Il teatro contro la violenza sulle donne: Laura Negretti: “Affollate i teatri, non per me, ma per tutte noi”

Tre spettacoli con protagonista l’attrice Laura Negretti, tre storie sul tema della violenza di genere, Nei prossimi giorni a Cantù, Carimate e Mariano Comense
Non sono un magistrato, non sono un avvocato, ne uno psicologo e nemmeno un dottore. Sono “solo” un’attrice e ho una sola “arma” da usare per lottare contro la violenza sulle donne: portare sul palco quanto più spesso mi è dato fare quello che ancora troppo frequentemente resta chiuso nel cuore di una donna.
Laura Negretti, attrice e presidente dell’associazione di promozione sociale Teatro in Mostra, porta avanti da anni la lotta per l’eliminazione della violenza sulle donne, e lo fa con le armi che ha: la sua arte e, soprattutto, il suo corpo. Nel repertorio della compagnia ci sono diversi spettacoli che mettono in scena il tema, il più famoso è “Barbablù 2.0”, ma non solo. In questa settimana, simbolicamente così significativa, Laura porterà tre di questi spettacoli in tre teatri del territorio.
Giovedì 23 novembre al Teatro San Teodoro di Cantù, una rappresentazione per gli studenti di “Di sabbia e di vento” un testo di Marco Filatori, con la regia di Luca Ligato, sulla discriminazione di genere e disparità tra i sessi. Due modi diversi per provare a definire quello che da sempre è squallidamente, tristemente, subdolamente e ineluttabilmente davanti agli occhi di tutti. Le donne valgono meno, contano meno, decidono meno, guadagnano meno, lavorano meno, comandano meno, ottengono meno.
In scena una donna che porta sulle sue spalle la storia di tutte le donne sopraffatte, discriminate, abusate solo ed unicamente per la colpa di essere nate donne. Da Giovanna d’Arco, mandata al rogo come eretica nel XV secolo, perché aveva “semplicemente” scelto di combattere come un uomo, vestita come un uomo, per quello in cui credeva. Passando per Camille Claudel colpevole, quattro secoli dopo Giovanna, di essere una grandiosa scultrice in un’epoca in cui le donne potevano al massimo dipingere graziosi acquerelli. Condannata dalla sua bravura e dalla sua bellezza ad essere un’anomalia e dunque, come tale, rinchiusa in manicomio per trent’anni.
Per arrivare fino ai giorni nostri; nel progredito XXI secolo dove il desiderio di maternità può costarti la perdita del posto di lavoro! Uno spettacolo che vuole spingere le donne a desiderare
in grande, a conquistare spazi professionali che finora sono stati preclusi loro, a colmare la disparità di retribuzione con gli uomini, a ridisegnare gli equilibri all’interno della famiglia e a combattere contro gli abusi di potere; qualsiasi abuso di potere!
La storia di tre donne che lottano, a distanza di secoli, per la propria autostima. La storia di tre donne che vogliono considerarsi, e che sono, “unlimited”, senza limiti!

Venerdì 24 all’Auditorium Colosseo a Montesolaro di Carimate, ore 21, l’orrore tra le mura di casa in “Barbablù 2.0”, undramma scritto da Magdalena Barile rifacendosi ad una fiaba di Charles Parrault del XVII secolo. (fiaba che curiosamente nasce come monito alle fanciulle di non lasciarsi guidare dalla troppa curiosità e oggi si presta perfettamente a essere una parabola sulle donne vittima di follia omicida da parte di mariti). Diversamente dalla canonica favola di Barbablù l’uomo questa volta forse non ha una barba dai terribili riflessi blu anzi, sembra così dolce, tenero e premuroso. L’uomo ha una sola moglie; una moglie talmente tanto innamorata da non accorgersi che forse quei riflessi blu ci sono per davvero. L’uomo pensa che è una gran fatica avere tante mogli e che al giorno d’oggi è molto più comodo averne una sola e farle provare, subire, sopportare, penare e patire tutte le violenze possibili e immaginabili: dicono sette ma forse anche di più… La porta chiusa rimane, in “C’era una volta…” come adesso; perché l’orrore che si consuma all’interno delle mura domestiche e dietro una porta che troppo spesso resta serrata, è così terribile che poche donne trovano il coraggio di spalancarla.
“Barbablù 2.0” non è la storia di un marito violento e delle conseguenze delle sue azioni, ma la storia di un viaggio nella testa di una donna. La ricerca di un’identità forte che si è persa, sfilacciata fra violenze e soprusi che sono diventati la norma. Come in un giallo, la protagonista si troverà a ricostruire la dinamica di un omicidio,
il suo, arrivando alla consapevolezza finale e terribile di esserne stata complice.

Domenica 26 novembre alle ore 17, a Villa Sormani di Mariano Comense a conclusione della “Settimana del Rispetto”, Laura Negretti è l’interprete di “Occidoriente” liberamente ispirato al racconto “Il manichino dietro il velo” dell’ iraniano Sedegh Hedayat. L’Iran è un paese sorprendente forse proprio perché ricco di contraddizioni. Trovi la buoncostume che sorveglia il rispetto delle regole islamiche, che interviene se il foulard di una ragazza è troppo allentato e che da la caccia alle coppie di fidanzati che amoreggiano in pubblico, ma trovi anche la Sigheh (la pratica che consente agli uomini di avere una moglie temporanea), che tutti questi “problemi sentimentali” li sistema; con un contratto si stipula un matrimonio a tempo, per qualche mese, a volte solo per poche ore. Con la Sigheh va tutto a posto; niente adulterio da punire o rapporti prematrimoniali da castigare. L’Iran è un paese singolare e forse anche un po’ surreale. Mentre l’omosessualità è condannata con la pena di morte, i transessuali, fin dai tempi di Khomeini, sono trattati come ammalati bisognosi d’aiuto e le operazioni per il cambio di sesso sono all’ordine del giorno. Protagonista del racconto è un manichino di donna visto da un giovane iraniano in una vetrina di una città europea; simbolo dell’apparenza attraente e nel contempo repulsiva di tutto ciò che può essere inteso come “Occidente”. Poi… tre colpi di pistola… per uccidere chi?
Pur essendo stato scritto quasi un secolo fa narra una storia universale; una storia d’emigrazione e d’amore, una storia di civiltà diverse, quella occidentale e quella orientale, che s’incontrano e si scontrano, una storia dove l’altro da se affascina e respinge.

Questa è la “lotta” di Laura Negretti contro una cultura che stenta, non solo a eliminare, ma perfino a riconoscere la violenza di genere: “Il teatro è strumento di cambiamento sociale e individuale, questi tre spettacoli cercano di servire a questo, perciò, AFFOLLATE I TEATRI, NON PER ME MA PER TUTTE NOI‼️