“Tutte queste storie contengono talento e passione – mi racconta Paola Peverelli prima di cominciare l’intervista – l’entusiasmo di mettere tutto te stesso nel coltivare quel talento che hai ricevuto, aprirti alla relazione con gli altri e questo talento che tu costruisci e infiammi con la passione, nella relazione diventa una missione, quando scopri che la realizzazione e il compimento della tua vita è mettere la tua passione a disposizione degli altri”.
Paola Peverelli è educatrice d’infanzia e insegnante di etica per operatori socio-sanitari a Como, città in cui è nata e vive. Ha conseguito, dopo la maturità classica e il diploma in Infermieristica, la laurea in Filosofia con specializzazione in Psicopedagogia. Ha concluso, inoltre, il Corso di Pastorale della Salute presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose a Milano, con una tesi in bioetica. Ha pubblicato con la casa editrice New PressArcobaleno di filastrocche (2008), tutto iniziò… con “do do” (2010) e Sto al balcone e guardo (2019). Oggi presenta il suo ultimo libro Come il ramo del mandorlo – ed. New Press.
Nell’intervista Paola comincia a raccontare come è nata l’idea della copertina, sulla quale è disegnato, in un bellissimo acquarello di Lucia Borgesi, il ramo del fiore del mandorlo; tutto è cominciato con la lettura del Profeta Geremia che, con questa immagine che le è arrivata dritta al cuore, le ha rivelato come questo fiore potesse diventare metafora dei contenuti del suo libro. “Il mandorlo è un albero che fiorisce quando ancora è inverno”, racconta Paola, “quindi la sua fioritura diventa simbolo di coraggio e speranza, un aprirsi alla vita e alla luce del paesaggio”.
L’esperienza da cui nasce questo libro è il corso di etica per gli operatori socio-sanitari di Como, un gruppo di studenti che provengono da ogni parte del mondo, con culture e gradi di scolarizzazione diversi: accanto al quarantenne italiano laureato c’è il giovane africano che fatica a comprendere la lingua del nostro paese, e l’idea che c’è alla base del corso è quella di aiutare proprio chi arriva dalle esperienze più disparate a orientarsi attraverso la consapevolezza di quei principi e punti di riferimento che possano fungere da faro nelle vite di ognuno. La sera in cui, per una serie di eventi, in classe ci sono soltanto 13 donne, Paola decide di cominciare la lezione prendendo spunto da un fatto di cronaca che aveva per protagonista una giovane ragazza olandese, distrutta da un lungo periodo di sofferenza interiore a causa di episodi drammatici della sua vita. Dopo aver appreso la notizia e ascoltato le prime riflessioni della Prof., però, accade qualcosa che coglie Paola di sorpresa. Accade che alcune di queste donne cominciano a raccontare la loro, di vita, insieme alle sofferenze, alle privazioni e, talvolta, agli ausi che anch’esse hanno subito.
Ecco quindi uno dei compiti più difficili ai quali viene chiamata l’insegnante, quello di coniugare le nozioni teoriche con le vite di chi ti ascolta; il passaggio dalla nozione alla contaminazione dell’esperienza, che deve diventare un momento di restituzione, creando così quel moto circolare che va dalla parola all’ascolto e nella risposta comprende quello che porta, nel discorso, anche l’interlocutore. La gestione della cattedra, non più gradino dove salire ma luogo dal quale scendere, per arrivare ed essere raggiunto. E il libro diventa uno spazio per raccontare di queste donne, quella di Maria “Io sono un portafoglio che cammina” e quello di Ilina, che chiede a Paola “Mezz’ora di tempo”. L’importanza di essere riconosciuti, Cronos il tempo che sfugge e Kairòs, il tempo significativo, il senso della vita nella ricerca del nostro dono, ritornare sui propri passi per ripetere e tracciare nuovi cammini.
Ecco che le citazioni di Picasso, Saramago, Kant fanno di questo libro un’esperienza che può comprendere vari livelli di lettura; non ultimo quello della Fede che, attraverso la descrizione della conversione della scrittrice, illumina e fa riflettere. Poi Abraham Maslow, lo psicologo americano conosciuto specialmente per la sua “Piramide”, una scala di bisogni che comprende quelli fisiologici, che stanno alla base, e quelli di sicurezza e appartenenza.
“Cosa significa insegnare?”, chiede Paola che, ai suoi alunni, insegna anche l’etimologia delle parole. Dal latino insignare, vuol dire “incidere”, “imprimere dei segni”.
E questo bel libro, di segni, ne lascia davvero molti.

Ecco le prossime presentazioni, eventi a ingresso libero:
28 agosto alle 17.30 Oratorio di Breccia, con Don Rossano Quercini Parroco di Breccia e Francesca Consonni, educatrice pedagogica e filosofa che ha scritto la postfazione del libro.
12 settembre alle 16.00 Biblioteca Villa Somaini o Auditorium di San Fermo della Battaglia, con Don TeresioBarbaro, Parroco di Cavallasca, e Francesca Consonni.
Sabrina Sigon