La Madonna con bambino di Filippino Lippi esposta per l’Avvento al m.a.x. museo di Chiasso

Da oggi al 6 gennaio si potrà ammirare l’opera che, normalmente, non è esposta al pubblico
Per il quinto anno consecutivo, il m.a.x. museo di Chiasso propone l’ESPOSIZIONE DELL’AVVENTO, appuntamento del periodo natalizio molto apprezzato dai visitatori grazie al quale è possibile ammirare un’opera in tema normalmente non visibile al pubblico. Il capolavoro scelto per queste Festività è Madonna con il Bambino e angeli, di Filippino Lippi (Prato 1457 – Firenze 1504) e bottega con Vincenzo Frediani, tempera grassa su tavola, risalente al periodo 1480-1483 ca. .
La pregevole opera è esposta ora nell’atrio del m.a.x. museo e potrà essere ammirata gratuitamente fino al 6 gennaio 2025. Il quadro, appartenente a una collezione privata conservata in Canton Ticino, è stato temporaneamente trasferito dal luogo dove è custodita abitualmente, presso il caveau d’arte OLG International a Chiasso con cui il museo ha sancito un accordo con il sostegno del Comune di Chiasso, dell’AGE SA e con la sponsorizzazione tecnica di Helvetia Assicurazioni.

• DESCRIZIONE DELL’OPERA La rappresentazione della Madonna con il Bambino è un tema iconografico importante nella storia dell’arte di cultura cristiana che conobbe una particolare fortuna del Rinascimento italiano: molti artisti hanno interpretato questa scena ricercando sempre più il rapporto umano e coinvolgente fra la madre
e il bambino, pur mettendo sempre in risalto i simboli e le metafore sacre riferite alla vita e al sacrificio di Cristo. La cultura figurativa fiorentina di età laurenziana, che aveva abbracciato i principi neoplatonici in cui l’uomo era visto come copula mundi, ovvero quell’armonica interazione tra anima e corpo in cui ciascuno è padrone del proprio destino, ritraeva l’uomo e la donna secondo un canone proporzionale predeterminato, perché in questo modo si offriva la possibilità all’essere vivente di potersi elevare verso il mondo divino tramite la mediazione fondamentale dell’amore e della bellezza. A queste dotte disquisizioni transdisciplinari parteciparono Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Poliziano, Nicola Cusano, Leon Battista Alberti, Bartolomeo Scala e Cristoforo Landino, nonché esponenti della famiglia dei Medici, quali Giuliano de’ Medici e Lorenzo il Magnifico. Essi si riunivano inizialmente in Villa le Fontanelle, e quando il gruppo divenne sempre più numeroso, l’accademia si spostò – all’inizio degli anni ‘80 del Quattrocento – nella vicina Villa medicea di Careggi. L’opera dovette essere commissionata da Lorenzo il Magnifico a Filippino Lippi proprio per abbellire un interno della Villa di Careggi, famosa residenza progettata da Michelozzo che Lorenzo Medici elesse a sua residenza suburbana preferita e che divenne la principale sede dell’Accademia neoplatonica quale centro di confronto filosofico e culturale. Il pregevole dipinto intitolato nella sua versione definitiva Madonna col Bambino, con San Giovanni Battista e angeli è il più grande tondo del Rinascimento che sia giunto fino a noi in tempera grassa su tavola, con il suo diametro di 173 cm. Il soggetto dovette essere discusso proprio in quest’ambito sulla base di un iniziale abbozzo su tavola, opera qui esposta (e documenta nell’archivio fotografico del celebre studioso Federico Zeri, precedentemente segnata da L. Berti, da B. Berenson e J.K. Nelson) e messa in relazione con il grande tondo. Fra il 1482 e il 1483 Filippino Lippi si trovò a dover affrontare l’arduo compito di creare una variazione neoplatonica sul tradizionale tema della Madonna con il Bambino. Egli raffigurò sulla tavola un angelo che con un’estrema delicatezza porge un piatto dorato con dei fiori di garofani rossi (garofano in greco significa “fiore di Dio”) al Bambino Gesù, e questi ne compone con l’altra mano un mazzolino da offrire alla Madonna. Il mazzolino è il punto di vista centrale della composizione prospettica dettata dalle linee di fuga delle pianelle del pavimento come anche dai lacunari di composizione brunelleschiana della volta a botte