Gianni Clerici, lo “scriba” che onora Como e il suo territorio
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di Davide Fent
Un italiano in finale nel torneo di Wimbledon rappresenta un momento storico per il nostro tennis. E così la finale dei Championships 2021 tra Matteo Berrettini e Novak Djokovic è stato anche il momento per omaggiare chi ha fatto la storia di questo sport sia in campo con le sue gesta che dalla cabina di commento con la propria voce.
Prima dell’inizio del match sul centrale di Wimbledon, infatti, la telecronista Sky Elena Pero e il commentatore tecnico, l’ex campione azzurro nonché capitano di Coppa Davis Paolo Bertolucci, hanno voluto ricordare due monumenti del giornalismo tricolore che con le loro parole hanno raccontato e spiegato il tennis al popolo italiano come Rino Tommasi e Gianni Clerici, dando così vita ad un momento molto emozionante mentre stava per cominciare la prima finale della storia del prestigiosissimo Slam londinese con protagonista un tennista del Belpaese: “Ne approfittiamo per un ringraziamento doveroso in questa giornata storica per il tennis italiano, da condividere con tutti quelli che hanno contribuito a fare arrivare il nostro tennis a questi livelli – ha detto infatti Elena Pero parlando anche a nome di Bertolucci che, in sottofondo, dava il suo assenso appoggiando il discorso della giornalista –. Dai grandi campioni del passato, giocatori e giocatrici, ai maestri e dirigenti che hanno messo cuore e passione per rendere sempre più popolare questo sport.
“E infine – ha poi aggiunto con la voce rotta dall’emozione – a chi negli anni ha raccontato il tennis, prima in cronaca, poi in telecronaca. Ci fa piacere iniziare con un pensiero a Rino Tommasi e Gianni Clerici, che ci hanno insegnato serietà e leggerezza”.
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Lo “Scriba” immenso, Gianni Clerici da Como, l’ ho incontrato diverse volte, per interviste o raccogliere impressioni per scrivere di un suo libro, se capitasse dovesse leggere questo “pezzullo” lo abbraccio forte, forte, con affetto infinito.
L’ultimo libro di Gianni è un’anti-distopia ironica e distaccata fondata sulla “dittatura delle donne”. Clerici ha dichiarato che l’ ha pensato sette anni fa e cominciato prima della pandemia. In mezzo, un ictus che, purtroppo, lo ha colpito. Il libro si intitola <<2084. La dittatura delle donne>> (Baldini + Castoldi editore, pagine 160, euro 15,00).
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Nel 2084 l’umanità, o ciò che ne resta dopo un disastro ambientale e una nuova guerra mondiale, è regredita a una sorta di medioevo bucolico, dove il controllo dell’ordine è affidato a robot e supercomputer, che hanno il compito di assicurare la sopravvivenza della cosiddetta Dittatura Democratica. Nel nuovo regime tutto deve essere funzionale e regolamentato: non si può decidere il proprio destino, il desiderio, la creatività, l’eros sono visti con sospetto. Inoltre esso prevede che gli uomini, i Vires, siano destinati alle mansioni più umili, in attesa che i nuovi robot che vanno perfezionandosi possano prendere il loro posto e soppiantarli una volta per tutte. Sì, perché il sesso maschile è regredito nella scala gerarchica e ora a comandare sono le donne, moderne Amazzoni. Soprattutto, i rapporti fra i sessi sono banditi e ogni forma di riproduzione è rigidamente controllata. In questo scenario distopico, la curiosa e impertinente Evonne, figlia di Livia, artista quieta e remissiva, rimane incinta. Di un uomo. E l’uomo è Vijay, un ragazzo della casta degli Assimilati, una sorta di schiavo con capacità artistiche dirompenti. È così che il sistema entra in crisi, mostrando i suoi limiti e le sue falle. Evonne e Livia si sforzano di nascondere il frutto di quella unione divenuta, ora, nel mondo nuovo, assurda e impensabile, ma quel frutto – la piccola, geniale Irma – incarna il cambiamento che non può essere fermato.
In un’epoca in cui non si fa che parlare di crisi della democrazia e di controllo sociale, il romanzo di Gianni Clerici, che fa propri e amplifica echi che vanno dal George Orwell di “1984” all’Aldous Huxley del “Mondo Nuovo”, per finire alla più recente Margaret Atwood del “Racconto dell’ancella” ribaltato nei presupposti, riesce insieme a divertire e a farci riflettere.
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Gianni Clerici (nato a Como il 24 luglio 1930) tennista, giornalista, romanziere, poeta. Una volta a Mantova si era fatto molto tardi e il proprietario di un ristorante stava chiudendo i battenti. Riconoscendolo, ordinò di riaprire immediatamente la cucina: «Lü l’è quel del tenis», esclamò in dialetto lombardo. Una personalità poliedrica e amatissimo dal pubblico di ogni età. Autore del notissimo “500 anni di tennis”, pubblicato in varie lingue del mondo e che ha varie edizioni nel corso degli anni, una specie di bibbia laica che letteralmente riscrive la storia di questo sport. Frutto di tre anni di ricerca alla biblioteca di Londra, Clerici trova tracce dell’antenato del nostro sport in incisioni medioevali, quadri risorgimentali e addirittura in testi scientifici di Galileo. Con Pinocchio e la Divina commedia è il libro italiano più venduto all’estero, e sta per essere pubblicato anche in Cina. Nel 2006, grazie a questa opera, la più completa della storia del tennis, Clerici è stato ammesso nella Hall of Fame di Newport, la casa degli immortali del lo sport della racchetta.
Venticinque libri scritti, ora Baldini & Castoldi in veste grafica aggiornata “I gesti bianchi” (pagine 480, euro 16.00), tre romanzi – “Londra 1960”, “Costa Azzurra 1950”, “Alassio 1939” – destinati a formare un tutt’uno.