Due concerti per ricordare e raccontare la strage di Terezin 17/10

Ci avviciniamo alla data che segna uno dei tragici fatti del secolo scorso. Il 17 ottobre del 1944 vengono uccisi a Birkenau 1390 uomini, donne e bambini partiti all’alba del giorno precedente dal ghetto di Terezin. Erano tutti a bordo del cosiddetto Künstlertransport, il “treno degli artisti” sul quale erano stati caricati a forza gli scrittori, i poeti, i pittori, i musicisti, gli scienziati, i compositori che avevano dato vita alla straordinaria stagione artistica di Theresienstadt. Finiva così, con la più massiccia strage di artisti mai avvenuta nella storia dell’Occidente, l’atroce inganno del lager-vetrina che la propaganda nazista aveva esibito alla Croce Rossa e all’opinione pubblica. Quel giorno cambia per sempre il rapporto tra arte e storia, tra creazione e prigionia, tra umanità e ferocia.
Eventi passati, eventi lontani, destinati a non ripetersi mai più… Forse. A che cosa serve, allora, quale scopo possiede un Comitato che porta, inscritti nelle proprie insegne, quel nome e quella data? Sostiene Walter Benjamin che raccontare è un atto di giustizia: perché restituisce a chi l’ha perso un posto nel mondo. Ed è proprio un forte desiderio di giustizia ci ha spinti a promuovere in questi anni Terezin 17/10.
Questo nome e questa data custodiscono uno degli episodi più tragici e meno conosciuti nella storia della Shoah, ma l’intento principale del Comitato Terezin 17/10 non è certo quello di istituire una nuova giornata della memoria, né quello di coltivare il semplice ricordo storico di quella tragedia. “Il compito che ci siamo dati è più semplice e al tempo stesso più ambizioso: raccontare, attraverso Terezin e il suo destino, le esperienze storiche in cui arte e libertà, nel Novecento, sono entrate in conflitto, in cui gli artisti, privati di ogni libertà materiale, si sono trovati di fronte alla brutale alternativa tra resistenza e rinuncia, tra creazione e silenzio. – spiegano i promotori – Gli artisti di Terezin hanno risposto con la forza, la fantasia, la profondità del loro pensiero: “Non ci siamo seduti a piangere sulle rive del fiume di Babilonia perché il nostro rispetto per l’arte era forte quanto la nostra voglia di vivere” ha scritto il compositore Viktor Ullmann, una delle vittime della strage. Un bisogno insopprimibile di inventare, scrivere, comporre, creare che non ha impedito alle vittime del 17 ottobre di andare verso una morte alla quale il regime nazista li aveva già condannati. Per questo le domande che l’esperienza di Terezin continua a porre sono secondo noi ancora vitali. Quale è oggi il rapporto tra l’arte e la storia? Come può la cultura costituire una forma di resistenza contro le ingiustizie? Come possono sopravvivere le forme della creazione in regimi di contenzione, di prigionia, di privazione della libertà? È possibile ripensare l’arte come mezzo di contrasto del divario culturale, sociale e politico che segna come una piaga il nostro tempo?”
Ma quali sono gli strumenti più efficaci per trasformare il ricordo di tutte le Terezin del Novecento in materia viva, pulsante, attuale? Non ci sono dubbi: la parola e la musica. O meglio ancora l’intarsio fertile e fecondo tra la parola (cantata, parlata, recitata) e il suono che la contiene. Ogni anno, intorno alla data del 17 ottobre, Terezin 17/10 organizza una settimana di concerti, rappresentazioni, readings, incontri capaci di restituire giustizia a tutti gli artisti “passati su per i camini” di Auschwitz 2. Giunto al settimo anno il progetto ha ormai assunto una dimensione nazionale coinvolgendo Adria, Milano, Como, Novara, Gorizia e Bologna. L’obiettivo che accomuna queste città è il voler riscoprire le opere degli artisti del ghetto, e la condivisione della forza espressiva che scaturisce dalla loro musica, indissolubilmente legata al loro desiderio di vita.
