“Volevo diventare grande subito”, Mario Schiani racconta la storia di Ibu e, di pari passo, la storia dei nostri giorni

Un libro la cui forza colpisce già dal prologo, che porta subito il lettore dentro uno dei momenti più drammatici della vicenda di Ibu
di Sabrina Sigon
Volevo diventare grande subito” – editore Dominioni – dello scrittore e giornalista Mario Schiani, è un libro la cui forza colpisce già dal prologo, che porta subito il lettore dentro uno dei momenti più drammatici della vicenda.
Ma è quello che accade nel deserto, su pick-up sorvegliati da guardie armate, nel caldo torrido dei giorni dove le gomme vanno sgonfiate per non sprofondare nella sabbia, e nelle notti dove il gelo punge come centinaia di spilli; è quello che accade ai ragazzini venduti, sfruttati nelle miniere e nei mercati, costretti a dormire su giacigli di cartone zuppi di urina; è la cattiveria della gente, talvolta degli stessi parenti; è tutto questo che, unito alla giovane età del protagonista, ha l’effetto di un pugno nello stomaco.
È Ibu – Ibrahima Rana Dia – che racconta di sé per raccontare anche di altri, simboli di un’infanzia sottratta ai legittimi proprietari, attraverso la penna precisa e sensibile di Schiani.
Ibu è un bambino di Conakry, capitale della Guinea, sua madre lavora al mercato cittadino e il papà fa l’autista. Insieme alla sorella minore, Fatu, vive circondato dalla serenità di un’infanzia protetta dalla famiglia. Ama la musica al punto di voler diventare una star come il suo idolo Takana Ja, e adora i film d’azione, che stimolano la sua competitività e il suo desiderio di crescere in fretta. A causa di una tragedia che si abbatte sui genitori per lui comincia tutta una serie di esperienze drammatiche che lo porteranno, attraverso un viaggio lungo dieci anni, fino alle coste della Libia per affrontare le insidie del Mediterraneo.
Come i testi della musica di Tiken Jah Fakoly – nome d’arte di Doumbia Moussa Fakoly, un cantante reggae ivoriano – la sua storia arriva a noi con il compito di “svegliare la coscienza” di chi avrà la fortuna di leggerla.
Mario Schiani ha la capacità di entrare nel profondo di una vicenda personale, e di uscirne per allargare il campo alla storia contemporanea, e dare così al lettore un quadro politico ed economico complesso di un paese di cui, spesso, non si sa molto.
La conoscenza, per sua natura, porta all’apertura verso l’altro; riconoscerlo e ascoltarlo vuol dire trasformare la visione bidimensionale che si ha nei confronti di chi, stando agli angoli delle nostre città, viene percepito come causa di disturbo.
La conoscenza porta alla consapevolezza, che può diventare stimolo di integrazione e convivenza.

Grazie quindi a Schiani – e all’editore Dominioni – che con questo libro consentono all’esperienza del singolo di diventare universale, un’esperienza nella quale non possiamo non immedesimarci, che ci consegna la chiave di accesso a un mondo che – notizie e statistiche alla mano – fatichiamo comunque a immaginare ma, nonostante ciò, etichettiamo con troppa facilità.
I sogni si dissolvono come miraggi nel deserto libico, dove qualcuno ha allestito un campo per migranti in cui “si riproduce la disperata sospensione tipica dei lager e dei gulag. Ore vuote, fame, debolezza, scoramento per mancanza di speranze e prospettive”.
Privazioni fisiche e psicologiche, brutalità alle quali nessun essere umano, men che meno dei ragazzini, dovrebbero essere sottoposti.
I sogni, però, non si dissolvono per Ibu. La sua lucidità è impressionante, le sue risorse hanno dell’incredibile: venditore di caffè e latte condensato, minatore, addetto alle pulizie, lustrascarpe, procacciatore di clienti per taxi, muratore in schiavitù.
L’epilogo viene lasciato alle riflessioni del protagonista. Riflessioni tanto più importanti per il fatto che emergono da dieci anni di vita nei quali “la mattina non ha certezza del giorno dopo”.
“Il 6 luglio 2006 lo sguardo della Human Rights Watch cade sulla Guinea: il rapporto – tuttora in rete – è intitolato Guinea: Security Forces Respond to Protests with Killings (Guinea: le forze di sicurezza rispondono alle proteste uccidendo)”.
Ma anche nelle zone più aride della terra possono nascere fiori, non con petali e stelo ma come formazione sedimentaria. Liberata dalla sabbia ad opera del vento, la Rosa del deserto mostra la sua bellezza a chi ha la capacità di scorgerla mentre cammina. Non è facile, ma qualcuno ci riesce, e porta bellezza nel mondo; e questo avviene perché, talvolta, la parte migliore dell’umanità trova il coraggio di uscire allo scoperto.
Questa è una di quelle volte.
Il ritmo incalzante, le descrizioni accurate – tipiche della sensibilità dell’autore – la sincerità di questo ragazzo che, nel mettere a nudo se stesso, spoglia noi di molte certezze: questi e molti altri gli elementi capaci di lasciare nel lettore una traccia permanente.
A ognuno decifrare la propria, per scoprire fin dove conduce questo viaggio.
Quello di Ibu, il cui vero approdo emergerà alla fine del libro.
E anche il nostro. La sfida, dopo aver chiuso l’ultima pagina, è capire fin dove questo viaggio riuscirà a portare noi.
Presentato in anteprima durante la recente edizione di Parolario, “Volevo diventare grande subito” – seconda uscita per la linea editoriale Docu dell’editore Dominioni – è ora disponibile in libreria e sulle piattaforme online.
Le prossime presentazioni:
Martedì 2 luglio 2024 ore 18 Chilometro Zero – biblioteca cantonale di Lugano
Venerdì 12 luglio ore 21 libreria Libooks Cantù
Martedì 27 agosto ore 18 Fiera del Libro di Como

Mario Schiani (Como, 1963) è giornalista professionista dal 1988.
Il suo esordio nella narrativa risale al 2009 con La banda delle Quattro Strade (Salani), finalista al premio nazionale di letteratura per ragazzi “Il gigante delle Langhe”. Nel 2020 un secondo romanzo, Quel dolce nome (Giovane Holden Edizioni). Nel 2021, Il fucile dietro la schiena (Dominioni Editore), scritto con il fratello Paolo e incentrato sul dramma degli internati militari nella Seconda guerra mondiale.