sottolineata dalle cornici in pietra serena grigia degli archi a tutto sesto e i due oculi soprastanti. Al centro la Madonna sostiene il Bambino con una posa molto naturale del braccio destro che passa sotto e sopra le gambine del Bambino Gesù, il quale ha l’aureola intorno alla testa ripartita regolarmente da coralli simbolo del sacrificio che lo attende. Tutti i particolari degli ornamenti delle vesti e le decorazioni architettoniche sono dipinti dal Lippi con grande dovizia e nel dettaglio accurato dei motivi ornamentali (purtroppo un restauro scellerato ha pulito anche le decorazioni a secco, come il velo della Madonna e del Bambino, lasciandone solo qualche traccia). Inoltre come si può notare nella tavola, e ancor meglio nel tondo, Filippino Lippi è molto attento alla pittura nordica e risente di un’influenza precoce della “prospettiva atmosferica” di Leonardo – artista che conosce personalmente oltre al suo maestro Verrocchio – realizzando con grande maestria gli sfondamenti spaziali dei paesaggi dipinti oltre la quinta architettonica dell’arco aperto. Nella composizione complessiva la Madonna è posta al centro e sta solennemente a guardare, ritratta in chiare forme di pulchritudo neoplatonica (si noti l’ovale perfetto del volto, le proporzioni dei lineamenti, i lunghi capelli biondi raccolti sulla nuca, le forme del corpo longilinee ed eteree) mentre tre angeli sulla destra stanno cantando ai suoi piedi. Uno guarda il Bambino ed ha l’indice teso, come per tenere il ritmo, e si appoggia alla mano del compagno per comunicare con lui senza parlare. Il secondo angelo ha in mano un rotolo su cui è fedelmente riportata una partitura, andata rovinata nella bozza preparatoria, ma nel tondo finale si leggono le chiavi musicali, le note e i segni di ripetizione, che furono trascritte dallo studioso Scherliess e più dettagliatamente da McGee vent’anni fa. I due musicologi mettono in luce come Filippino avesse incluso nel quadro la prima parte completa di una composizione a tre voci e alcune note della seconda che si intravvedono nell’ultimo tratto srotolato del foglio. È significativo che l’artista non abbia indicato il testo, sebbene ci fosse abbastanza spazio per inserire l’incipit, e abbia scritto invece “Tenor” e “Contra” sotto al pentagramma per la seconda e terza voce. Questo particolare ha spinto lo studioso McGee a suggerire che il tondo
rappresenti una conferma visiva, unica nel suo genere, della convincente e innovativa teoria che molta parte della musica italiana del Rinascimento fosse cantata senza parole. Gli studiosi concordano che il pezzo musicale nel dipinto di Filippino Lippi sia scritto in uno stile compositivo in uso in Italia negli anni Settanta e Ottanta del Quattrocento, riscontrabile anche nelle opere italiane di H. Isaac che all’inizio del 1484 lavorava a Firenze. È stato così individuato dallo studioso Blackburn il fatto che le prime tre battute delle due voci ricalchino la famosa composizione intitolata Fortuna desperata, composta prima del 1478, forse come le Stanze del Poliziano per commemorare la morte della giovane Simonetta Cattaneo, nobildonna genovese di cui s’innamorarono sia Giuliano che Lorenzo de Medici, canzone che sarebbe poi diventata la più conosciuta in Italia nel secondo Quattrocento nonché uno dei modelli polifonici usati più di frequente nel Rinascimento. È pensabile che fosse stato il committente a richiedere nella cerchia neoplatonica di dipingere questa specifica canzone, ma è anche importante notare che Filippino Lippi possedeva diversi strumenti musicali, fra cui un liuto, come si evince dal suo testamento, e quindi era abile anche nella musica. Inoltre il riferimento alla Fortuna desperata prelude a quel tragico periodo che pochi anni dopo confluì nelle prediche di Savonarola e l’accensione dei “roghi della vanità” nelle piazze, che portarono alla revisione morale della Chiesa nonché alla tragica decadenza della famiglia Medici a Firenze. Con la visione filosofica neoplatonica si diffuse il tema della ricerca della bellezza, intesa come senso di proporzione e armonia estetica, che proprio nella produzione