S02-E10 Pino Daniele – Fatte ‘na pizza
Cristiano Paspo Stella, il cantautore, Massimiliano Pini, il cuoco clandestino e Piergiorgio Ronchi, il beer sommelier, tornano in cucina per la seconda stagione di COOKIN’ MUSIC. Le materie prime sono sempre di grande qualità: musica, food culture e birre dal mondo
Tutto è azzurro a Napoli. Anche la malinconia è azzurra. (Libero Bovio scrittore e poeta)
Una canzone di Pino Daniele a nostro modo di vedere troppo poco conosciuta; dall’album Che Dio ti benedica del 1993.
Fatte ‘na pizza c’a pummarola ‘ncoppa
vedrai che il mondo poi ti sorriderà
Fatte ‘na pizza e crescerai più forte nessuno
nessuno più ti fermerà
un brano brioso e molto ritmato, ma anche e (non poco) critico e tagliente: a che serve farte una pizza se poi ti fai le pere, che continua con versi come s.o.s. alla Nazione noi non vogliamo questa tradizione e mio caro Presidente lei è uno buono ma non ci parli sempre di perdono; come a volere riaffermare che è necessario cessare con i pregiudizi e iniziare a fare per potere cambiare le cose che non vanno.
Cucina
Se un piatto connota una nazione (o nel nostro caso una regione) questo è certamente la pizza; ma c’è pizza e pizza. Dal 2010 questo piatto è ufficialmente riconosciuta come Specialità tradizionale garantita (STG) dell’Unione europea e nel 2017 l’arte del pizzaiuolo napoletano, di cui la pizza napoletana è prodotto tangibile, è stata dichiarata dall’UNESCO come patrimonio immateriale dell’umanità. Non mi sembra cosa da poco.
Le prime notizie documentate riguardo la pizza napoletana vengono fatte risalire al periodo che va dal 1715 al 1725. Vincenzo Corrado alla metà del Settecento scrisse un pregevole trattato sulle abitudini alimentari della città di Napoli, in cui osservò come fosse costume del popolo condire la pizza e i maccheroni con il pomodoro. L’associazione di questi prodotti e le sue osservazioni diedero di fatto inizio alla fama gastronomica della città di Napoli e attribuirono al Corrado un ruolo importante nella storia della gastronomia.
Quelle stesse osservazioni costituiscono la data di nascita della pizza napoletana, un sottile disco di pasta condito con pomodoro. Le prime pizzerie comparvero a Napoli nel corso del XVIII secolo, e si diffusero poi ovunque nel mondo.
La peculiarità della pizza napoletana è dovuta soprattutto alla sua pasta che deve essere prodotta con un impasto simile a quello per pane; cioè farina di grano tenero ’00’, completamente privo di grassi, morbido ed elastico, lungamente lievitato per sviluppare molta anidride carbonica, steso a mano in forma di disco senza toccare i bordi che formeranno in cottura il tipico cornicione di 1 o 2 cm, con alveolatura interna, mentre la pasta al centro sarà alta circa 3 mm. Un veloce passaggio in un forno molto caldo deve lasciarla umida e soffice, non troppo cotta. Parliamo di 60-90 secondi a 485° e scaldato rigorosamente a legna.
Un modo tradizionale di consumare la pizza a Napoli è quello di acquistare versioni mignon da consumarsi in strada. In questo caso la pizza viene piegata in quattro e avvolta in un foglio di carta per alimenti. Questo modo di piegare la pizza viene detto a portafoglio o a libretto. È il modo tradizionale di mangiare la pizza, reso famoso in tutto il mondo da Bill Clinton, il presidente degli Stati Uniti d’America, che, in occasione della riunione del G7 a Napoli, si fece fotografare mentre consumava la pizza a portafoglio in via dei Tribunali.
Vi lasciamo non con una ricetta, anche perché per quanto entrata nelle nostre preparazioni domestica, una vera pizza napoletana è sempre meglio farsela preparare da un pizzaiolo napoletano. Non possiamo negare l’accostamento di eccellenza: pizza e birra.
Questo matrimonio è però relativamente recente, nasce in Italia negli anni Cinquanta; quando le pizzerie rappresentavano uno dei luoghi principali di aggregazione e convivialità, i più diffusi e frequentati. Grazie al rilascio della cosiddetta licenza speciale, i proprietari di pizzerie ebbero l’autorizzazione a vendere alcolici di gradazione pari o superiore agli 8°. La birra rientrava tra questi e, grazie al suo prezzo più basso, rispetto ad altri alcolici come il vino, divenne una delle bevande più scelte dagli italiani quando si recavano in pizzeria.

Birra
Uscendo dalla pizza tradizionale napoletana, che prevede solo due tipi di farciture, vediamo come azzeccare la birra adatta alla nostra pizza. Partiamo dal presupposto che la pizza solitamente ha una base di sugo di pomodoro, arricchita poi da filante mozzarella e da profumate foglie di basilico. L’abbinamento della pizza con la birra deve equilibrare il sapore acidulo del sugo di pomodoro per esaltarne al meglio tutti i sapori. Perfetta, in questo caso, è una birra al malto, dolce, ambrata e dal gusto fruttato, come la Maisel Weisse oppure la Gradisca. Per le pizze al formaggio invece, avendo un sapore corposo e lasciando un retrogusto più grasso, possiamo adottare birre dalla maggiore gradazione alcolica, come la birra Ama Bruna, caratterizzata dal colore intenso e dalla schiuma persistente. Dai formaggi passiamo ai salumi, prosciutto cotto o salame, in questo caso ricadiamo su birre scure con miscele di luppoli e malti speciali, come la birra Volpina, dai sentori fruttati ma dal sapore particolarmente amaro.
Per esaltare il sapore delicato delle verdure, cerchiamo un equilibrio dolce/amaro, una bavarese Bayreuther Hell, miscela di malto e caratterizzata dal colore giallo paglierino chiaro.
L’abbinamento pizza e birra non deve essere sottovalutato, perché rappresenta il connubio di sapori che si sostengono e si esaltano a vicenda e adesso facciamoce ‘na pizza … vedrai che il mondo poi ti sorriderà.