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Zone ATEX: comprendere i rischi e le misure di sicurezza

La marcatura ATEX viene applicata su apparecchiature e dispositivi che sono progettati e realizzati per venire impiegati in tali zone, al fine di garantire la conformità agli standard di sicurezza

La marcatura ATEX viene applicata su apparecchiature e dispositivi che sono progettati e realizzati per venire impiegati in tali zone, al fine di garantire la conformità agli standard di sicurezza. È importante che gli operatori mettano in pratica tutti gli accorgimenti del caso, ogni volta che lavorano in tali zone, così da prevenire le conseguenze di eventuali esplosioni.

La norma ATEX

La norma ATEX EN 60079-10-1 affronta il tema della classificazione dei luoghi in cui si possono verificare pericoli correlati alla presenza di vapori o gas infiammabili; essa di conseguenza può fungere da riferimento per scegliere in maniera appropriata e installare i dispositivi destinati a essere utilizzati in luoghi pericolosi. La Direttiva ATEX, in effetti, deve essere applicata negli ambienti in cui si può manifestare un pericolo di accensione correlato alla presenza di vapori o gas infiammabili a contatto con l’aria. La classificazione delle zone ATEX, vale a dire dei luoghi di rischio, non è altro che un metodo attraverso il quale è possibile analizzare e classificare gli ambienti in cui la presenza di polveri o gas può favorire la formazione di atmosfere esplosive, in modo che le apparecchiature da usare funzionino in maniera ottimale e soprattutto in condizioni di sicurezza.

Perché è importante classificare le zone ATEX

Classificare le zone ATEX vuol dire tenere conto delle caratteristiche di accensione delle polveri o del gas, come per esempio la temperatura di accensione e l’energia di accensione. Sono due i più importanti obiettivi che possono essere conseguiti attraverso la classificazione dei luoghi: da un lato l’estensione della zona, e dall’altro lato l’identificazione della tipologia di zona pericolosa. Quando si deve definire in quali posti si può verificare la presenza di polvere o di gas infiammabile, è necessario prendere in considerazione sia la durata dell’emissione che la probabilità della stessa, in funzione del grado di emissione. Per ogni grado di emissione si fa riferimento ai fattori che occorrono per definire la base a partire dalla quale si può valutare la presenza di un’atmosfera esplosiva e l’estensione delle zone pericolose.

Cosa vuol dire ATEX

Le zone ATEX riguardano, dunque, le atmosfere esplosive. Si può far riferimento anche al D. Lgs. n. 81 del 2008, e in particolare all’articolo 288 del Testo Unico per la Sicurezza, in cui si parla di atmosfere esplosive come di miscele tra sostanze infiammabili – che possono essere polveri, nebbie, vapori o gas – e l’aria, a specifiche condizioni atmosferiche. È essenziale la presenza di un comburente e di un combustibile: il primo in genere è l’ossigeno, mentre il secondo può essere rappresentato, appunto, da una polvere, da una nebbia, da un vapore o da un gas. Basta che tali elementi siano presenti nello stesso momento, anche in via accidentale, per dare origine – se essi sono miscelati in proporzioni ben precise – a un’atmosfera esplosiva. Se a una situazione di questo tipo si somma una fonte di innesco, ecco che compare un ambiente potenzialmente pericoloso, da cui scaturisce un’esplosione con danni ingenti alle strutture.

Le attività a rischio

Il rischio di cui stiamo parlando può riguardare molteplici settori e varie tipologie di attività: l’industria metallurgica, l’industria petrolifera e l’industria chimica, per esempio, ma anche il settore alimentare, con riferimento in particolare alle attività di lavorazione e di stoccaggio di zucchero, di farine o di cereali. Ma nel novero delle attività potenzialmente a rischio ci sono anche le falegnamerie e quelle correlate alla lavorazione dei tessuti, senza dimenticare le distillerie, le carrozzerie, gli impianti di gas, le aziende che producono profumi e vernici e quelle che si occupano dello stoccaggio di carburanti.

I due macro gruppi previsti dalle norme

La Direttiva 2014/23/UE ha a che fare con la classificazione dei dispositivi che vengono impiegati in zone a rischio esplosione, identificando due macro gruppi: il primo riguarda i prodotti che devono essere usati in miniere grisutose; il secondo le apparecchiature che devono essere impiegate in superficie. Il gruppo dei prodotti che sono progettati per un impiego nelle miniere in cui c’è il grisù comprende gli apparecchi M1 e quelli M2: i primi assicurano un livello di protezione molto alto, mentre i secondi garantiscono un livello di protezione alto. Il grisù – vale la pena di precisarlo – è un gas combustibile senza colore e senza odore che è formato da metano e altri gas come l’etano, l’anidride carbonica e l’azoto. Molto importanti sono, da questo punto di vista, i trasmettitori di pressione per zone ATEX, come quelli che vengono proposti da Repcom, che servono a fornire misurazioni accurate e stabili riguardanti le pressioni relative e assolute di elementi gassosi e liquidi. La Direttiva ATEX 99/92/CE, infine, è quella che classifica le cosiddette Zone ATEX, vale a dire le varie aree nelle quali si riconosce il rischio di esplosione, per la presenza – come si è visto – di polveri combustibili o di gas.

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