Mostre: nel segno di Betto Lotti “Storie di donne”



C’è tempo fino al 22 dicembre per visitare la mostra Storie di donne, un viaggio nell’evoluzione della figura femminile interpretata dall’artista Betto Lotti attraverso 20 opere esposte in Camera di Commercio a Como.
Un percorso artistico per ricordare la donna nella sua dimensione globale. Una figura femminile impegnata nella vita sia nel lavoro che nella vita sociale, con piccole divagazioni sui sentimenti delle donne a volte pronte a riscoprire la propria anima, a volte stanche della vita e pronte ad arrendersi.
La mostra è stata realizzata da LottiART di Daniele Lotti e Lauretta Scicchitano in collaborazione con Comitato Imprenditoria Femminile Camera di Commercio Como – Lecco in occasione dell’evento dedicato alla Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne. Parte del ricavato della vendita delle opere sarà devoluto a Telefono Donna Como a sostegno del progetto Cambiare con la moda, per l’inserimento delle donne vittime di violenza nel mondo del lavoro.

Le figure femminili costituiscono uno dei temi che Betto Lotti ha frequentato assiduamente e con particolare sensibilità negli oltre sessantacinque anni di ricerca artistica, come ben documentano le opere su carta selezionate per questa esposizione. Il suo raccontare storie di donne è vario: ci sono immagini eseguite semplicemente in studio, come facevano tutti gli artisti, ma anche rappresentazioni di momenti particolari dell’esistenza (dalla maternità all’abbandono), ma soprattutto l’attenzione si è spesso soffermata sulle donne al lavoro.
La freschezza del suo approccio all’immagine è evidente fin dal disegno più datato (1927) che raffigura una pescivendola con una matita sanguigna, con cui opera a tratteggio e per sfumature descrivendo con grande efficacia l’andatura della donna che porta sul capo la cesta con i pesci da vendere. Tipico poi del suo disegno negli anni successivi è l’utilizzo dell’inchiostro acquerellato con cui al di là della definizione della figura l’artista suggerisce la spazialità e l’atmosfera in cui le figure sono immerse.

Particolarmente eloquente a questo proposito è Abbandono (1944) in cui il corpo della donna è steso sulla sabbia, in un atteggiamento di sconforto e di rinuncia o forse addirittura di morte, che non può non far pensare a certe visioni legate alla violenza sulle donne o ai naufragi conseguenti all’immigrazione clandestina dal nord Africa. È da sottolineare la grande semplicità e nel contempo la forza espressiva del taglio prospettico che Lotti utilizza per questa occasione, di cui appare evidente un risvolto drammatico, appesantito anche dal promontorio che taglia l’immagine e dalle ombre scure che avvolgono il tutto. L’inchiostro blu del tracciato delle linee che definiscono il corpo infatti si stempera nell’apporto del nero che “sporca” la scena.
“La variazione delle tecniche di disegno da parte di Lotti– spiega il curatore della mostra, Lugi Cavadini – è costante e si adatta volta per volta al soggetto da rappresentare, al punto che la consueta delicatezza di narrazione a volte si fa cupa per raccontare situazioni problematiche come avviene in Studio di teste (1949) in cui la rappresentazione di tre figure dai volti tormentati e la presenza di un bambino che allunga le braccia alla ricerca di qualcuno. Qui l’inchiostro si fa pittura densa e piena, steso su un foglio di giornale le cui scritte emergono nelle parti del foglio in cui la luce dà corpo ai volti dei vari personaggi”.

BETTO LOTTI biografia
Nasce a Taggia il 12 luglio 1894, figlio di Vincenzo Lotti, professore di disegno, preside e pittore e di Vittoria dei Marchesi Curlo, entrambi liguri. Studia al Liceo Artistico di Venezia, indi all’Accademia di Belle Arti di Firenze ed è proprio nel capoluogo toscano che Lotti vive gli anni intensi della sua giovinezza muovendo i primi passi come pittore e acquafortista, in uno stimolante ambiente artistico. Nel 1913 tiene la prima mostra insieme all’amico Ottone Rosai alla Galleria Cavour di Firenze, esposizione visitata dagli artisti futuristi Umberto Boccioni, Carlo Carrà e Filippo Tommaso Marinetti che ne apprezzano l’originalità, spronando i due giovani a proseguire nel cammino dell’arte.
Durante la Prima Guerra Mondiale Lotti viene chiamato alle armi ed internato nel campo di concentramento di Sigmundsherberg in Austria dove, pur in stato di detenzione, continua a dipingere e viene invitato persino dalle Autorità nemiche a realizzare una esposizione dei suoi dipinti a Vienna.

Nel 1918 torna a Firenze e si reinserisce nel vivace ambiente artistico dello storico Caffè delle Giubbe Rosse, insieme agli amici Ardengo Soffici, Giovanni Papini, Bruno Fallaci, Primo Conti. In questi anni Lotti avvia una proficua attività di giornalista, illustratore e cartellonista in Italia e all’estero. Assunto come disegnatore e modellatore di plastici all’Istituto Geografico Militare di Firenze, collabora con il quotidiano La Nazione scrivendo testi critici, crea scenografie per il Teatro Comunale di Firenze, per il Teatro della Pergola e per i Veglionissimi della Stampa. Inizia altresì una collaborazione con le riviste d’arte fiorentine Gran Bazar e Arte Mediterranea edite da Vallecchi e quando la testata Gran Bazar muta in Eclettica, ne diviene condirettore e per un periodo direttore. Sono anni di grande fermento culturale e di attività ad ampio raggio che portano Lotti ad ottenere incarichi di prestigio anche dalla casa editrice parigina di affiche nota come Etablissements Vercasson. Per la società francese realizza vari manifesti (il più celebre è ‘Lotti Clown’), oggi scomparsi dall’Italia, ma che il collezionismo internazionale tra New York e Parigi ricerca con attenzione.
Nel 1936 vince la cattedra di ruolo per l’insegnamento di disegno a Como ove si trasferisce con la moglie Angiola Faravelli da cui avrà le figlie Maria Novella e Ilaria. Da quell’anno in poi, fino al 1964, anno del pensionamento per raggiunti limiti d’età, porta avanti col massimo impegno il suo incarico di docente insegnando le tecniche del disegno a numerose generazioni di comaschi. Nel contempo alimenta costantemente la sua attività di pittore, acquerellista e abile disegnatore. È socio-fondatore e vice-presidente dell’Associazione Belle Arti di Como, socio dell’Ente culturale milanese La Permanente, dell’Accademia Tiberina di Roma, membro dell’Accademia Latinitati Excolendae di Roma. Partecipa con riscontro a Premi di pittura e mostre Collettive regionali e nazionali, organizzando mostre Personali in varie città italiane.
Durante i suoi quasi 40 anni di vita vissuta a Como, Lotti conosce gli astrattisti comaschi consolidando il legame con Mario Radice, Manlio Rho, Aldo Galli, Carla Badiali, esponenti dello storico “Gruppo Como”. Non aderisce però alle teorie degli amici astrattisti, ma risente della loro influenza. La sua pittura si fa più asciutta, più attenta alle forme. Si spegne improvvisamente a Como il 13 aprile del 1977.