Presentazione del volume
La prima opera che racconta le alterne fortune della viticoltura di uno fra i laghi più belli del mondo e che si propone come nuovo punto di avvio per credere nei valori dei vitigni di un territorio che dovrà essere rilanciato verso una nuova attenzione e credibilità.
Le bacche autoctone del lago sono oggi oggetto di una nuova attenzione da parte di alcuni produttori coraggiosi e tecnicamente preparatissimi determinati nel far salire i valori di conoscenza e stima di questi vini. Fra questi lo stesso autore, Leo Miglio, personalità della fisica internazionale che, a latere della sua esistenza scientifica, ha da sempre coltivato la passione della terra e del vino. L’opera dunque ha in se più anime: una storica, una tecnica e l’ultima narrativo-biografica.
La Prefazione di Mario Fregoni.
In un pomeriggio dei primi anni ‘60, il professor Gianfranco Miglio, Preside della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università Cattolica a Milano, e il professor Giuseppe Piana, Preside della Facoltà di Agraria della stessa Università, con sede a Piacenza, si incontrarono per il consueto Senato Accademico in Piazza Sant’Ambrogio. Il professor Miglio, allora già un grande luminare scientifico, chiese al Piana chi si occupasse di viticoltura a Piacenza e venne fuori il mio nome, che risultò simpatico al professor Miglio perché abitante a Guardamiglio, milanese di nascita e lombardo di residenza. Al proposito, mi ricordo che non apprezzava il nome di Mezzolombardo, pur essendo terra di vini. Iniziò così un bellissimo rapporto con la famiglia Miglio, dapprima per il frutteto nella casa di Como, ma soprattutto per il vigneto di Domaso, paesino dell’Alto Lago da cui proveniva la sua famiglia, con la frequentazione della casa a lago, dato che l’odierna abitazione nella vigna a mezza costa ancora non esisteva e – conseguentemente – nemmeno la cantina, definita di “micro- vinificazione”, cioè sperimentale.
L’introduzione dell’autore Leo Miglio.
Questo libro, frutto di una esperienza “operativa” ventennale e dell’interesse di una vita, ha avuto davvero una lunga gestazione, dal 2004 fino ad oggi: un po’ perché il mio lavoro in università mi ha sempre concesso pochi momenti liberi, un po’ perché la sperimentazione vitivinicola è continuata, assorbendo tutto questo tempo in lavori di campagna e di cantina, accumulando però al tempo stesso quella conoscenza, che ora travaso volentieri nelle pagine a seguire. Poi, dal 2008, ho solo accompagnato “virtualmente” le sperimentazioni di Emanuele Angelinetta, che ha rilevato le mie attività in un simpatico rapporto di “adozione”, e che mira a un prodotto di alta qualità, non sempre in linea con i miei canoni, ma più adatto a un pubblico di giovani amatori. Tuttavia, gli altri impegni istituzionali si erano accumulati in modo incontrollato e solo quest’anno, rimettendo in fila le priorità della mia vita a causa di accadimenti personali, come solo alle soglie dei sessant’anni s’è indotti a fare, ho deciso che no, non avrei potuto lasciare sospeso questo antico e ulteriore progetto.