Visite inedite alla basilica di Sant’Abbondio con il FAI di Como

Sabato per tutto il giorno sarà possibile salire su una delle due torri campanarie, sulla cantoria dell’organo e accedere al piccolo sito archeologico sottostante l’altare di Sant’Abbondio
Quanto sappiamo della basilica di Sant’Abondio, la seconda più antica della città di Como e dedicata al Santo Patrono? I più informati in materia ricorderanno gli alti campanili gemelli, l’interno diviso in cinque navate e l’abside arricchito da un ciclo di affreschi con scene evangeliche. Ma quanti altri particolari e piccoli segreti ci sono in questa chiesa, ora in posizione appartata rispetto alla città, ma che, in età medieval,e aveva una collocazione strategica, a presidio del tracciato dell’antica via Regina che, costeggiando la sponda occidentale del Lario, metteva in comunicazione Milano con le regioni del nord Europa attraverso i passi alpini.
Grazie alla delegazione FAI di Como sabato 27 maggio, a partire dalle ore 10:00 e fino alle 17:00, la splendida Basilica di Sant’Abbondio, eretta tra il 1050 e il 1095 sui resti di una precedente chiesa paleocristiana del V secolo intitolata ai Ss. Pietro e Paolo, svelerà per la prima volta al pubblico tre spazi del complesso normalmente interdetti ai visitatori.

Nello specifico sarà possibile salire su una delle due torri campanarie (quella settentrionale, riedificata nel XIX secolo dopo il crollo del 1784), sulla cantoria dell’organo (accessibile attraverso una scala appositamente ricavata nello spessore murario della controfacciata) e accedere al piccolo sito archeologico sottostante l’altare, recante traccia della chiesa apostolica scomparsa. Un tour inedito all’interno della basilica presentato dai volontari FAI con aneddoti e curiosità su questo suggestivo capolavoro del romanico italiano e d’oltralpe: dai sontuosi affreschi trecenteschi del catino absidale all’organo e al nartece perduto, dalla tomba del cardinal Durini alla pianta dell’antica chiesa distrutta riemersa durante i restauri di metà Ottocento…
Dalle 14:30 alle 17:00, sarà inoltre possibile assistere ad alcuni intermezzi musicali all’organo (il prezioso Mascioni opus 733 del 1956) e al violino, rispettivamente a cura di Mattia Calderazzo e di Laura Bernasconi.
Andrea Campagnoli e Tiziano Ramagnano presentano l’iniziativa dela delegazione FAI Como del prossimo fine settimana
Le visite, con ritrovo presso la Basilica di Sant’Abbondio di via Regina Teodolinda 35, avranno inizio dalle ore 10:00 con ultimo ingresso alle ore 16:00. Non è necessaria la prenotazione.
Contributo a partire da:
— 7 € iscritti FAI
— 10 € non iscritti FAI
Il pagamento verrà effettuato in loco e non necessita di prenotazione.
Possibilità di iscriversi o rinnovare la tessera FAI in loco.
Per ogni informazione rivolgersi a: como@delegazionefai.fondoambiente.it
La storia della Basilica di Sant’Abbondio è particolarmente complessa, e solo a partire dalle ricerche del XIX secolo è stato possibile fare luce sulle sue fasi più antiche. Grazie infatti ai resti murari rinvenuti durante i restauri iniziati nel 1863 sotto la guida di don Serafino Balestra e ampiamente documentati da Camillo Boito, si è potuto dimostrare che la basilica venne costruita sulle fondamenta di una precedente chiesa di origini paleocristiane: la Basilica Apostolorum. Il ritrovamento del tracciato della chiesa precedente e di alcune lapidi funerarie (datate tra il 485 e il 584) ha consentito di fissare il termine ante quem per l’ultimazione dell’edificio, che si presentava a croce latina, con navata unica e breve presbiterio. Un ampio nartece a U, da cui era possibile accedere all’interno tramite cinque aperture, si sviluppava lungo la facciata, avvolgendo il braccio inferiore della croce. L’abside e il coro avevano un pavimento in opus sectile con esagoni in marmo nero di Varenna e bianco di Musso, mentre le pareti erano intonacate. La critica non è concorde nel fissare la data di fondazione della struttura, oscillando tra la fine del IV e la metà del V secolo. Nel primo caso si individua come fondatore Felice, il primo vescovo di Como, ordinato da sant’Ambrogio, sottolineando così lo stretto legame tra il padre della Chiesa ambrosiana e l’artefice della diffusione e organizzazione del cristianesimo nella città lariana, nesso che si concretizzerebbe anche nelle opzioni architettoniche. Nel secondo invece, sostenuto dall’erudito comasco Benedetto Giovio (XVI secolo), il fondatore fu il vescovo Amanzio che l’avrebbe eretta per custodirvi le reliquie dei santi Pietro e Paolo portate da Roma.
Le fonti documentarie tacciono fino all’818, anno del privilegio di Ludovico il Pio, in cui si nomina per la prima volta la chiesa con la sua attuale dedicazione, anche se è presumibile che avesse assunto questo titolo già dalla seconda metà del V secolo, quando vi venne sepolto il vescovo Abondio.
In età carolingia l’edificio fu arricchito da un ricco arredo liturgico, costituito da lastre marmoree decorate con motivi geometrici e vegetali che testimoniano l’esistenza di uno (o più) recinti presbiteriali. I materiali vennero rinvenuti durante i restauri ottocenteschi. Alcuni vennero riutilizzati nell’edificio romanico. Nel 1010 la chiesa ospita una comunità benedettina e riceve un’ingente donazione, arricchita da ulteriori rendite negli anni immediatamente successivi. Tale disponibilità di denaro fu, probabilmente, alla base della decisione assunta dai monaci di ricostruire l’edificio, consacrato nella sua veste attuale da papa Urbano II nel 1095, e realizzare il primo nucleo del monastero. L’abbazia venne data in commenda nel 1475. Tra gli abati commendatari si distinse il cardinale Tolomeo Gallio che a partire dal 1586, sotto la guida dell’architetto ticinese Giovanni Antonio Piotti, si fece promotore di un radicale restauro della basilica in chiave classicista. Questo comportò l’abbattimento della tribuna della navata centrale e della relativa scala di accesso, l’apertura di un finestrone lunettato in facciata, con la conseguente demolizione dell’atrio, la costruzione di volte a crociera nelle navate laterali e di una volta a botte in quella centrale. Si intervenne anche sulle finestre del coro che furono allargate, mentre se ne aprirono due all’estremità delle navate laterali per dare luce ai nuovi altari. Nel 1616 la chiesa e l’annesso monastero vennero ceduti alle monache agostiniane di San Tommaso di Civiglio. Ciò comportò l’adeguamento dell’edificio ai canoni monastici e all’osservanza dettata anche dalle Instructiones fabricae et supelectilis ecclesiasticae di san Carlo Borromeo. La chiesa venne divisa in due parti (una per i fedeli e l’altra per le monache), da un tramezzo citato in un documento del 1645. (www.lombardiabeniculturali.it)