Andrea Parodi “Zabala”: il disco che unisce l’Italia e l’America in 12 canzoni. Dal 6 maggio nei negozi e online

«Andrea Parodi è un attentatore di sogni. Chi non ha mai sognato di fare canzoni e, caso mai, registrare un disco con David Bromberg, David Grissom, Joe Ely, Ryan Bingham, James McMurtry, Larry Campbell? E magari concedersi una Scarlet Rivera che interviene al violino? A testimonianza di come la musica migliori le nostre vite, accorci le distanze, crei empatie e avvicini anime affini, Andrea è andato oltre. Lui, che scrive e canta in italiano con i suoi De Andrè e De Gregori, sempiterni nel cuore. E ora la musica è bella, le parole sono giuste e vecchi sogni si confondono con i nuovi». Queste le parole di Carlo Feltrinelli.
A ogni suo disco, Andrea Parodi ha legato un viaggio: per il suo esordio nel 2002 con Le Piscine di Fecchio, album autoprodotto con sotto la guida di Bocephus King, vola a Vancouver, Canada, dove ritornerà nel 2007 per registrare Soldati con Claudio Lolli, Luigi De Gregori, The Gang e The Be Good Tanyas. Due anni dopo è finalmente l’America a chiamarlo e a Santa Fè nasce il suo terzo album Chupadero, con la Barnetti Bros Band, Massimo Bubola, Max Larocca e Jono Manson. La storica rivista Buscadero lo eleggerà disco italiano dell’anno.

Nel frattempo Andrea non si è perso, non si è fermato. Ha partecipato per sei anni al SXSW di Austin, è stato il primo e unico italiano in cartellone al Woody Guthrie Folk Festival a Okemah, in Oklahoma e – per due volte – ha diviso il palco dell’Asbury Park con Bruce Springsteen al Light of Day in New Jersey. Insomma, ha suonato, ha viaggiato, ha incrociato quei maestri con cui aveva imparato a sognare e a comporre, di cui aveva comprato i primi dischi da ragazzo. Musicisti strepitosi, nomi luccicanti nel panorama della migliore americana, luccicanti come i tramonti infiniti del Texas.
Alle chitarre ci sono David Immerglück dei Counting Crows, David Bromberg, Larry Campbell, per anni al servizio di Bob Dylan e David Grissom, che forgia il suono di questo disco come aveva fatto in passato con Joe Ely e John Mellencamp. Un sound fatto di chitarre e di una solida sezione ritmica guidata da Brennan Temple alla batteria. La produzione è affidata a Joel Guzman, uno dei più grandi fisarmonicisti al mondo, capace di trasportare l’ascoltatore in Messico con poche note. Al violino ci sono Carrie Rodriguez, Tim Lorsch, Steve Wickham dei Waterboys e Scarlet Rivera, la regina di Spade di Hurricane di Bob Dylan. Un cast stellare di musicisti per un disco che profuma di Texas e Messico, di folk e rock, nella migliore tradizione americana. Pedal steel, mandolino, pianoforte, organo hammond, un bellissimo abito rock per il disco in italiano di Andrea Parodi Zabala. C’è solo una canzone in inglese (Where the Wild Horses Run) cantata da Joe Ely, James McMurtry, Greg Brown, Sarah Lee Guthrie e dal Premio Oscar Ryan Bingham.

Musicisti straordinari con cui Andrea ha intessuto un’amicizia e intrecciato chilometri e nel frattempo si è sposato con Elena nel ranch di Joe Ely ed è stato JT, il figlio di Townes Van Zandt, a celebrare l’unione. Zabala contiene e racconta tutto questo. Le dodici canzoni che lo compongono erano rimaste chiuse in un cassetto, ma da lì palpitavano fino a farsi sentire forte, proprio mentre tutto il mondo taceva. Così Andrea le ha fatte riaffiorare, assieme ai ricordi.
Dove finisce l’Italia e dove inizia l’America? Difficile poter distinguere il confine in questo disco che pure affonda le radici nelle due le culture e di entrambe ne riporta distintamente, pur nelle mille sfumature, suoni, colori, sapori. Andrea ama cucinare per i suoi amici ed è riuscito a mettere alla stessa tavola ospiti che nessun cantautore italiano era mai riuscito a mettere a raccolta assieme. D’altronde, ha potuto esercitarsi per ben quindici anni come direttore artistico del Townes Van Zandt Festival di Figino Serenza che lui stesso, assieme a JT, ha inaugurato nel 2004.
Tutti i musicisti straordinari incontrati lungo il cammino sono confluiti qui. Così, il simposio tra due universi, l’Italia e l’America, diventa un Pranzo di Babette, con posti, storie e strumenti che si combinano malgrado le distanze geografiche.

Andrea Parodi Zabala è un viaggio lungo 7 anni che inizia proprio dalla copertina, una fotografia scattata da uno dei musicisti del disco, Radoslav Lorkovic, che ritrae la Highway 6, a est di Tonopah, Nevada. Un vero e proprio invito On The Road e, come il romanzo di Kerouac, è una storia d’amore con la strada e con la libertà.
Elementi cinematografici e narrativi che scorrono su una scrittura cantautoriale che in Italia non sentivamo dai tempi di De André e De Gregori, che ricamano la nostra fantasia, portandoci a viaggiare: lungo il Rio Grande con Gabriela y Chava Moreno, in Brasile con la ballata più surreale del disco, capace di concentrare in pochi minuti una storia che potrebbe essere raccontata in un’intera pellicola. Anche Elijah quando parla è un film, certamente diverso, con una seducente Torino che non è solo uno sfondo, ma un vero e proprio personaggio, con emozioni, sentimenti e personalità.
Un viaggio che parte dalle stagioni di Buon Anno Fratello per fermarsi a metà del viaggio nel desertico Far West di Billy The Kid in Where the Wild Horses Run, ritrovandosi a volare col liberatorio refrain “dove corrono i cavalli”, trasportati dritti dritti su un set di John Ford.
Recuperiamo l’onirico e la fiaba, mai veramente abbandonati, in Maya dei Girasoli. Ecco di cosa parla Carlo Feltrinelli quando definisce Andrea un attentatore di sogni.