figurativa ambientata con l’integrazione della natura aveva una delle sue applicazioni più significative. La Nascita di Venere (1482 ca.) e la Primavera (1482 ca.) dipinte da Sandro Botticelli nella villa di Castello per redimere lo spirito ribelle del giovane Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici sono praticamente contemporanee al tondo di Filippino Lippi. In Botticelli i valori della bellezza ideale e della spiritualità prevalgono e questo affascina Lippi, il quale – nel tempo in cui realizza la tavola e la successiva discussione in seno al circolo neoplatonico, nonché la probabile presa di visione diretta della Primavera nella villa di Castello – è indotto ad aggiungere un altro angelo a sinistra; questo gli permette di effettuare una puntuale citazione di Flora ritratta nella Primavera, la quale nelle vesti trattiene i fiori che ha raccolto, di diverso genere, non più solo garofani – come nella prima tavola – ma una profusione di fiori, che secondo Warburg sono un elemento distintivo raffigurante la personificazione della città di Firenze. Tuttavia, nel complesso, il tondo nella sua articolata composizione rivela un’autonomia dell’artista nell’invenzione iconografica del Bambino che compone un mazzolino di fiori da porgere alla Madonna, e ancor più nelle ampie dimensioni del tondo in cui vi è uno spostamento di asse verso sinistra che permette di creare – sull’altro lato – un grande arco che concede lo spazio alla figura di San Giovanni Battista ritratto in prospettiva. La composizione, come ha notato la studiosa C. La Malfa, spostando l’attenzione con l’espediente del grande sfondamento di spazio sulla destra – in cui si staglia la figura del San Giovanni Battista patrono di Firenze – rivela un chiaro riferimento alla famiglia de’ Medici che la guidava in quel momento. Il committente non è più messo in primo piano, inginocchiato, ma inserito nello spazio del dipinto; chi conosce la storia comprende, come ci racconta Vasari: “avendo intrinseca amicizia con Lorenzo Vecchio” gode di ampia libertà, e sul piano del giudizio critico ne esalta la bizzarria antiquaria – “fu il primo il quale a’ moderni mostrasse il nuovo modo di variare et abbellisse ornatamente con antichi abiti e veste soccinte le figure che e’ faceva. Fu primo ancora a dar luce alle grottesche, che somiglino all’antico […]. Maravigliosa cosa era vedere gli strani capricci che nascevano nel suo fare”. Nella sua interpretazione della Madonna con il Bambino e angeli, Filippino Lippi unisce la tenerezza della maternità umana e l’immagine sacra, con un’articolata eleganza d’insieme pienamente inserita nella visione neoplatonica del Rinascimento fiorentino. •
Filippino Lippi nasce a Prato dall’unione illegittima tra il celebre pittore e frate carmelitano, Filippo, e la monaca agostiniana Lucrezia Buti. L’anno di nascita è incerto: il 1457 rimane la data che raccoglie maggiori consensi. Ancora bambino, nel 1467 segue il padre a Spoleto, dove rimane fino al 1469; è
proprio in questa città che il suo nome emerge per la prima volta nei documenti relativi agli affreschi dipinti da Filippo nell’abside del Duomo.
Già nel giugno 1472 si cita che il giovane è presente nella bottega di Sandro Botticelli. Se in passato il rapporto si prospettava in un tradizionale sistema di discepolato del Lippi rispetto al più anziano Botticelli, ricerche più recenti hanno diversamente orientato tale ricostruzione nel senso di una stima e profonda amicizia professionale, essendo Botticelli di soli dodici anni più vecchio. L’adesione alla maniera di Botticelli permane nelle opere della metà e fine anni Settanta del Quattrocento. Nella Madonna della Melagrana (Parigi, Louvre), a lungo contesa tra Botticelli e il Lippi, risalta con grande evidenza l’assimilazione di un “canone” di bellezza femminile del tutto botticelliano, ma le cui radici vanno, ancora una volta, ricercate in opere di Filippino Lippi degli anni Sessanta, quali la Madonna e angeli degli Uffizi o quella di Monaco. L’Incoronazione della Vergine testimonia oggi il momento più maturo della collaborazione tra Botticelli e il Lippi.
