“Quando i pesci volavano”, così le leggende brianzole e lariane tornano a vivere. Algae Festival




Quand i pess volaven, i usej noaven, i occh parlaven e gh’era mai lunedi… dalle nostre parti le storie iniziavano così, con un “c’era una volta” nostrano che fin dall’inizio dà loro un sapore unico. E di storie sul territorio lariano e brianzolo se ne raccontavano davvero tante. Nascoste in libroni illustrati nella profondità delle nostre biblioteche e ricordate da chi da piccolo era abituato a sentirle prima di infilarsi sotto le coperte, le fiabe e le leggende del territorio comasco corrono oggi un grande rischio: essere dimenticate.
A questa deriva si oppone Francesco Camagna che, insieme ai giovani dell’associazione culturale La Beula e agli organizzatori di Algae Festival, le ha riportate nelle nostre vite, riscrivendole e donando loro una nuova veste su misura per i nostri tempi.
Fino a sabato 12 giugno infatti è possibile visitare presso la Libreria Plinio il Vecchio di via Vitani la mostra di illustrazioni realizzate da Marta Di Donna e acquistare i primi due volumi di una serie di leggende lariane e brianzole che ci accompagnerà ancora per qualche tempo. Due quelle già pubblicate, “La pena del soldato” e la preferita del giovane autore “Pinin e Sdraèla”. “Fuma la pipa” invece è il titolo della terza, cui Francesco si sta dedicando in questo periodo e che insieme ad altre due ancora ineditte andrà a chiudere il primo ciclo di leggende comasche. Ma la materia prima è moltissima e pulsa viva in ogni angolo della provincia, che tra le sue pieghe di laghi e laghetti, sentieri attorcigliati sulle montagne e boschi fitti cela un patrimonio inestimabile di magia e leggenda.
L’idea di recuperare questi racconti dal territorio è di Giulia Guanella, organizzatrice di Algae Festival, che proprio a Francesco ha chiesto di raccontarli una nuova volta, in una forma adatta ai lettori di oggi e capace di ritrasportarli indietro nel tempo tenendoli saldamente ancorati alle località che fanno loro da sfondo. È iniziata così l’azione rivitalizzante della scrittura che ha il potere di salvare la memoria, imprimendola sulla pagina per gli anni a venire: «Abbiamo deciso di mettere su carta queste storie per dimostrare come anche qualcosa che viene dal territorio possa diventare interessante per noi giovani che, pur essendo nati qui, siamo legati a tanti contesti diversi».
Due libri degli anni ’90 e uno degli anni ’70 contenevano il tesoro da cui Francesco ha attinto per trovare il materiale e l’ispirazione di un lavoro che è stato molto più di una semplice ricerca di storie. Le leggende pubblicate da La Beula infatti sono state selezionate su base territoriale, ripensate e riscritte con la specificazione del nome di molti luoghi che, nella versione originale dei racconti, restavano più incerti. Dietro alla rinascita di queste leggende c’è poi uno scambio generazionale che ha coinvolto anche i nonni cui è stata chiesta la conferma di certe espressioni in dialetto, molto presente in queste narrazioni, oppure i nomi di alcune zone e sentieri citati: un bacino di memoria locale che i giovani de La Beula hanno avuto la bella idea di schiudere. «La trama delle leggende è spesso molto stringata: i nomi, i rapporti tra i personaggi, anche certe ambientazioni più approfondite sono frutto di una mia riscrittura, con cui ho cercato di ricreare quel mondo appena accennato» racconta Francesco, che di sé e della propria passione per i racconti un po’ bizzarri e a tratti grotteschi ha messo molto nella riscrittura delle leggende. Non è stato solo però in questo tuffo nel passato e nella fantasia: insieme a lui si è immersa anche l’illustratrice Marta Di Donna, i cui disegni accompagnano le parole di Francesco. «Lavorare insieme è stato davvero interessante anche perché prima di questo progetto io e Marta non ci conoscevamo», continua Francesco spiegando come il legame tra di loro si sia costruito proprio sulle storie, che dalla sinergia dei loro talenti sono tornate alla luce, pronte per essere accolte dai lettori.
Quelle che troverete tra le pagine sono storie assurde e a tratti fantastiche, costruite su scenari naturali che ben conosciamo eppure che sempre hanno qualcosa di nuovo da raccontarci, nascosto nella penombra di luoghi dimenticati. Pagine intessute di una lingua, il dialetto, che fa tornare indietro nel tempo e ripropone per il nostro presente un legame indissolubile con queste zone in cui siamo nati e su cui si è costruita la storia delle nostre famiglie. Ma in fondo pagine intrise di storie anche per chi non conosce il territorio brianzolo e lariano e sente il desiderio di approfondirne la conoscenza.
Cosa c’è di meglio di una vecchia leggenda riportata alla luce dopo molti anni per scoprire i segreti locali? Per indagarli e saziare la curiosità, non resta che correre alla libreria Plinio il Vecchio e immergersi nella lettura.
Martina Toppi