Sul palco del Foce Lugano Mirko D’Urso racconta il “Mare Morto” dei migranti

4 dicembre 2024 | 16:00
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Sul palco del Foce Lugano Mirko D’Urso racconta il “Mare Morto” dei migranti

L’opera teatrale sulla tragedia dei migranti che affrontano il mar Mediterraneo con la speranza di un futuro migliore o, se non altro, meno devastante.

Venerdì e sabato, alle 20.30, il Teatro Foce Lugano presenta ‘Mare Morto’, una produzione della Compagnia MAT che affronta il dramma delle vittime del mar Mediterraneo. Negli ultimi 10 anni, più di 25’000 persone, tra cui molte donne e molti bambini, hanno perso la vita in questo mare che un tempo era sinonimo di bellezza e di vita, mentre oggi per molti rappresenta solo un mare… morto.

La produzione dell’opera, tutta ticinese, parte dalla necessità del direttore artistico della Compagnia MAT, Mirko D’Urso, di dare voce alla tragedia dei migranti che affrontano il Mediterraneo con la speranza di un futuro migliore o, se non altro, meno devastante. Seppur i dati sono contrastanti, si stima che siano più di 1000 anche quest’anno i morti e dispersi nella traversata dall’Africa all’Europa, un dato che ha indotto D’Urso a riportare in scena “Mare Morto”, il monologo da lui interpretato, per la prima volta, nel 2020.

Il testo di “Mare Morto” è di Simone Gandolfo, regista e attore diplomato al Teatro Stabile di Genova, ha trascorso due mesi in mare aperto per girare una serie documentaria per l’emittente televisiva TV2000: «Quando, pattugliando il mare aperto a 30 miglia dalle coste libiche, si avvista un gommone, la prima cosa che ti colpisce sono gli occhi: occhi pieni di speranza, perché a chi tenta di fuggire dalla Libia che è come l’inferno in terra, non resta altro che la speranza. Mai come al centro mediterraneo sono stato vicino alla morte e mai ho sentito così forte pulsare la vita».

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In un indefinito punto del Mediterraneo Centrale un uomo alla deriva su un piccolo gommone osserva immobile il sole al tramonto tuffarsi nel mare. Accanto a lui, in mezzo ai resti di un naufragio, c’è un piccolo fagotto di stracci. L’uomo si chiama Malik e nel fagotto c’è sua figlia neonata: Anele.
La madre, Sheba, è morta su una spiaggia qualsiasi del Golfo della Sirte, circa settantadue ore prima. Non è morta di parto, no… E’ morta falciata da una raffica di AK- 47 sparata ad altezza uomo per persuadere la marea umana a salire sui gommoni.
Malik si guarda intorno, intona una dolce ninna nanna mentre rovista fra le molte bottiglie di plastica alla ricerca di acqua dolce. Sembrano tutte vuote. La ricerca si fa sempre più frenetica e la ninna nanna si trasforma in un lamento straziante a cui si mischia il pianto di Anele, in un crescendo di rabbia impotente Malik si rivolge direttamente a Dio: preghiere, domande, minacce e avvertimenti eruttano in morsi di parole ringhiate.
Improvvisamente Malik si ferma, il suo sguardo come schiaffeggiato, si volta verso la prua del gommone, un riflesso attira la sua attenzione ed istintivamente si lancia in quella direzione con la furia cieca della disperazione. Le sue mani ghermiscono una bottiglia di plastica mezza piena: 75 cl di acqua da bere, significa altre dodici ore di vita per lui e per sua figlia; sempre che riescano a combattere l’ipotermia.
Malik si schiarisce la voce e rivolgendosi a volte alla figlia, a volte perdendosi nei ricordi che, evocati, prendono vita davanti ai suoi occhi; comincia a raccontare la storia di Sheba e del loro amore.
Il flusso dei pensieri di Malik scorre libero, sono tracce di memoria fresca. Il racconto di Malik è costellato di fatti orribili: abusi, privazioni, violenze, torture.
Il racconto procede alternando una narrazione dettagliata e cruda dei fatti, a momenti in cui Malik si rivolge direttamente alla figlia perdendosi in una saggezza che solo chi è così vicino alla morte può sperimentare.
L’acqua è finita, l’alba non è ancora arrivata ed il sonno, che annuncia l’ipotermia, sta avendo la meglio. Malik ormai straparla, i momenti di lucidità sono isole in un flusso di coscienza vomitato a singhiozzi soffocati… Improvvisamente, quando proprio tutto sembra perduto, un faro in lontananza squarcia il cupo grembo della notte; Malik ci mette un attimo ad accorgersi che non è un’allucinazione, poi inizia a sbracciarsi, si fruga rapidamente addosso e trova una torcia di segnalazione. La voce distorta da un megafono gli arriva lontano: “we are Italian Cost Guard, we are here to rescue…”
Malik abbassa lo sguardo sul fagotto che ha poggiato in grembo:
– Anele, svegliati amore mio, siamo salvi!!! – ……. – Anele! Anele svegliati!!!!! –
Mentre la luce della motovedetta della Guardia Costiera italiana si avvicina sempre di più diventando accecante, la consapevolezza dell’inevitabile morde la carne di Malik e il nome di sua figlia diventa un urlo di dolore primordiale che si perde in un mare di luce…

Mare Morto 
Drammaturgia Simone Gandolfo
Interprete Mirko D’Urso
Compagnia MAT

Venerdì 6 e sabato 7 dicembre ore 20.30

Teatro Foce Lugano
Via Foce 1

Prezzo

Intero
CHF 20.-
CHF 15.-
Giovani CHF 10.-

Prevendita online  biglietteria.ch