Nel 1481 Filippino Lippi è ammesso nella Compagnia di S. Paolo, confraternita religiosa che contava allora oltre duecento componenti di estrazione sociale diverse, ma anche Lorenzo de’ Medici e Angelo Poliziano. Nel 1483 partecipa al più ambizioso programma decorativo avviato da Lorenzo il Magnifico, la decorazione della villa di Spedaletto, vicino Volterra, dove vennero radunati i migliori artisti sulla scena fiorentina dell’epoca: Pietro Perugino, Sandro Botticelli, Domenico Ghirlandaio e Filippino Lippi. Le scene, che avevano un carattere squisitamente mitologico, sono andate completamente perdute. Nella sua prima gioventù, inoltre, “diede fine alla cappella de’ Brancacci […], cominciata da Masolino e non finita da Masaccio per morte sua” come attesta il Vasari; il completamento del celeberrimo ciclo è ricordato anche dalle fonti più antiche, che ne avevano immediatamente colta l’importanza.
Filippino Lippi si reca a Roma più volte, ma tre sono i soggiorni significativi, nel 1481 con Sandro Botticelli per aiutarlo nella cappella Sistina, tra il 1487-1488 e il 1490 e 1493 circa, dove è attratto dalle vive testimonianze dell’antico, a cui si rivolge con interesse curioso e filologico.
Nel 1482-83 Filippino Lippi dipinge per Lorenzo il Magnifico il tondo Madonna con il Bambino e angeli poi divenuto tondo Corsini nel corso del ‘600. Per tale importante opera è possibile che abbia preparato una tavola preparatoria per affrontarne la discussione in un circolo neoplatonico, come era consuetudine fare in quel gremio, e l’inconsueta iconografia scelta lo conferma.
La solida fama del Lippi, che ormai travalicava le mura di Firenze, è testimoniata dai dipinti commissionati dal re d’Ungheria Mattia Corvino dei quali si fa esplicita menzione nel suo testamento del 1488.
Dal gennaio 1490 fino all’agosto 1493 risulta assente da Firenze e di certo è di nuovo a Roma. A partire da Vasari, gli affreschi romani sono stati considerati un punto di svolta nell’attività del Lippi e, senza dubbio, il gusto antiquario è l’aspetto più evidente di tale cambiamento. Negli anni romani si dedica con assiduità all’esplorazione e allo studio dei monumenti antichi.
Dopo il ritorno a Firenze, nell’estate 1493, si colloca il frammentario Laocoonte nell’atrio della villa medicea di Poggio a Caiano, eseguito prima della espulsione dei Medici da Firenze nel novembre del 1494; da allora fino all’estate del 1495 il Lippi lavora con assiduità alla cappella Strozzi, dove completa le Storie di San Filippo. Queste ultime, nella ricostruzione del tempio di Marte e nell’insistito esotismo antiquario dei personaggi, testimoniano il nuovo gusto archeologico e “romanista” che il Lippi introdusse a Firenze. Nel 1496 firma l’Adorazione dei magi (ora Firenze, Uffizi) per l’altare maggiore della chiesa di S. Donato a Scopeto: l’opera sostituiva la celeberrima tavola commissionata a Leonardo – che però l’aveva lasciato incompleta -, l’amicizia e la conoscenza dei due artisti documenta anche l’influenza
leonardesca su Filippino. Nel 1498 gli viene affidata la pala per la sala del Gran Consiglio a palazzo Vecchio, per la quale realizza solo alcuni disegni.
Il suo coinvolgimento in opere e incarichi pubblici è poi attestato, tra l’altro, dalla partecipazione al comitato che doveva stabilire la collocazione del David di Michelangelo assieme a Leonardo da Vinci, Giuliano da Sangallo e Cosimo Rosselli, nel quale Filippino Lippi difese la posizione dell’autore. Filippino Lippi muore improvvisamente a Firenze il 20 aprile 1504. La sua Bottega continua anche dopo la sua morte, gestita da suo figlio Giovanfrancesco Lippi, stimato orafo.
