dalle apparenze.

Villa Passalacqua (Via Besana 59 Moltrasio), costruita alla del XVIII secolo della famiglia Odescalchi e contiene molti tesori architettonici e artistici come lo scalone monumentale decorato da un bronzo di Auguste Rodin e le decorazioni e affreschi di Giocondo Albertolli. Il parco all’italiana che circonda la villa fu costruito a terrazze digradanti verso il lago collegate fra loro mediante scaloni in pietra impreziositi da statue e grandi vasi. La villa è sempre stata una residenza privata, nel 2018 è stata acquistata dall’imprenditore comasco Paolo De Santis.

Carlo Imbonati, nobiluomo italiano, membro di una ricchissima famiglia aristocratica, nel 1790 conosce a Milano Giulia Beccaria, madre di Alessandro Manzoni; la donna era già in crisi con il marito, Pietro Manzoni, dal quale ottenne la separazione per andare a vivere con Carlo fino all’anno della sua morte. Alessandro Manzoni gli si affezionò al punto che, nel 1805, scrisse in suo onore il carme: In morte di Carlo Imbonati, in cui descrive i momenti di un dialogo notturno immaginario con Imbonati stesso, nel quale l’uomo gli parla di sentir e meditar continuando a essere, anche da defunto, una figura fondamentale della sua vita. E fu proprio Villa Imbonati – Località Cavallasca-San Fermo della Battaglia, una villa dallo stile neoclassico completamente affrescata tanto da essersi guadagnata la definizione di “Villa Illustrata” – uno dei luoghi in cui probabilmente soggiornò anche il Manzoni. Carlo imbonati fu, inoltre, precettore di Giuseppe Parini che, in occasione del suo compleanno nel 1764, gli dedicò l’ode L’educazione.

Villa Imbonati (Via Imbonati, 1 San Fermo della Battaglia, località Cavallasca), venne costruita tra il 1656 e 1657 da Carlo Antonio Imbonati, ricco uomo d’affari, per le sue nozze con la comasca Giulia Odescalchi, cugina del futuro Papa Innocenzo XI. Lo stile delle sale e dei dipinti murari rispecchia il gusto Barocco, Rococò, Neoclassico delle varie epoche. Al suo interno conserva pregevoli dipinti ed affreschi con scene bibliche, un pavimento di piccole pietre e una fontana con Tritone. All’esterno è circondata da uno dei parchi annoverati nell’elenco di quelli più belli d’Italia La villa divenne anche sede di un cenacolo letterario, ospitò infatti Pietro Verri, Cesare Beccaria oltre ai già citati Parini e Manzoni, anche quando proprietaria divenne la famiglia Butti, gli ospiti illustri continuarono a frequentarla, come Luigi Pirandello che vi soggiornò più volte. Oggi villa Imbonati è di proprietà del Comune di San Fermo/Cavallasca e ospita, oltre alla biblioteca, il Consorzio di Gestione del Parco Spina Verde. La villa è aperta tutto l’anno negli orari di apertura della biblioteca che organizza anche visite per gruppi tel. 031 210455

Fu proprio a Villa Celesia, splendida residenza situata nella zona detta “del Grumello” e affacciata sul lago di Como, che sbocciò l’amore fra la contessina Francesca Giovio e il poeta Ugo Foscolo che, per lei, compose alcuni dei versi più belli de Le Grazie. Detta in origine “Castellazzo”, la dimora ebbe tra i suoi proprietari anche il cardinale Benedetto Odescalchi, dal 1676 Papa Innocenzo XI. Nel 1775 la villa passò di proprietà alla famiglia Giovio. Il conte Giovan Battista, come il suo più celebre antenato l’umanista Paolo, fu un raffinato intellettuale e amava raccogliere attorno a sé l’élite culturale dell’epoca. Qui Giovan Battista invitò, nel 1809, l’amico Ugo Foscolo (1778-1827), ricordato ancora oggi da un busto in marmo del parco. Per i tentennamenti di Foscolo e l’ostilità dei Giovio, l’amore non ebbe un lieto fine e la giovane Francesca finì per sposare un ufficiale francese. Dai Giovio la villa passò poi alla famiglia Celesia, che la ristrutturò sontuosamente nelle attuali forme.

