Missoltino, il re indiscusso delle tipicità comasche
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di Andrea Zappa
Mi raccontava mio padre che da bambino, a scuola, quando cantavano in coro la canzone il cui ritornello è “ wonderful Como, la regina del Lario sei tu ..” (cit. Reddy Bobbio, Wonderful Como), i compagni provenienti da alcune delle tante splendide località che costeggiano il nostro Lago … facevano pernacchie e versacci di nascosto dalla maestra di musica
Invero, al di là dei campanilismi sulla regale consorte (ce ne sono veramente tante possibili su ogni sponda), su una cosa si è tutti d’accordo: l’indiscusso re del Lario è il Missoltino, nei dialetti lariani missultìtt o missultén .
Celebrato anche da Davide Van De Sfross, il noto cantastorie di Lenno, in una delle sue tante ballate “ Pulénta e missultén, buteglia dissanguada… ” , il missoltino, per la sua storia, tradizione e sapore è così unico da avere ottenuto anche l’ambito riconoscimento di presidio Slowfood.
Il missoltino per i lariani è molto più che un piatto tipico, da servirsi con la polenta, rigorosamente grigliata, è un vero e proprio simbolo, presente nelle offerte di ogni ristorante o trattoria tipica del lago e – fra le altre – utilizzato come noto brand di abbigliamento, Misultin Zone, oltre che menzionato nel saluto alla squadra avversaria dalla Como Nuoto di pallanuoto.
Come ogni simbolo che si rispetti, anche per il missoltino esiste un alone di mistero sulla etimologia del nome: c’è chi afferma che derivi da misolta , contenitore in legno in cui gli agoni venivano conservati in una fase della lavorazione, mentre per altri – più romantici – il nome deriverebbe dai consigli dati ai pescatori lariani nel settecento da una nobile signora scandinava, Miss Oldin, sulle pratiche di essiccazione del pescato tipiche dei mari del Nord, in grado di resistere alle temperature più rigide. Gradito il consiglio, i lariani fecero omaggio alla dama chiamando la conserva missoltino, in assonanza con il di lei nome.
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Secondo Simone, un pescatore della Tremezzina, non esistono leggende, ma solo tre parole, sal, sol e sass (sale sole e sassi). Tre ingredienti necessari insieme all’aria per l’essiccazione del pesce, che nei mesi di settembre ed inizio ottobre, per via della minore umidità e dell’assenza di mosche, trova il periodo migliore.
La sera – continua Simone – si buttano le reti, gli agoni più adatti per preparare il missoltino vivono in profondità, poi si rientra si riposa qualche ora e alle due del mattino si riparte per recuperare il pescato e prepararsi per la sera successiva.
Erminio invece, pescatore amatoriale, preferisce le calde sere estive possibilmente dopo un temporale e non utilizza reti, si apposta sulle rive del lago con le sue lunghe canne fisse di sette metri, con una amettiera a 5 esche e munito di grande pazienza utilizza la tecnica dello yoyo che consiste nel muovere la canna su e giù continuamente.
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Ma come avviene la disidratazione dell’agone? Si tratta di una pratica di conservazione antichissima. Le prime testimonianze scritte, con protagonista il pescato del Lario, si rinvengono nelle Epistulae di Plinio il Giovane, che – osservando i coloni Greci sulle sponde del lago, descrisse la tecnica di conservazione, utilizzando sale e sole, replica del procedimento utilizzato nelle località di mare da cui provenivano.
Con il passare degli anni la tecnica si è evoluta, prendendo ad esempio quella dei Paesi nordici per il merluzzo (lo stocvisch .. italianizzato stoccafisso) che, a grandi linee, è rimasta invariata fino ai giorni nostri.
L’agone, dopo essere stato squamato ed eviscerato, viene cosparso di sale e lasciato a riposo per due o tre giorni.
Una volta che il sale è stato assorbito dalla carne del pesce, si passa al lavaggio e alla stesura al sole. I pesci ormai secchi vengono schiacciati e riposti a strati alterni intervallati con foglie di alloro in tolle metalliche (prima, come detto, si usavano i barili in legno detti misolte) per poi essere pressati facendo fuoriuscire uno strato di olio, un ottimo isolante naturale dall’ambiente esterno per una perfetta conservazione e maturazione.
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Il sapore del missoltino è forte e spesso per via del suo gusto così deciso è molto difficile abbinarlo a vino o birre.