L’Esposizione dell’Avvento è un’iniziativa culturale nata nel 2020 con il preciso intento di rendere temporaneamente visibili al pubblico opere d’arte depositate a Chiasso e custodite in Collezioni private, per contribuire attraverso una nuova modalità alla condivisione dell’arte, della cultura e della bellezza. La caratteristica che accomuna le opere scelte anno dopo anno è quella di essere in tema con il periodo natalizio (una natività); lo spirito che anima questa iniziativa è comunque di ospitare un’opera d’arte normalmente non esposta al pubblico e fornirne la chiave di lettura.
La prima edizione di questo evento ha permesso di esporre uno dei capolavori di Pieter Paul Rubens, Madonna con bambino (1617-1618). L’apprezzamento riscontrato per la prima opera scelta ha indotto ad orientare le preferenze anche per il 2021 sulla linea dell’arte del nord, con Annunciazione (post quem1585 – ante quem 1603) di Denys Calvaert, detto “Dionisio il Fiammingo”. Nel 2022 si è tornati su un artista nell’orbita di Pieter Paul Rubens, Erasmus II Quellinus, detto Erasmo il Giovane (Anversa, 1607-1678), allievo del maestro fiammingo, con l’opera Madonna con Bambino (1635-1640), mentre nel 2023 la scelta è caduta su Madonna delle rose in trono di Aurelio Luini con la collaborazione del fratello Giovan Pietro.
Madonna con il Bambino e angeli di Filippino Lippi può essere ammirata a distanza ravvicinata, in tutta sicurezza, nell’atrio del m.a.x. museo, area alla quale si può accedere gratuitamente. Il particolare allestimento mette in risalto il dipinto su tavola, che può essere ammirato con il sottofondo musicale delle voci angeliche della composizione quattrocentesca Fortuna desperata, nella versione di Alexander Agricola.
L’Esposizione dell’Avvento, che per la quinta edizione si propone al pubblico dal 6 dicembre 2024 al 6 gennaio 2025, intende veicolare anche un messaggio di valorizzazione della cultura, che vuole e deve poter essere apprezzata da tutti. Il quadro accoglierà idealmente l’ospite del museo, che è poi invitato a proseguire il suo personale viaggio visitando la mostra in corso GIOVANNI PINTORI (1912-1999), pubblicità come arte, nelle sale del m.a.x. museo fino al 16 febbraio 2025.
L’Esposizione dell’Avvento al m.a.x. museo è resa possibile grazie alla collaborazione con Riccardo Fuochi e Federico Fuochi, CEO rispettivamente Direttore di OLG International (Chiasso), dove l’opera è attualmente conservata, il responsabile dell’Assicurazione Helvetia Swiss (sponsor tecnico) Edoardo Passano, al direttore dell’AGE SA Corrado Noseda: a tutti loro vanno i nostri ringraziamenti, oltre al particolare sentimento di riconoscenza al proprietario dell’opera, che permette ad un vasto pubblico di fruire del piacere dell’arte e della cultura.
Il m.a.x. museo garantirà delle aperture speciali per le Festività nei giorni di giovedì 26 dicembre 2024 (Santo Stefano), mercoledì 1. gennaio (Capodanno) e lunedì 6 gennaio 2025 (Epifania).
Resterà chiuso martedì 24 dicembre (Vigilia di Natale), mercoledì 25 dicembre (Natale) e martedì 31 dicembre (San Silvestro).
Orari
martedì – domenica, ore 10.00 – 12.00 e 14.00 – 18.00
Ingresso
Intero: CHF/Euro 10.-
Ridotto: CHF/Euro 7.- (AVS/AI, over 65 anni, studenti, FAI SWISS, FAI, TCS, TCI, convenzionati)
Scolaresche e gruppi di minimo 15 persone: CHF/Euro 5.-
Metà prezzo: Chiasso Card
Gratuito: Carta Raiffeisen, bambini fino a 7 anni, Aiap, associazione amici del m.a.x. museo, giornalisti, ICOM, Passaporto Musei Svizzeri, Visarte
Entrata gratuita: ogni prima domenica del mese