Villa Celesia è più conosciuta come Villa del Grumello (Via per Cernobbio, 1 www.villadelgrumello.it), in alcuni documenti risalenti al XV secolo la villa viene citata con il nome di Castellazzo, un edificio a due piani contornato da una vigna e da un frutteto. La villa fu ricostruita nella seconda metà del XVI secolo per volere del banchiere milanese Tommaso D’Adda e divenne una delle prime residenze estive sulle sponde del lago di Como. Nel corso dei secoli furono diversi i proprietari che si susseguirono in questa villa e venne più volte sottoposta a interventi di restauro: nel XVII secolo fu restaurata da Pellegrino Tibaldi, mentre alla fine del XVIII secolo l’incarico della sistemazione della facciata fu affidato a Simone Cantoni, il quale fu anche il progettista delle due ali laterali della villa. Tra il XVIII e il XIX secolo furono realizzate anche la portineria e le scuderie. Nel 1870 fu la volta di un nuovo restauro, ad opera dell’architetto Nessi che fece innalzare il corpo centrale di un piano. Nello stesso periodo fu inserita nel parco una piccola serra affacciata su un laghetto. Nel 1954 la contessa Giulia Celesia Cays donò la villa e il parco all’Ospedale Sant’Anna e la villa assunse così la funzione di casa di riposo. Successivamente, dal 1970 al 2000, ospitò l’ufficio stile delle seterie Ratti. Nel 2006 fu istituita l’Associazione Villa del Grumello e venne avviato il restauro della villa che divenne così sede di iniziative culturali e scientifiche e di un piccolo ostello. La villa e il parco fanno parte del Chilometro della Conoscenza aperto gratuitamente.

Anche lo scrittore Ippolito Nievo che, come disse Claudio Magris, “Ha saputo fare romanzo della storia contemporanea e Le Confessioni non sono certo inferiori ai Promessi Sposi” ha dei legami con il lago di Como. Infatti fu proprio a Bellagio che, dopo un periodo di rapporto platonico, sbocciò l’amore fra lo scrittore e Beatrice Melzi d’Eril (detta Bice), contessa di Magenta e moglie di Carlo Gobio, cugino dello stesso Ippolito. Beatrice, però, non considerò mai l’idea di divorziare dal marito e, a un certo punto, fu quindi Nievo a dire addio a questa “bella, pallida e quieta” fanciulla. Ad attenderlo i Cacciatori delle Alpi e la Spedizione dei Mille, spedizione da cui non sarebbe mai tornato. Sei anni dopo la scomparsa nelle profondità del Mar Tirreno, la casa editrice Le Monnier diede alle stampe il romanzo che avrebbe ricordato per sempre lo scrittore Padovano: “Le confessioni di un italiano”, la cui prima pubblicazione porta il titolo: “Confessioni di un ottuagenario”; un testo che parla di politica e guerra ma il cui fil rouge è, appunto, una storia d’amore.

Villa Melzi d’Eril a Bellagio (Via Melzi D’Eril, 6 www.giardinidivillamelzi.it), è un ampio complesso costituito, oltre che dalla villa anche dalla cappella, nell’estremità sudoccidentale della proprietà, dove sono conservate le spoglie della famiglia Melzi; dai giardini, che si estendono per 800 m lungo la costa del lago tra il Borgo di Bellagio e la frazione Loppia; dall’aranciera, posta a nord-est della villa, oggi adibita a museo; dalla collina-pineta (che si estende per vari ettari verso la frazione di Aureggio), in origine contigua ai giardini, poi separata dalla strada comunale costruita in seguito. La realizzazione di un tale giardino implicò notevoli interventi sulla conformazione del terreno e la realizzazione di imponenti muri di sostegno. In una simile ambientazione, impreziosita da monumenti, cimeli (tra cui una gondola veneziana trasportata a Bellagio per volere di Napoleone e due preziose antiche statue egizie), rare piante esotiche, alberi secolari, siepi di camelie, boschi di azalee e rododendri giganti, villa, cappella e serra, costituiscono uno straordinario insieme in cui lo stile neoclassico tocca una delle sue vette più alte. E’ possibile visitare il giardino dal lunedì al venerdì h. 12.00 – 18.30, sabato e domenica h. 10,30 – 18,30. Biglietto 6.50 euro, possibilità di varie experience artistiche.

