
L’eco delle parole pronunciate recentemente dal Dottor Sebastiano Ardita, autorevole esponente del Consiglio Superiore della Magistratura, “è emerso prepotente lo stato di abbandono in cui versano gli operatori di Polizia Penitenziaria”, giunge nella Casa Circondariale di Como in un periodo drammatico, periodo che meglio non potrebbe rappresentare quanto espresso in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario dal celebre magistrato.
Sarebbero ben 133 i detenuti positivi al Covid-19 secondo gli ultimi dati ufficiali forniti dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria in data 27 gennaio, 133 detenuti nella Circondariale di Como sui 714 circa positivi nei 18 Istituti presenti nella Regione Lombardia. Il dato, nella sua cruda e oggettiva realtà, dimostra che Como sta subendo i colpi di questa ondata pandemica ben oltre quanto sarebbe lecito attendersi. Ben oltre i numeri sofferti da altre Case Circondariali che ospitano un numero di ristretti più cospicuo. La valutazione fin qui offerta opera volutamente al ribasso in quanto, così come in altre realtà italiane, i numeri ufficiali scontano delle piccole imperfezioni rispetto alla velocità dell’attività di screening e controllo sanitario.
Altrettanto impietosa risulta essere la situazione per quanto riguarda i colleghi contagiati, ben 20 sui circa 180 presenti nei 18 Istituti lombardi, colleghi a cui ovviamente viene destinato il miglior augurio di pronta e piena guarigione.
Al di là delle statistiche, che in ogni caso non potendo essere additate di parzialità già costituiscono il miglior giudice sulle condizioni lavorative di Como, questa Organizzazione Sindacale vuole invitare la società tutta a non considerare un problema marginale, trascurabile, da nascondere entro quattro mura quello del focolaio attivo nel Carcere Comasco. La sicurezza di una società si fonda e si basa sulla sicurezza e sull’efficienza dei luoghi a cui essa affida l’espiazione della pena, del resto -oltre questa enunciazione di principio- sono ancora vive le immagini relative ai tumulti ed ai disordini che in tempi recenti sono sorti in molte carceri italiane in seguito al divampare di focolai. La sicurezza di un carcere pertanto non è un esclusivo interesse dell’operatore che vi svolge servizio o di chi sconta una pena, è l’anticamera della sicurezza del cittadino comune.
Per tutti questi motivi la Uilpa Polizia Penitenziaria, nella persona del Segretario Generale Gennarino de Fazio, ha da tempo chiesto la dotazione di mascherine ffp2 per tutti gli operatori penitenziari, ha da tempo chiesto l’applicazione reale dell’art. 558 del c.p.p. che prevede che gli arrestati siano di norma trattenuti nelle camere di sicurezza delle f.f.o.o. che hanno eseguito l’arresto fino all’udienza di convalida, il tutto per non congestionare inutilmente le carceri col fenomeno delle “porte girevoli”, ha da tempo chiesto l’esibizione del green pass anche per i visitatori che a vario titolo entrano in carcere, richiesta parzialmente accolta soltanto tardivamente nel mese di gennaio.
Per questi motivi da tempo la segreteria locale Uilpa Polizia Penitenziaria denuncia con tutti i mezzi sindacali spendibili, (note indirizzate all’ Amministrazione, comunicati stampa, interlocuzioni personali), le condizioni lavorative non adeguate ai minimi standard di sicurezza fisica e sanitaria per gli operatori. Troppe volte nel mese di gennaio un unico collega ha dovuto coprire più posti di servizio, anche quando si trattava di svolgere le proprie mansioni contemporaneamente in una sezione non Covid, quale l’infermeria, ed una sezione Covid, quale il reparto osservazione. Più volte questa segreteria locale ha fatto notare che la sezione “trans” avrebbe potuto essere usata per scopi di quarantena sanitaria se i pochi detenuti reclusi fossero stati trasferiti in Istituti maggiormente attrezzati ad ospitarne la permanenza. Più volte si è fatto notare l’incongruenza della difficoltà che incontra Como nel trasferire reclusi che si sono resi protagonisti di aggressioni e della facilità con cui invece giungono ristretti da altre carceri.
E’ necessario che l’enorme responsabilità della soluzione di questi problemi non venga lasciata alle incombenze dell’ultimo degli agenti, l’ultimo dei preposti, l’ultimo dei coordinatori, è necessario che la Gestione dell’ “Area Sicurezza” nell’Istituto Comasco possa finalmente dare una risposta concreta e tangibile a queste legittime e sacrosante rivendicazioni sindacali.