La teoria dice che il sapido va contrastato con il dolce o l’acido e per i più coraggiosi non posso esimermi dal consigliare due stili birrari che possono contrastare il robusto sapore dell’agone essiccato.
● lI primo stile è il Lambic, molto particolare,acido e difficile da apprezzare ai primi sorsi;
● Il secondo è lo stile IGA dal sapore acidulo (esistono molte varietà di sapore di queste birre), una tipologia di birra tutta italiano, dove nella ricetta spicca l’utilizzo di uva o parti di essa.
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Ma cos’è lo stile Lambic? Le birre Lambic vengono definite da alcuni intenditori l’anello mancante tra vino e birra, o
addirittura, una bevanda a sè. Sono originarie di una piccola zona chiamata Pajottenland, a sud-ovest di Bruxelles, ed in questa particolare area è presente un’alta concentrazione di lieviti selvaggi, del genere Brettanomyces, responsabili della fermentazione spontanea del mosto, il liquido zuccherino ottenuto facendo bollire orzo, (nel caso del Lambic 40% di frumento e 60% di orzo) acqua e luppoli (per queste birre vengono utilizzati luppoli invecchiati, dal poco potere amaricante ed aromatico, ma ottimi conservanti naturali).
I birrai più tradizionali, fabbricano questo tipo di birra solo in inverno, dal mese di Ottobre alla fine di Marzo, sfruttando il clima più favorevole.
Ma come avviene la fermentazione spontanea del mosto? Il mosto, travasato in vasche poco profonde, viene raffreddato per una notte, all’aria aperta, in modo tale che i lieviti, portati dal vento, si depositino ed inizino a nutrirsi degli zuccheri e a trasformarli in CO2 e alcol, ha così inizio la fermentazione.
Al mattino, la birra viene travasata e fatta invecchiare in botti, spesso già usate per altri liquori o per altre birre lambic, per un periodo che va da uno ai quattro anni.
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Se il lambic è considerato l’anello mancante tra vino e birra, lo è ancora di più lo stile IGA, Italian Grape Ale.
Le birre appartenenti a questo stile o vengono invecchiate in botti che in precedenza hanno contenuto vino oppure tra gli ingredienti compare l’uva o parti di essa.
I birrai italiani, non avendo tradizioni o disciplinari da rispettare, hanno manifestato creatività ed estro nel produrre birre ed il nostro paese, definito ai tempi degli antichi greci Enotria, terra del vino, ha offerto un ingrediente che tutto il mondo ci invidia, l’uva.
Grazie alla fantasia dei birrai nostrani e alla tradizione vinicola millenaria della nostra penisola, nasce lo stile IGA che nel 2015 compare nel BJCP (Beer Judge Certification Program), riconoscendolo come primo stile di birra italiano e che farà parlare di sé per molto tempo.
Si tratta di birre dai molteplici sapori e profumi, perché legate fortemente al territorio, all’annata, al vitigno scelto ed al clima.
Entrambi gli stili di birra suggeriti sono particolari e difficili da apprezzare; nella mia prova ho cucinato il missoltino in maniera molto semplice: cotto in padella con un pò di prezzemolo ed aglio, lasciato raffreddare e marinato in due cucchiai di aceto per una notte.
Il giorno dopo in una padella rovente ho scaldato i missoltini e preparato del riso basmati che – aromatizzato con olio EVO – rappresenta una valida alternativa alla polenta grigliata della tradizione.
Ho provato gli abbinamenti con una Lambic Gueze 100% del birrificio Cantillon (Gueze è un blend tra un lambic giovane maturato da 1 a 3 mesi con un lambic vecchio, barricato da 1 a 4 anni) e una IGA, la Marzarimen, del Birrificio Italiano di Limido Comasco.
Entrambe le birre contrastano bene il sapore del missoltino, esaltandone il gusto senza essere sovrastate; suggerisco lo stile lambic per una esperienza forte e la IGA per un gusto meno estremo, ma provatele entrambe, non vi pentirete.
In alternativa, per una bevuta più semplice e sicuramente meno impegnativa: una birra stile Bock, del Birrificio Lariano, non deluderà il vostro abbinamento.
La Falesia, è una birra forte, dal colore ambrato scuro, da abbinare a piatti dai gusti decisi; il sapore dolce del malto e le note di caramello contrastano bene la sapidità del missoltino.
In conclusione, buon appetito e buona bevuta a tutti. Grazie Erminio, Simone e Francesco.