Como abbia il coraggio di riproporsi quale “Capitale della Cultura”



Da qualche anno l’Italia ha importato una trentennale tradizione europea: la nomina annuale di una città a Capitale della Cultura. Che Como abbia di nuovo il coraggio di proporsi
di Davide Fent
Da qualche anno l’Italia ha importato una trentennale tradizione europea: la nomina annuale di una città a Capitale della Cultura. Como ha avuto una possibilità, perso il treno da allora non offre più, si vede, garanzie, nonostante la bellezza naturale del nostro territorio e le tante Associazioni Culturali attive in Como e Provincia. Il percorso di Pesaro Capitale italiana della cultura 2024 inizierà già a dicembre, prendendo il testimone da Bergamo e Brescia: in programma 1000 eventi tra arte, sostenibilità, musica e territorio.
Sono 15 le città italiane che hanno presentato il dossier di candidatura al Ministero della Cultura per il titolo di “Capitale italiana della Cultura” per l’anno 2025. Adesso i progetti presentati da tutte le città verranno sottoposti alla valutazione di una commissione di sette esperti di chiara fama nella gestione dei beni culturali. La città vincitrice, grazie anche al contributo statale di un milione di euro, potrà mettere in mostra, per il periodo di un anno, i propri caratteri originali e i fattori che ne determinano lo sviluppo culturale, inteso come motore di crescita dell’intera comunità.
Il titolo di Capitale Italiana della Cultura nasce dalla vivace e partecipata competizione che culminò il 17 ottobre 2014 nella designazione di Matera Capitale Europea della Cultura 2019. L’impegno, la creatività e la passione che avevano portato le sei finaliste a costruire dei dossier di candidatura di elevata qualità progettuale convinsero il Governo a proclamare le altre cinque concorrenti, ossia Cagliari, Lecce, Perugia, Ravenna e Siena, Capitali Italiane della Cultura 2015 e a indire contestualmente una selezione per individuare, a partire dal 2016, la città meritevole di questo titolo. La prima prescelta fu Mantova, a cui seguirono Pistoia nel 2017, Palermo nel 2018 e Parma nel 2020, titolo prorogato anche nel 2021 a causa dell’emergenza pandemica. L’edizione del 2022 è andata a Procida, nel 2023 è stato il turno di Bergamo e Brescia mentre nel 2024 andrà, come detto, a Pesaro.
Ecco l’elenco delle città che hanno presentato la domanda per il 2025, con il relativo titolo del dossier:
Agrigento – Il sé, l’altro e la natura. Relazioni e trasformazioni culturali
Aosta – Aostæ Città Plurale
Assisi (Perugia) – Assisi. Creature e creatori
Asti – Dove si coltiva la cultura
Bagnoregio (Viterbo) – Essere Ponti
Città Metropolitana di Reggio Calabria – Locride 2025. Tutta un’altra storia
Enna – Enna 2025. Il mito nel cuore
Monte Sant’Angelo (Foggia) – Monte Sant’Angelo 2025: un Monte in cammino
Orvieto (Terni) – Meta meraviglia la cultura che sconfina
Otranto (Lecce) – Otranto 2025. Mosaico di Culture
Peccioli (Pisa) – ValdEra Ora. L’arte di vivere insieme
Pescina (L’Aquila) – La cultura non spopola
Roccasecca (Frosinone) – Vocazioni. La cultura e la ricerca della felicità
Spoleto (Perugia) – La cultura genera energia
Sulmona (L’Aquila) – Cultura è metamorfosi

Ora non comprendo perché questa Amministrazione che si dice Avanguardista latiti e rinunci a candidarsi. I benefici economici della nomina a Capitale della Cultura cominciano a manifestarsi prima dell’evento e non si esauriscono col termine dello stesso. Gli investimenti necessari per la preparazione e lo svolgimento di questa kermesse sono stati spesso utilizzati per interventi di natura infrastrutturale tra cui, prevalentemente, l’ammodernamento dei beni culturali e delle infrastrutture del trasporto e la riqualificazione urbana. Questi investimenti si traducono anche in benefici per i settori coinvolti nell’indotto. Pertanto, a trarne vantaggio sono stati i cittadini della città e del territorio circostante, la cui qualità della vita viene incrementata sotto vari punti di vista.