Tecnica “trascendentale”, mani “da fenomeno” che volavano sulla tastiera e che sono arrivate fin qui, sul lago di Como. FranzLiszt soggiornò a Bellagio all’albergo Genazzini, oggi Metropole, in un periodo che lo vide dividersi, per circa sei mesi, fra Como e Milano. Geniale musicista ungherese, si legò per qualche stagione a questi luoghi quando, all’età di soli 26 anni, arrivò sul lago, attirato dalla straordinaria bellezza dei paesaggi lariani. Fu, per lui, il periodo di una fervida stagione musicale, ma non solo: l’amore per la colta e affascinante scrittrice tedesca Marie de Flavigny, sposata al conte d’Agoult, di sei anni più grande di lui, lo rese, come disse lui stesso, estremamente felice. “Non conosco luogo più manifestamente benedetto dal cielo; non ne ho mai visto un altro in cui gli incanti di una vita d’amore possano apparire più naturali”. La vigilia di Natale, all’Albergo dell’Angelo di Como, nacque la loro figlia, Francesca Gaetana Cosima Liszt, secondogenita dei tre figli che ebbe la coppia.
Pochi giorni dopo la nascita e il battesimo della figlia Cosima – futura moglie del compositore Richard Wagner – il 29 dicembre 1837 Liszt suonò al Teatro Sociale di Como, in un’accademia a favore della locale Casa di Riposo. Il programma della serata, che comprendeva anche improvvisazioni richieste estemporaneamente dagli spettatori, raggiunse il culmine con l’interpretazione della “Serenata. L’orgia fantastica” che lasciò estasiati gli ascoltatori. Grande era l’ammirazione che Liszt nutriva per l’Italia: “Il bello in questo privilegiato Paese – scrisse in una lettera a Hector Berlioz – mi appariva sotto le sue forme più pure e sublimi. L’arte si mostrava ai miei occhi in tutto il suo splendore; si rivelava a me nella sua universalità e nella sua unità”. Alcune testimonianze manoscritte documentano anche il soggiorno lariano del compositore ungherese. “Quando scriverete la storia di due amanti felici, scegliete come ambiente le rive del Lago di Como”, annotava nel settembre del 1837. “La freschezza delle acque tempera l’ardore del sole; a giorni splendidi succedono notti voluttuose”.

Il Metropole è un’elegante costruzione monolitica affacciata sul lago a caratterizzare da oltre due secoli il panorama di Bellagio. Ma può vantare un altro primato, quello di essere il più antico albergo del paese. Recenti ricerche d’archivio hanno rivelato un’interessante storia. Un’antica mappa catastale del 1721 rappresenta con grande perizia grafica, il borgo che allora avanzava con le abitazioni e i sottostanti portici direttamente sul lago. Il primo edificio, addossato alla porta sud del paese è l’osteria di probabile origine medioevale. La casa ad uso osteria con alloggio a fine ‘700 passa di proprietà ad Abbondio Genazzini e con lui parte la storia dell’albergo che porterà per quasi due secoli il suo nome, pur nei successivi cambiamenti di proprietà. Solo a metà del secolo scorso il Genazzini Metropole accorcia il nome in Metropole anche se sul frontone campeggia ancora la denominazione completa.
Eccolo, quindi, il nostro lago: fra le ottave e gli accordi di quella musica sublime acclamata da tutta Europa c’è anche l’ombra dei platani di Villa Melzi, l’aria fresca del mattino di Punta Spartivento e i tramonti, che scendono per le lunghe scalinate e conducono gli amanti alla notte.
di Sabrina Sigon in collaborazione con Rita Annunziata di Mondo Turistico