Geometria e poesia si incontrano in mostra: il fascino dell’astrattismo di Carla Badiali
Inaugurata la mostra “Geometria e poesia” alla galleria M77 di Milano, per ripercorrere, attraverso oltre 50 opere tra disegni, dipinti e collage, la carriera di una delle artiste italiane riconosciute nell’ambito dell’avanguardia astrattista
di Sabrina Sigon
Carla Badiali (1907-1992) “l’altra metà dell’avanguardia”, come fu definita per sottolineare l’apporto dato da alcune donne all’evoluzione della pittura italiana nella prima metà del secolo scorso, finalmente protagonista di una retrospettiva curata da Luigi Cavadini alla galleria M77 di Milano, mostra visitabile dal 20 gennaio al 15 marzo 2025.
Badiali cominciò con l’arte figurativa: il paesaggio, il ritratto, la natura morta per passare, tra il 1932 e il 1933, all’astrazione. Un’occasione che arrivò dal Circolo della Vela di Como che le commissionò un pannello: una vela, alcune forme curve, i colori del lago; da quel momento cominciò la nuova visione di Badiali, con l’estrapolazione delle forme da quello che è il paesaggio.

L’esposizione inizia, infatti, con opere figurative degli anni ’20, come l’Autoritratto (1926), e segue con le composizioni astratte degli anni ’30, periodo in cui Badiali fece parte del “Gruppo Como”, con le sue composizioni geometriche degli anni ’30 e ’40 che si distinsero per l’uso attento dei colori e lo spazio virtuale.
Negli anni ’40, Badiali si affermò con il Gruppo Primordiali Futuristi assieme a Cesare Cattaneo, Pietro Lingeri, Marcello Nizzoli, Mario Radice, Manlio Rho, Osvaldo Licini, Giuseppe Terragni e Alberto Sartoris, che portò alla formulazione del manifesto e alla denominazione definitiva di Gruppo Primordiali Futuristi Sant’Elia, e partecipò a importanti esposizioni come la Biennale di Venezia del 1942. Esemplari di quegli anni sono le Composizioni, dove elementi di libera geometria, esaltati da una attenta e precisa scelta di colori, si inseriscono in uno spazio virtuale.
In virtù degli strascichi dolorosi della guerra e del rinnovato impegno nel dare nuova vita al suo studio di disegno tessile che ebbe straordinaria fortuna in Italia e all’estero – con le collaborazioni, tra gli altri, con Hubert de Givenchy e Pierre Balmain – gli anni cinquanta e i primi anni sessanta passarono sotto silenzio. Dal punto di vista della sua carriera artistica, dopo questo periodo, Carla Badiali tornò alla ribalta con la partecipazione alla Biennale di Venezia del 1966.
Geometria e poesia stanno insieme nelle sue composizioni attraverso l’utilizzo dei colori, racconta Luigi Cavadini, con una logica legata anche al suo lavoro professionale di disegnatrice per tessuti e imprenditrice in campo tessile. Infatti lo studio Badiali serviva sia le stamperie del comasco sia le grandi firme di Parigi, ma sotto questo aspetto i suoi disegni furono più indirizzati verso la moda che verso la sua ricerca artistica.

Due percorsi paralleli, quindi, nel tempo, che videro nel periodo del secondo conflitto mondiale una battuta d’arresto. Questo dovuto anche al fatto che, durante la guerra, Carla Badiali ebbe una partecipazione attiva nella resistenza milanese e comasca con quelle che lei definiva “le sue armi”: divenne un’abile falsificatrice di documenti per liberare dal carcere e permettere la fuga di prigionieri ebrei e politici.
La sua storia è stata di recente ripercorsa nel racconto romanzato della sua vita dal titolo “Primordiale bellezza” della scrittrice Lucia Valcepina – da qualche mese in libreria per l’editore Dominioni – libro che sta riscuotendo molto interesse.
La maggior parte dei lavori di Badiali si trova in mano a collezionisti privati; dalla fine degli anni ‘60, la pittrice cominciò ad avere un buon seguito, un’importante conferma del primo successo ottenuto alla Biennale di Venezia nel 1942 con gli astrattisti comaschi Carla Prina, Cordelia Cattaneo, Manlio Rho, Mario Radice.
Il percorso artistico di Carla Badiali fu, sin dall’inizio, molto rigoroso: la prima parte prende il nome di Le vent se lève (si alza il vento) dove il suo lavoro diventa molto semplice, fatto di elementi grafici, a discapito del colore. Si tratta del momento più alto, da un punto di vista poetico, di tutta la sua ricerca. Negli anni ‘50, dopo la guerra e dopo il periodo dedicato alla maternità e alla famiglia, gli schizzi già prodotti diventarono la base di un nuovo percorso, molto più geometrico verticale/orizzontale che sfociò, più avanti, nel collage, tecnica realizzata con qualsiasi tipo di carta, anche quella dei rotocalchi.
La mostra abbraccia la produzione artistica di Badiali dal 1935 al 1987, pochi anni prima della morte e, per rappresentare il suo ultimo periodo, sono stati esposti dei piccoli collage che dovevano servire come spunti per i suoi lavori futuri.
Nella video intervista sono intervenuti Luigi Cavadini, Sergio Gaddi, la direttrice della Galleria M77 Chiara Principe, Elisabetta Patelli, nuora di Carla Badiali, e la scrittrice Lucia Valcepina.