In passato, gli investimenti sono stati molto differenti di città in città. Le attività di realizzazione del programma culturale, la promozione e il marketing della manifestazione, i costi del personale e dell’amministrazione, danno un contributo allo sviluppo e alla creazione di nuove figure professionali. Le ricadute positive della manifestazione non sono esclusivamente di natura economica: spesso l’evento modifica permanentemente l’offerta e l’immagine della città ospitante. Alla proiezione di un’immagine positiva verso l’esterno si è quasi sempre accompagnato uno sviluppo dell’identità culturale della città, un’accresciuta partecipazione dei cittadini e del loro senso di appartenenza, una maggiore apertura verso l’Europa.
Como è un destino, non è scelto. Noi non scegliamo nulla né nome, né epoca storica. Noi siamo scelti e dobbiamo immancabilmente fare i conti con la “Bellezza” del luogo che ci ha scelti. E’ una città con un’individualità ben precisa ha un grandioso passato ma, ahimè, un ben misero presente. Como vive di rendita, è “una bella allo specchio”. Se ci pensate, Como non ha nulla che ne interrompa lo skyline, il lago, simbolo per eccellenza dell’altrove, le montagne con i loro verticalismi, Como ha un infinito intorno, qui è nata la straordinaria proliferazione di fantasia di scienziati e artisti. Leggere il territorio e il patrimonio artistico significa avere coscienza di se stessi ed essere parte viva di una comunità.
Roberto Longhi diceva: “Gli italiani parlino la storia dell’arte come una lingua viva per avere coscienza della propria nazione”. Dobbiamo abbandonare l’idea che ci siano delle barriere delle formalità, limita quello che ci deve essere sempre: un dialogo, un colloquio quotidiano con il patrimonio artistico. La National Gallery di Londra è gratuita e non è difficile incontrare a pranzo gli inglesi che entrano nel museo solo per vedere un quadro. Le strutture artistiche devono essere luoghi in cui il rapporto è colloquiale, familiare e informale. Questi luoghi devono essere considerati come una piazza, un luogo in cui si entra. Dobbiamo creare un sistema museale sinergico, ci vuole una “bussola” d’autore per scoprire, passo dopo passo, luoghi, incanti e angoli nascosti di Como. Un museo deve avere un aspetto conservativo, fondarsi come Permanente, quella che per i tedeschi è la “kunsthalle”: compito dei musei è la testimonianza.
Ma alla Pinacoteca di Como manca forse ulteriore dinamismo, uno scatto ulteriore in avanti, già molto onestamente e’ stato fatto da questa Amministrazione, però, in una parola: ad esempio le collezioni non sono esposte a rotazione, non viene incrementato il patrimonio guardando soprattutto ai giovani creativi (si tenga presente che ad esempio oggi è molto diffuso il leasing anche tra i musei). Inoltre non si investe in comunicazione culturale, né si incrementa la biblioteca. Si pensi ad esempio quanto potrebbero essere utili delle postazioni “multimediali”. Il dinamismo dovrebbe essere fatto anche di «eventi musicali e teatrali, proiezioni, video». Non è un sogno, ma «un’utopia realizzabile. Ci si può arrivare attraverso piccoli passi.
Ma il Signor Sindaco Alessandro Rapinese e l’ Assessore alla Cultura Signor Enrico Colombo perché non hanno il coraggio di osare? Riproporre Como Capitale della Cultura se rivoluzione deve essere rispetto al passato lo sia fino in fondo.
Davide Fent