In particolare, a Como, i concerti del 16 e 17 ottobre saranno dedicati al Porrajmos, lo sterminio delle popolazioni romanì (Rom, Sinti, Manush, Kalé) e verrà proposto per la prima volta un incontro/concerto incentrato sulla figura del noto chitarrista sinti Django Reinhardt negli anni della persecuzione nazista.
Sabato 16 ottobre alle ore 18.00, presso l’Auditorium della Biblioteca di Como, si terrà il concerto “Io l’amavo come l’uva nera” nel quale si esibiranno la celebre cantante Camilla Barbarito, che ha più volte collaborato con artisti come Vladimir Denissenkov, Ivana Monti, Jovica Jovie, accompagnata dal fisarmonicista Konstantin Vornicu che da anni collabora con l’Orchestra via Padova, Claudio Sambiasi e Raffaele Kohler. Saranno eseguiti brani della tradizione popolare Rom tra cui alcuni canti composti durante la detenzione nei campi di sterminio.
Domenica 17 ottobre alle ore 17.30 presso Villa del Grumello a Como si terrà, in forma di incontro concerto, “Lo Swing di Django nel tempo del Porrajmos” durante il quale si esibiranno il narratore Fabio Lossani, i chitarristi Flavio Minardo e Claudio Pietrucci, e il contrabbassista Alberto Guareschi. Lo scopo del concerto è di raccontare, attraverso la musica e le parole, la vita del musicista manouche Jean Reinhardt meglio noto come Django. Nato nel 1910 in Belgio, divenne uno straordinario jazzista nonostante fosse stato vittima di un incendio della sua roulotte. A causa delle gravissime ustioni riportate sviluppò una tecnica unica nel suonare la chitarra e uno speciale virtuosismo. Ma la sua arte durante il nazismo era malvista, sospettata di essere musica degenerata, troppo swing e carnale.
Il costo del biglietto è di 7 euro (5 euro il ridotto).
I biglietti del 16 saranno acquistabili a questo link: https://www.eventbrite.com/e/terezin-1710-io-lamavo-come-luva-nera-tickets-188539706337
A questo link quelli del 17: https://www.eventbrite.com/e/lo-swing-di-django-nel-tempo-del-porrajmos-tickets-188877215837
All’ingresso bisognerà esibire il Green Pass.
Noi siamo quelli di Terezin 17/10, da dieci anni cerchiamo di non relegare nel silenzio la data del 17 ottobre. Abbiamo dato vita a rassegne, stagioni, eventi che hanno coinvolto, fino a questo momento, decine di istituzioni e centinaia di attori, musicisti, studiosi. Ma la costituzione, recente, del Comitato ci auguriamo possa farci compiere un salto di qualità. Ma grazie a questo strumento avremo soprattutto la possibilità, adesso, di coinvolgere in modo organico nel nostro progetto non più uomini e donne di buona volontà, non soltanto artisti isolati e animati dal desiderio di giustizia, ma enti, istituzioni, associazioni, teatri, orchestre, conservatori, accademie che possono costituire una rete diffusa e allargata, presente in ogni parte d’Italia. In questo modo saremo in grado non soltanto di coinvolgere nel nostro progetto un pubblico molto più ampio e consapevole, ma di allargare la Settimana Terezin ad un periodo più esteso, toccando regioni, città, luoghi che fino ad ora non hanno conosciuto, se non indirettamente, il valore storico di quella giornata simbolo.
Chiediamo dunque a tutte le istituzioni pubbliche e private che abbiamo a cuore la necessità e la improrogabilità di questo racconto di aderire al Comitato Terezin 17/10 e di costituire una rete solidale, forte e diffusa. L’unico strumento che abbiamo a disposizione, oggi, per rendere quell’atto di giustizia non un semplice gesto effimero e occasionale, bensì una pratica costante e capace, ogni anno, di rinnovare la propria forza di testimonianza.
I fondatori del Comitato Terezin 17/10:
Guido Barbieri
Luciano Belli Paci
Bruno Dal Bon
Guido Giannuzzi
Renato Principe
Barbara M. Romano