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COOKIN’ MUSIC #015

25 marzo 2021 | 13:02
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Musica nuova in cucina con i tre chef di COOKIN’ MUSIC: Cristiano Paspo Stella, il cantautore, Massimiliano Pini, il cuoco clandestino e Piergiorgio Ronchi, il beer sommelier, apparecchiano un menù in tre portate partendo da una canzone

#015 Seven seconds Youssu N’dour

…e in Africa come si mangia, soprattutto in Senegal… Seven seconds di Youssu N’dour

7 Seconds è una canzone di da Youssou N’Dour e Neneh Cherry, scritta dai due cantanti in collaborazione con Cameron McVey e J. Sharp. Il singolo è stato un successo internazionale nel 1994, rimanendo in classifica per quasi un anno ed entrando nella top 3 di quasi tutti i paesi in cui il disco è stato commercializzato.

Youssu N’dour è un cantante e un attivista politico, figura importantissima che ha contribuito a lanciare un genere di musica popolare senegalese, noto come mbalax, a livello internazionale, aggiungendo strumenti moderni come la chitarra a strumenti tradizionali come il sabar.

Nel 1975, appena sedicenne, entrò nell’orchestra Star Band di Ibra Kasse, a Dakar – sua città di nascita – a 21 fonda il suo primo gruppo proponendo appunto brani di mbalax. Impegnato sia socialmente che politicamente nel 2000 è nominato Ambasciatore di buona volontà dell’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura delle Nazioni Unite (FAO).

Vanta inoltre grandissime collaborazioni da Bruce Springsteen, Peter Gabriel, Sting e Tracy Chapman nello Human Rights Now!, una serie di concerti tenuti in nome di Amnesty International. Nel 2000 Herbie Hancock durante un suo concerto alla Royal Festival Hall di Londra lo volle con sé insieme alla cantante italiana Giorgia Todrani (già collaboratrice di Youssou N’Dour duettò). Ha riarrangiato in collaborazione con Patti Smith, Francesco Renga, Irene Grandi e Simphiwe Dana in favore dell’omonimo progetto di microcredito.

Appare nel 2009 al 59º Festival di Sanremo in un trio formato assieme a Pupo e Paolo Belli con il brano L’opportunità, una canzone-messaggio contro la discriminazione razziale e a favore di una maggiore integrazione. Pupo, in un’intervista ai telegiornali, ribaltando il luogo comune ha dichiarato che «Youssou ha dimostrato di non essere un razzista perché ha cantato con noi».

Piatto ricetta o meglio le ricette… facciamo riferimento a una serata in Officina della musica organizzata da Welcome Refugees Como con Daniele Bonaiuti e Alessandro Cripsta venuti a presentare il loro libro EMIGRANIA, I fiori del mare (di cui vi consigliamo la lettura),  raccontando aneddoti su come è stato pensato e creato, insieme al dr. Kossi A Komla-Ebri e al suo (imba)razzismo e di un’Africa che non è solo povertà e disperazione.

Il piattone che ci fa viaggiare per tutto un continente.

SCIRO’: soffriggere la cipolla, aggiungere acqua e salsa di pomodoro – giunta a bollitura aggiungere la farina di ceci badando bene che non si facciano grumi – proseguire la cottura per 10/15 minuti. Regolare di sale e finire con un filo di olio e guarnizione di erbe aromatiche fresche.

ALLICCIA – verdure speziate: soffriggere la cipolla – aggiungere i pomodori (o la salsa), curry, aglio, sale e dado vegetale. Friggere (a parte) fagiolini, patate, carote e sedano a pezzi piccolissimi. Mescolare le verdure alla salsa e proseguire per qualche minuto la cottura.

CREMA DI MAIS E AVOCADO: schiacciare gli avocado e condire con limone – tritare aglio e cipolla, unirli alla polpa quindi unire mais (100 gr. di mais bollito ogni 2 avocado), maionese, senape, sale e pepe – finire con foglie di melissa.

INSALATA NIGERIANA: lessare patate (e uova – da eliminare in caso di variante completamente vegana), tagliare il cavo-lo a listarelle (o una insalata croccante), carote grattugiate, cetrioli, mais, fagioli (neri o azuki) lessi, (pomodori o meno), aggiungere patate e uova. Condire con olio, sale, aceto, salsa di soia, mostarda.

Unite al tutto un buon riso… ovviamente anche quello africano botanicamente noto come oryza glaberrima, comunemente detto riso africano, dalle origini antiche, la cui domesticazione risale presumibilmente a circa 2 000–3 000 anni fa nel delta interno del Niger, nella parte superiore del corso di questo fiume, l’odierno Mali. Di alta resa in cucina, preparatelo con un metodo pilaf, una parola che deriva dal persiano e significa (appunto) “riso bollito”; una tecnica di cottura per assorbimento semplicemente in acqua. Perfetto per accompagnare i nostri piatti.

Arriviamo quindi alla birra acconcia infatti rimarrete un po’ sorpresi non tanto dal sapere che la birra è una bevanda antichissima (precedente e di molto al vino) e che la producessero pure gli egizi  – lo abbiamo letto alle elementari – quanto che ancora oggi la birra sia prodotta regolarmente, in Africa, come birra artigianale e che sia bevuta da una grande fetta di popolazione; pochi birrifici e microbirrifici attivi ma un deciso bacino di popolazione e di potenziali consumatori, tanto che molti (micro) birrai del nord Europa hanno iniziato già da una decina di anni a trasferirsi o a startare progetti un po’ dovunque. Oggi tra le birre prodotte possiamo citare Constantia (realizzata con uve Sauvignon e maturata in botte), Tokoloshe (birra e idromele, maturata in botte), Ystervark (con luppolo autoctono), Aardwolf (Imperial Stout con caffè locale).

Insomma, produzioni particolari e legame col territorio: unendo concetti anche non sempre diffusi nel panorama brassicolo sudafricano. Interessanti, come birre completamente autoctone, sono le birre di miglio prodotte in Mali dalle popolazioni Bobo e i Dogon, che per accessibilità del cereale hanno dovuto ricorrere a sostituzione aggiungendo la fibra di baobab, come lievito naturale, che conferisce un tenore alcolico molto contenuto, dal profumo molto gradevole di crosta di pane fragrante; colore giallo-ocra e molto torbida con pochissima anidride carbonica.

Interessante come questa birra è prodotta rigorosamente dalle donne di famiglie di fede cristiana o animista, ed è da loro venduta principalmente durante i mercati che si tengono nei vari villaggi.