“Scusa mia piccola Sharon, ti hanno ingannata e tradita. Ora cerco solo giustizia per te…”



I legali della giovane mamma di Cabiate esprimono il suo dolore. Lettera aperta alla sua piccola, uccisa dal compagno secondo l’accusa.
Novità nel caso di Sharon Barni, la bambina di un anno e mezzo, di Cabiate, morta l’11 gennaio secondo le accuse per le percosse e violenze subite dal convivente della madre, un ragazzo di 25 anni , rumeno, tuttora in carcere. L’uomo aveva sostenuto che la piccola si era fatta male accidentalmente mentre era con lui in casa tirando una stufetta che le sarebbe caduta addosso procurandole ferite che inizialmente non apparivano gravi. La sua versione non ha retto alle risultanze delle indagini dei carabinieri della Tenenza di Mariano Comense che hanno accertato segno di maltrattamenti, percosse e violenze, anche sessuali, subite dalla bambina. Per questo il giovane è stato arrestato ed è detenuto al carcere del Bassone di Como con le accuse di maltrattamenti che hanno portato al decesso della bambina e di rapporti sessuali con minori di dieci anni.

Sulla vicenda interviene oggi la mamma di Sharon, Silvia Barni, 24 anni, che da quel giorno si è chiusa nel suo dolore. Esce dal silenzio tramite i suoi legali – Lara Citterio ed Elisabetta Fontana che oggi hanno diffuso un comunicato e la lettera aperta della ragazza al tribunale di Como – per chiarire le fasi del pomeriggio della tragedia – l’unica volta in cui la bimba non era con lei o con la nonna – una ricostruzione dove risalta il suo assiduo interessamento per lo stato della figlioletta e dei primi dubbi sorti sulle spiegazioni che le venivano date sommariamente al telefono dal convivente. Da qui la decisione di far intervenire immediatamente sua madre che si è recata dalla bambina per accertarsi delle sue condizioni e di come lei abbia subito chiamato i soccorsi.
Silvia ha scritto una lettera che sarà resa pubblica sui social. Nel testo la giovane mamma ha parole toccanti per la figlioletta e rivela particolari inediti di quel terribile pomeriggio in cui la piccola è morta. Silvia scrive alla figlia che “come me ti fidavi e come me sei stata tradita” e che “quel maledetto pomeriggio dell’11 gennaio ho chiamato tante volte e sono stata ingannata”.
La giovane mamma racconta i momenti drammatici di quelle ore: “Mi è stata inviata una foto con il telefonino e sembravi quasi assopita. Ho chiesto spiegazioni e ancora una volta mi è stato detto che non era niente, che ti eri solo fatta un po’ male mentre giocavi. Mi sono allarmata ancora di più e mi è stata mandata un’altra foto dove si vedevano segni sul tuo volto. Mi sono infuriata”. Da qui la decisione di far intervenire la madre: “I mie dubbi e le mie paure si facevano sempre più grandi e ho chiamato mia mamma perché venisse da te, mia piccola bambina, per controllare se davvero era tutto a posto. Purtroppo i mei timori si sono rivelati fondati, non quelli di una persona eccessivamente ansiosa ma di una mamma giustamente preoccupata”.
Il tragico epilogo. “Ti hanno portata con l’elicottero in ospedale e poche ore dopo non respiravi più. Improvvisi il freddo e il buio sono calati dentro di me. La persona con cui da pochi mesi avevo messo su famiglia e che diceva di volerti bene continuava a ribadire che ti eri fatta male in un incidente domestico. Nella tragedia si nascondeva invece una crudele, irrazionale, inaccettabile verità. Mia piccola Sharon eri troppo piccola per morire da vittima”. Infine, la richiesta che tutto venga chiarito e le responsabilità accertate: “Non cerco vendetta ma giustizia”.
Le parole di mamma Silvia riferite dai suoi legali oggi: la foto della piccola Sharon diffusa proprio da loro su volere della mamma