CARLA BADIALI. Geometria e poesia
Milano, M77 Gallery (via Mecenate 77)
20 gennaio – 15 marzo 2025
a cura di Luigi Cavadini
Orari di apertura:
dal martedì al sabato, dalle 11.00 alle 19.00
Ingresso libero
Informazioni: +39 02 84571243 info@m77gallery.com
Sito internet: M77gallery.com

estratto dal testo in catalogo
Carla Badiali. Geometria e poesia *
La mostra che M77 dedica a Carla Badiali ha l’ambizione di raccontare tutto il suo percorso artistico lungo ben sei decenni partendo da opere figurative della seconda metà degli anni Venti del ‘900 per accompagnarla poi nel mondo dell’astrazione geometrica che si dipana nel tempo fino alle ultime opere, collage soprattutto, eseguite alla fine degli anni Ottanta.
L’artista si qualifica storicamente negli anni Trenta quando anche in Italia – e in particolare nelle città di Como e di Milano – matura una ricerca astratta che può aspirare a un confronto con quanto sta già avvenendo in varie parti d’Europa dove Parigi è diventata luogo di creazione e di attrazione per quanti non si accontentano più di un’arte accademica di tradizione e non al passo con i tempi.
L’esperienza del futurismo con le istanze innovative e provocatorie che hanno segnato, nelle sue varie fasi, i primi decenni del secolo e che hanno trovato un’attenzione non superficiale anche in altre parti d’Europa, aveva già scardinato alcune delle certezze del passato. Ciononostante quello che avviene nelle due città lombarde in quegli anni diventa stimolo ad una creatività che si libera da una stretta dipendenza dalla realtà dei luoghi, delle persone e delle cose.
Carla Badiali, la cui formazione all’arte ha basi precoci (il padre le insegna a dipingere ad olio) e si approfondisce con gli studi al Regio Istituto Nazionale di Setificio (sezione disegno) di Como dopo il rientro con la famiglia dalla Francia dove aveva frequentato le scuole primarie, ha una prima stagione figurativa in cui affronta i vari generi della pittura di tradizione, dal ritratto alla natura morta, al paesaggio. Lo scatto che la conduce nell’ambito dell’astrazione si ha quando, tra 1932 e 1933, a seguito della costituzione in Como del Circolo della Vela, le perviene l’incarico di predisporne un pannello illustrativo. Il lavoro di costruzione e composizione di esso si avvale di una ricerca sviluppata attraverso una serie di bozzetti che, come ho recentemente scritto nel libro Astrattismo storico comasco (Nomos edizioni, 2024), “appare decisamente innovativa rispetto alla sua formazione e alla sua pittura di carattere eminentemente figurativo: l’immagine che va a definire si compone di figure geometriche rettangolari e di forme dai contorni curvilinei che opportunamente richiamano nella parte centrale il rigonfiamento delle vele e sottolineano, specie nei primi studi, sia il fluttuare dell’aria nelle curve a sviluppo verticale che il vibrare delle onde negli sviluppi orizzontali”.
Questa sua prima opera astratta, nata proprio come semplificazione di una rappresentazione della realtà, introduce l’artista a una possibilità espressiva che ne indirizzerà la produzione per tutto il resto della sua lunga esistenza. Prendono quindi corpo dipinti in cui all’inizio si percepiscono echi di figurazione e che ben presto si liberano da qualunque riferimento per concentrarsi su immagini composte da elementi di libera geometria che si articolano – ora fluttuanti ma organizzati, ora rigorosamente inquadrati in una costruzione verticale-orizzontale – in uno spazio virtuale che li rende felicemente espressivi.
(…) Tutto questo si materializza in anni intensi di lavoro nel corso di un decennio in cui, grazie in particolare a Giuseppe Terragni (ma anche a Pietro Lingeri e Cesare Cattaneo) si assiste al maturare dell’architettura razionalista da una parte e, dall’altra, prende vigore l’attività di pittori come Manlio Rho e Mario Radice, che pure sperimentano una poetica astratta. Si costituisce così in città nello studio dei due artisti una sorta di cenacolo culturale in cui ritrovarsi a parlare di arte e architettura e a confrontarsi sulle trasformazioni dell’arte in ambito internazionale e sulle prove e le novità delle rispettive esperienze creative. Un cenacolo che, soprattutto per quanto riguarda il coté artistico, ha fatto spesso parlare di Gruppo Como, anche se non si trattò mai di un gruppo attivo sulla base di un progetto comune o operante in sinergia.
(…) Fra i frequentatori del cenacolo comasco compare anche Carla Badiali, una donna in tempi cui alle donne non era dato molto credito – e non solo nell’arte – ma che non ha timore di sottoporre i propri lavori agli altri partecipanti forte del sostegno di Manlio Rho, che, come lei stessa ha più volte dichiarato, l’aveva stimolata fin dall’inizio a percorre la strada dell’astrazione, che riteneva (e a ragione) a lei congeniale. Certo diverso era l’atteggiamento di Mario Radice che sembra ammettere a fatica, attribuendole una tarda comparsa nel mondo dell’arte.

