Evento da non perdere questa settimana nel parco della biblioteca (sempre che sia bel tempo): I bambini e la balena; Ivano Gobbato presenta Taccuino siriano di Jonathan Littell; venerdì 15 luglio, ore 21; Biblioteca di Inverigo
Ingresso libero.
Su Taccuino siriano:
«Questo è un documento, non un testo rielaborato. È la trascrizione, piú fedele possibile, di due taccuini di appunti che ho preso durante un viaggio clandestino in Siria, nel gennaio di quest’anno. Inizialmente dovevano servire come base per gli articoli che ho scritto al ritorno. Ma a poco a poco, nei lunghi periodi di attesa o di inattività, nei tempi morti creati dalla traduzione durante le conversazioni, e a causa di una certa frenesia che tende a voler trasformare subito il vissuto in scrittura, quegli appunti si sono dilatati».
Con Cecenia, anno III Jonathan Littell ci aveva regalato uno straordinario reportage letterario sul fallimento della pacificazione cecena – un racconto asciutto ma ragionato, rielaborato nel tempo (addirittura riscritto interamente dopo il sequestro dell’attivista Natal’ja Estemirova, che costrinse l’autore a interpretare ciò che aveva visto e ascoltato da una prospettiva diversa e più amara). Oggi, con il suo Taccuino l’acclamato autore de Le Benevole va oltre, e ci trascina nel mezzo della rivolta siriana con una testimonianza in presa diretta, il resoconto teso e senza filtri di quello che accadeva solo alcuni mesi fa in alcuni quartieri di Homs, alla vigilia della tragica offensiva sulla città.
Entrato clandestinamente in Siria attraverso il Libano, Littell mette la propria vita nelle mani di alcuni gruppi dell’Esercito siriano libero che si oppone ad Assad. Insieme ai combattenti raggiunge il quartiere di Baba Amr, a Homs, il 18 gennaio 2012. Da lì comincia l’esplorazione delle zone della rivolta: visita gli ospedali, accompagna i dissidenti sul fronte di combattimento, ascolta le parole dei civili, dei «disertori», degli esponenti religiosi, dei medici. Assiste alle manifestazioni, alle uccisioni, alle sepolture e alle preghiere. E intanto, durante, con una scrittura scarna e sorprendentemente lucida registra conversazioni, immagini, dettagli che da soli raccontano una violenza inimmaginabile.
Un documento dunque, «il rendiconto di un momento breve e già scomparso». Per questo lo sguardo di Littell è essenzialmente narrante: l’uomo che scrive è presente in queste pagine con la sua paura, la tensione, la consapevolezza di non potersi fidare di nessuno, lo sconcerto e lo smarrimento, ma non è mai protagonista, non è mai romanziere che reinventa la realtà né saggista che cerca una chiave di lettura. Nelle sue frasi nude, prive di qualsiasi sofisticazione letteraria, Littell riesce invece a condensare tutta la inestricabile complessità della situazione siriana, e il risultato – diretto, vero, scettico nel senso migliore del termine – è l’esempio perfetto di ciò che un reportage giornalistico dovrebbe essere.