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Acli e Coordinamento Donne, una tavola rotonda sulla violenza di genere

24 novembre 2022 | 16:39
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Acli e Coordinamento Donne, una tavola rotonda sulla violenza di genere

Si terrà sabato mattina, in streaming sui social delle Acli nazionali, l’incontro intitolato “Perché la violenza è arrivata a questo punto”

In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il Coordinamento Donne delle ACLI organizzano, sabato 26 novembre, dalle 9.30 alle 12, una tavola rotonda, che sarà trasmesso in diretta streaming sui canali social delle Acli Nazionali, dal titolo Perché la violenza è arrivata a questo puntocon il seguente programma:

Apertura Lavori
Chiara Volpato, Responsabile nazionale Coordinamento Donne ACLI
Simonetta De Fazi, Ricercatrice Acli nazionali Area Cultura Studi e Ricerche

Testimonianze dal territorio
Mariangela Perito, Psicologa, Responsabile Coordinamento Donne Campania
Santina Bruno, Avvocata, Responsabile Coordinamento Donne Calabria

Interventi
Emanuele Corn, Docente di diritto penale, presso le università di Trento e Antofagasta (Cile)
Arturo Sica, Psicoterapeuta Presidente Associazione “Whitedove” Genova, Consulente Commissione Femminicidio Senato

Coordina
Erica Mastrociani, Responsabile Acli nazionale Area Cultura Studi e Ricerche

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«La violenza contro le donne, dallo stalking al femminicidio, è una questione che riguarda tutti. Non è una questione solo femminile ma un tema cruciale di cui le donne e soprattutto gli uomini si devono far carico». Lo afferma Marina Consonno, presidente delle Acli di Como, in occasione del 25 novembre. Un fenomeno, quello del femminicidio e dello stalking, accompagnato da statistiche che tracciano un quadro drammatico del fenomeno.

Fin dal 1999, il 25 novembre è la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – si legge nel comunicato stampa rilasciato dall’ACLI di Como – La data fu scelta in ricordo del brutale assassinio avvenuto nel 1960 delle tre sorelle Mirabal nella Repubblica Dominicana sotto la durissima dittatura di Trujillo. Mentre si recavano a visitare i loro mariti in prigione per motivi politici, il 25 novembre 1960, le donne furono catturate, torturate, uccise, e gettate con la loro auto in un burrone da agenti del servizio di informazione militare. La loro colpa, e quella dei loro mariti, era stata l’opposizione attiva al regime di Trujillo. Insomma, in pochi anni l’attenzione e le iniziative sul fenomeno della violenza contro le donne sono cresciute. Come l’attenzione della stampa, ma d’altra parte anche il numero delle violenze e delle morti sono cresciute.

Ciò che è certo, è che mentre l’affermazione dell’uguaglianza e il divieto di discriminazione sono parte integrante del sistema dei diritti umani sin dagli inizi, il tema della violenza contro le donne entra nel dibattito internazionale solo molto tardi – sostanzialmente negli ultimi dieci anni – e ancora oggi incontra resistenze e conflittualità, permanendo profonde divergenze su come riconoscerla, prevenirla, punirla e perfino definirla all’interno dei sistemi normativi e giuridici comuni.

L’inasprimento delle pene per chi si macchia di questi orribili delitti non è riuscito ad arginare il femminicidio nel nostro Paese. Le donne che lavorano nei Centri antiviolenza lo denunciano da tempo. L’apparato sanzionatorio interviene alla fine della catena delittuosa e comunque non costituisce un deterrente efficace. Bisogna intervenire all’origine del fenomeno.

È universalmente riconosciuto che la violenza di genere ha solide basi culturali. E fonda le sue radici nei comportamenti socio-culturali. Per questo bisogna rafforzare ed intervenire a livello preventivo sugli aspetti culturali ed educativi per impedire che si riproducano stereotipi di genere, a partire dalle agenzie educative – famiglia e scuola in primis – con il coinvolgimento di tutti.

Siamo convinti che si debba diffondere un’educazione basata sulla conoscenza e sul rispetto dei generi, sulla capacità di gestire ed esprimere le emozioni, sull’idea paritaria e rispettosa del prossimo; non improntata su aspettative stereotipate che rappresentino le bambine tranquille e serene, e i bambini irruenti e violenti.

Lanciamo un appello perché le donne denuncino i comportamenti violenti prima che sia troppo tardi. Perché si crei un percorso di presa in carico del soggetto denunciante, senza soluzione di continuità. Perché si intervenga fortemente, compattamente, unitamente e convintamente a scardinare una cultura avvilente, che ci costringe tutti in comportamenti coatti, lontani da una civiltà delle relazioni che sappia farci vivere felicemente“.