(…) Le prime uscite pubbliche di Badiali come artista avvengono con l’adesione al gruppo “Valori primordiali” nel 1938 e con piccole presenze nel 1941 alla III Mostra del sindacato nazionale fascista di Belle Arti nel Palazzo dell’arte di Milano e alla Mostra del “Gruppo primordiali futuristi Sant’Elia” alla Galleria Ettore Mascioni, sempre a Milano. Ma, decisamente significativa, è la partecipazione con un nutrito gruppo di comaschi alla XXIII Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia del 1942 accolti nel Padiglione del Futurismo Italiano curato da Filippo Tommaso Marinetti. (…) definizione di “dinamismi astratti” alle opere degli astrattisti comaschi (assolutamente assenti in quel contesto i milanesi!) fu attribuita da Marinetti stesso, che voleva accreditare questi artisti come continuatori del movimento futurista e quella dicitura fu imposta come titolo a tutte le loro opere, così, ad esempio, la Composizione in rosa di Badiali divenne per quella occasione Dinamismo astratto in rosa.
Nell’anno successivo, 1943, anche la IV Quadriennale di Roma ospiterà, sempre nelle sale futuriste e per gli auspici di Marinetti e Sartoris, la pattuglia dei comaschi, eccettuati Cattaneo e Torno.
In questi primi anni Quaranta, anni di guerra, Carla Badiali, molto impegnata tra il suo lavoro di imprenditrice nel campo del disegno per tessuti che nel 1943 dovrà abbandonare, riserva poco tempo alla ricerca d’arte che si concentra su un interessante ciclo da lei intitolato Le vent se lève che rappresenta il più alto livello di poesia di tutta la sua produzione: un segno grafico-pittorico percorre le superfici della carta bianca o della tela dal fondo uniforme, volute danzanti e leggere alludono senza descrivere, si rincorrono in un movimento festoso, sembrano placarsi per poi ripartire. Poesia pura ma anche musica.
Siamo dentro quello che potremmo definire un canto del cigno perché con queste opere si interrompe praticamente la sua produzione, certo anche per le problematiche legate al momento storico con il fascismo e le leggi razziali. Nel febbraio 1944 sposa Alessandro Nahmias, ebreo, che sarà una figura importante della Resistenza, lei stessa ne è coinvolta e, arrestata, finisce a Villa Triste e poi a San Vittore, incinta del primo figlio, dove viene liberata mentre il marito finisce a Mauthausen, da cui riuscirà a tornare.

(…) Arriva nel frattempo nel 1966 la XXXIII Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia che propone una rassegna dal titolo Aspetti del primo astrattismo italiano. Milano-Como 1930-1940 curata da Nello Ponente che dà il giusto inquadramento storico di quell’avanguardia fino a quel momento non pienamente compresa.
Carla Badiali sembra rinascere. Ora può dedicarsi completamente alla pittura, sempre più nel segno della semplificazione. Arriva, nel 1968, a realizzare composizioni multimateriche come le due grandi stele in legno, metallo e tasselli dipinti, dalla suggestiva valenza lirica. Sono proprio questi rilievi a guidare l’artista ai primi collage che non siano più solo progetti di pittura, ma che assumano un valore autonomo. Appare particolarmente interessante assistere alla combinazione di linee grafiche (rette e/o archi di cerchio), quadrati e successivamente altre forme geometriche piane, che negli accostamenti e nella leggerezza di un rilievo di carte e cartoncini solleciti una stesura pittorica. E ci si può sorprendere di come la mutazione di tecnica non vada a detrimento della qualità espressiva.

(…) Gli anni estremi del suo lavoro d’artista sono dedicati quasi esclusivamente ai collage, in particolare a piccole realizzazioni che ambirebbero altri passaggi di esecuzione, in formati più grandi o addirittura in pittura. Ma ad un certo punto anche l’acrilico, che da una certa data aveva sostituito l’olio, diventa faticoso da realizzare con la precisione che sempre l’aveva contraddistinta.
In questo suo lungo viaggio Carla Badiali ha intrecciato la sua geometria con spirito leggero, sostenuta da una molteplicità di colori luminosi e vivi nei rapporti e nei contrasti, permeando tutto di una lucida poesia.
LUIGI CAVADINI –Curatore della mostra
foto di Lorenzo Palmieri